Renato Brunetta, un uomo solo all'opposizione
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Renato Brunetta, un uomo solo all'opposizione

Intervista al capogruppo di Fi alla Camera, che mette in fila tutti i bluff che faranno cadere l'esecutivo

Com'è la situazione, onorevole Renato Brunetta?

Grandemente confusa. Quindi, eccellente.

Eccellente?

Matteo Renzi sta per andare a casa.

Non sarà più confuso lei della situazione, onorevole?

Ho rivisto alla televisione i Mostri, di Dino Risi. Ricorda i due pugili? Quando Gassman dice: "So' contento, so' contento". Poi lo mandano sul ring e alla seconda ripresa aggiunge: "Ma mena, 'sto Bordignon, ammazza se mena".

Indimenticabile.

Cos'è che rovinava il pugile?

I cazzotti.

Le microfratture. Una microfrattura oggi, una domani, finché tante micro ne facevano una macro. A quel punto il boxeur collassava, era finito.

Ve le fa a voi di Forza Italia, Renzi, le microfratture. Verdini oggi, il Jobs act ieri, la riforma elettorale domani, alé.

Noi non abbiamo il potere. Chi non ce l'ha può permettersi di tutto. È chi ce l'ha, che collassa. Renzi sta collezionando tante piccole fratture che all'apparenza non si vedono. Col Family day, con la Merkel, con Juncker, con le banche, con gli immigrati...

Il Jobs act avrebbe dovuto toccare le corde di un partito che si dice liberale. Microfrattura anche quella?

Lei non legge Luca Ricolfi.

Una volta sì e una no.

Si sarà perso le cose principali. I numeri sono numeri. Esiste una regola. Stabilisce che il lavoro buono, quello vero, aumenta solo se il Pil cresce sopra il 2 per cento.

Perché?

Perché la produttività di sistema sale normalmente tra l'1 e l'1,5 per cento. Ma la produttività riduce l'occupazione. Se il Pil non cresce più della produttività, il lavoro in più non ce l'hai. Puoi bluffare con 100 mila posti in più nella pubblica amministrazione. Ma è un bluff. E il Jobs act è nient'altro che un bluff.

Nemmeno il valore simbolico del Jobs act vuole riconoscere?

Nemmeno morto. Avesse almeno abolito l'articolo 18.

È abolito di fatto.

No.

Sì.

Ha operato soltanto una transizione costosissima dal lavoro atipico a quello a tutele crescenti.

Onorevole Brunetta, non mi circondi con i tecnicismi.

Lei chiama tecnicismi le questioni di cui non s'intende.

La verità sembra piuttosto questa: lei è il leader, eroico quanto si vuole, ma isolato, di una Forza Italia che contesta tutto, che si oppone a corpo morto a Renzi, accusata di aver smarrito il garantismo con il ministro Boschi e si è messa nelle mani di Salvini per invidia di potere verso il patto del Nazareno, gestito da Denis Verdini.

A un livello tanto basso mi rifiuto di scendere.

È un'intervistina, mica il suo testamento morale.

Risponderò a un'unica condizione: deve contestarmi le sue amenità con ordine. E le dico subito, per fare il primo esempio, che gli 80 euro regalati da Renzi "il Munifico" sono costati 10 miliardi caricati in tasse a tutti i contribuenti, anche ai beneficiati. Con la pressione fiscale in aumento.

I fannulloni vanno licenziati. Eppure lei, che dal governo li avrebbe licenziati con un battito di ciglia, dallo scranno di presidente dei deputati di Forza Italia s'è scandalizzato.

Vulgata, storytelling. Renzi ha fatto il duro. Il duro vero. Ma chiedo: le risulta che abbia messo qualcosa per scritto?

Questo no.

L'immaginario è un peso lordo, ridurlo al netto può fargli perdere senso. Renzi ha detto: licenziamento in 48 ore. Poi, sempre a voce: sospensione in 48 ore. Poi, a chiacchiere: al momento ci vogliono anni, per il licenziamento. Salvo scoprire, senza dirlo, che bastavano invece 90 giorni. Io però lo farò in 30, ha voluto aggiungere. Ancora a parole, mai per scritto. Vada a verificare, dopotutto è il suo mestiere.

Già fatto, ha ragione.

Vede: le norme tanto strombazzate non ci sono ancora. E franchezza per franchezza, vorrei aggiungere un dettaglio.

Quale?

In cinque anni da presidente della Provincia, e in altri quasi cinque da sindaco di Firenze, Renzi non licenziò un impiegato provinciale e comunale che fosse uno. Alla prossima intervista le porterò i dati su quanti fannulloni lisciava e premiava per prenderne i voti.

Una specie di Leoluca Orlando Cascio fiorentino?

Leoluca è colto.

Lei cattivo.

Io....certo: Renzi no, Renzi è buono. Trasparente. Per assicurarsi una pensione più ricca si fece assumere come dirigente dal padre nell'azienda di famiglia pochi giorni prima di diventare presidente della Provincia.

