L'inizio di Renzi? Più Fantozzi che Blair
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L'inizio di Renzi? Più Fantozzi che Blair

Le prime mosse del neo segretario del Pd non hanno convinto

Non siamo ancora all’attestazione della flagrante fregatura, ma le avvisaglie ci sono tutte. Ma poiché è dolce il naufragar nell’illusione, a Matteo Renzi qualcosa vogliamo dirla.

Il debutto, caro Matteo, più che blairiano è parso fantozziano.

C’hanno messo del loro i collaboratori che ti sei scelto, non c’è dubbio: da quella sulla giustizia che, a quanto riferiscono i giornali, hai dovuto persino strigliare per inerzia tanto da indurla, forse incautamente, a rilasciare un’intervista tiepida tiepida a Repubblica, una roba da farci rimpiangere il più attempato Luciano Violante.

Quell’altra, l’addetta al lavoro, questa volta ha scelto la corrente giusta ma non ha azzeccato la sede del Ministero.

Il responsabile economia risulta bocciato all’esame di abilitazione a professore associato, un concorso non esattamente proibitivo se su 417 candidati i promossi sono stati quasi 300.

E poi, Matteo, ci sei tu. E’ bastata l’arietta frizzante del primo mattino romano in questi giorni prenatalizi per convincerti che l'articolo 18 non è più un problema. Ce la siamo raccontata finora. E come la mettiamo con l’imprenditrice ospite ieri sera di Virus, il talk di Rai2, che vorrebbe licenziare un operaio beccato con le mani in un sacco di droga ma non può perché la legge non glielo consente? Che cosa rispondiamo a quella donna?  Che forse dovrebbe rileggersi l’articolo 18? 

Se oggi nessuno assume, è anche a causa di quell’odioso tappo all’uscita che rende il lavoratore di fatto inamovibile. Ma forse hai ragione tu, attendiamo il Job act, che in inglese fa più figo. Staremo a vedere. Intanto, caro Matteo, sull'articolo 18 