Carino, non trova?

Parafrasando Churchill: chi fa solo un po' di opposizione non fa opposizione.

Lei la fa, su questo non ci piove. Si potrebbe aggiungere che chi troppa ne fa, la può rendere sterile.

A cosa si riferisce?

Al patto del Nazareno.

Contro cui Berlusconi non sembrava, ma Brunetta si è battuto a corpo morto dall'inizio

Sbagliato. Ho creduto al patto del Nazareno.

Difficile crederlo.

Difficile per chi si fa guidare, come lei, dal pregiudizio.

Da un giudizio, credo.

E sarebbe?

Come Grillo, e la parte più militante della magistratura, lei nega a Renzi la legittimità di governare. Rifiuta di prendere atto dell'anomalia italiana per superarla e andare oltre.

Come Grillo, lo dice a sua sorella. La verità è che con un Parlamento delegittimato per sentenza della Corte costituzionale del gennaio 2014, vale a dire con una maggioranza illegittima, Renzi non può cambiare la Costituzione. Non sta né in cielo né in terra.

Lei è stato fino a ieri nemico della Corte costituzionale definita "comunista".

Questa affermazione è falsa.

Allora ricomincio. Oggi sembra allearsi con suoi avversari storici, tipo Rodotà, per bloccare il vago cambiamento di sistema cui voi stessi eravate favorevoli.

Vago? Lei sta menando il can per l'aia. La Costituzione fu approvata il 22 dicembre del 1947 dai Rodotà e dai Brunetta di allora. Che c'è di strano se queste diversità si ritrovano oggi a dire insieme di no a questo obbrobrio. Secondo lei a che cosa serviva il Nazareno?

A dare una parvenza di unità provvisoria nell'emergenza e ad abbassare i toni dell'odio. Oltreché a rendere onore al berlusconismo massacrato. Ma lei...

Io cosa? Io volevo la vera pacificazione stabilendo insieme le regole del gioco.

E lei però non è stato al gioco, e per un motivo.

Quale?

Era Denis Verdini a dare le carte.

Ancora una volta, lei non sa di cosa parla.

Brunetta contro tutti era ciò che appariva.

Renzi ha tradito il patto 17 volte in maniera leonina, e io l'ho sempre denunciato.

L'impressione era tutt'altra.

Impressione sbagliata. Era Renzi a essere contro lo spirito e la lettera del Patto. Se tradisci subito, vuol dire che non hai fatto nessun patto. Che non è quella la tua intenzione. Il diciottesimo tradimento arrivò prima dell'elezione del presidente della Repubblica.

Onorevole, lei fece dall'inizio il buttafuori lavorando per mandare a casa la guarnigione verdiniana.

Lei sta dicendo una stupidaggine. Verificavo semplicemente i dati di laboratorio. E non ce n'era uno che tornasse, erano sballati ogni volta.

Eravamo al Nazareno.

Verdini lo gestiva per ragioni storiche, familiari e localistiche. Nulla di male. Se Renzi fosse nato a Venezia, invece che a Firenze, non nego che avrei potuto farlo io stesso.

Con Mattarella presidente finì tutto.

Verdini cercò di farlo passare come se fosse stato anche nostro. Niente di meno vero.

Volevate Giuliano Amato.

Abbiamo costantemente subìto. Ogni volta Berlusconi diceva: abbiamo dovuto, se no sarebbe stato peggio. Renzi non aveva soltanto un altro forno, ne aveva due: i cinquestelle e la minoranza Pd.

Insomma, l'immagine del capogruppo della Camera contrario a prescindere era sbagliata.

Certo.

Era a favore del Nazareno, ma non legato mani e piedi come altri.

Esatto.

E inghiottiva l'inghiottibile restando calmo.

Gliel'ho detto. Berlusconi, pur subendo le violenze di Renzi, pensava che potessero essere sopportate in nome di un interesse superiore.

Cioè?

Avere una Costituzione condivisa, un pacchetto di regole comuni in una condizione meno avvelenata. E un presidente della Repubblica scelto insieme.

E Brunetta su questo vigilava.

Ho vissuto la vicenda del Nazareno in maniera laica. Non ero coinvolto in giochi di potere, pretendevo soltanto che il Nazareno si realizzasse secondo le premesse concordate. Lo ripeto: pacificazione e regole condivise.

Se lo dice, devo crederle.

È venuto a intervistarmi per dimostrare la tesi del Brunetta ambizioso uomo di potere?

Mettiamola così: aveva capito subito che l'elettorato di Forza Italia sopportava a fatica il Nazareno. E che da lì avrebbe potuto mettergli i bastoni tra le ruote.

Ma va. Sa come reagì Renzi, quando Berlusconi stava per essere cacciato dal Senato? "Game over" disse già a settembre, i giochi sono finiti. Un alleato leale, vero?

Non era un buon motivo per crocifiggere il ministro Boschi sul caso Banca Etruria e negare alla radice il garantismo che vi aveva spesso contraddistinto. Il suo collega Romani, capogruppo al Senato, a questo si è sottratto. Lei no. Infatti litigaste.

Preferirei soprassedere.

Perché?

Dico solo questo: non ho mai litigato con il senatore Romani.

Come no? I comunicati stampa sono lì a testimoniarlo.

Falso, mai fatto un comunicato contro Romani. Prenda in considerazione la possibilità che potremmo aver avuto, dalla stessa persona, e sullo stesso fatto, due indicazioni opposte in 24 ore.

Il risultato è noto: Brunetta fece la parte del pasdaran e Romani del garantista liberale.

Pensavo in tutta sincerità, e lo penso ancora, che il ministro Boschi fosse in pieno conflitto di interessi. Poi ci fu una telefonata, una domenica, in cui il Presidente disse: è stata presentata una mozione di sfiducia individuale contro la ministra Boschi. Mi fa schifo, aggiunse, ma dobbiamo votarla per l'unità del centrodestra.

E lei si adeguò.

Condivisi, come sempre. Seguì, il giorno dopo, una seconda telefonata al senatore Romani: non voteremo mai la mozione individuale contro il ministro Boschi. È il meraviglioso mondo berlusconiano.

Non fu tra lei e Romani, lo scazzo, ma tra Berlusconi e Berlusconi.

E il fatto che ci abbia ripensato gli fa onore. Ciò detto, mi aspetto che nelle prossime settimane il conflitto d'interesse della Boschi possa assumere visibilità clamorose.

Vedremo. Di clamoroso, al momento, c'è la quantità di deputati e di senatori moderati che sta seguendo Verdini in polemica con la lineapolitica di Forza Italia da lei rappresentata.

Li definisce moderati? Non sarebbe meglio oppurtunisti, forse? Ma in fondo no, nemmeno questo è giusto. Basta. Non voglio dire una parola, né contro Verdini, né contro quelli che se ne sono andati.

Crede di essere fatto per la politica, onorevole Brunetta?

In che senso? Non sarebbe, per carattere, più portato alla provocazione intellettuale, alla discussione puntuta, alla promozione originale di idee?

Per niente, mi sento un costruttore, non un provocatore.

Che litiga volentieri.

Mai. L'unica volta che litigai con Verdini fu per via della legge elettorale. Avevo trovato una buona soluzione nel Mattarellum rivisitato e, senza una ragione che fosse una, Verdini arrivò quasi alla violenza fisica contro di me. Stavo già dialogando con Nardella, delegato da Renzi, e Denis si infuriò perché, immagino, secondo lui la soluzione non avrebbe soddisfatto abbastanza il premier.

Gli ultimi sondaggi danno Forza Italia al 9 per cento.

Veramente, l'ultimo la dà all'11,5. Ma ciò che conta è che il centrodestra unito stia davanti al centrosinistra in tutti i sondaggi per uno o due punti.

E siamo alla Lega di Matteo Salvini.

Io sono di Forza Italia e la voglio forte, così come voglio forti Lega e Fratelli d'Italia.

Il fatto è che la Lega sembra in grado di egemonizzare il centrodestra.

Voglio ricordare che solo poco più di un anno e mezzo fa la Lega era data al 4 e noi, dopo l'uscita di Alfano, ancora intorno al 17. La politica è così, le cose possono cambiare in fretta, in un senso e nell'altro.

Non credo che lei possa ritrovarsi nelle posizioni di Salvini.

Guardi, l'altro giorno i due Visco, Banca d'Italia e l'ex ministro, hanno detto sul bail-in cose durissime che Salvini non è mai arrivato a dire. Schengen sta involgendosi in un modo che Salvini non si è mai sognato né ha mai auspicato fino a questo punto. In altri termini, il Salvini pensiero, che ha avuto senz'altro le sue punte d'eccesso, oggi viene superato alla grande dai fatti europei.

Questo basta a soddisfarla?

Poi Salvini ha il grande merito di semplificare il linguaggio, di personalizzarlo e di non disdegnare nessuna occasione di comunicazione: dalla mongolfiera, alla radio, al volantino. Parte dal particolare per arrivare al generale. Comunica alla grande. E bene: dalle immagini più feroci come le ruspe, al resto. Insomma, le dico una cosa: il Salvini-pensiero rappresenta il mainstream della media borghesia e del proletariato europei impauriti. E ho detto media borghesia e proletariato. Ecco.

In altri termini, il miglior alleato che si possa desiderare.

Io sono di Forza Italia e glielo ripeto, ma Salvini, sì, è un alleato con i fiocchi. Uniti si vince.

E Renzi andrà davvero a casa?

A ottobre, dopo la vittoria del "No" al referendum.

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Andrea Marcenaro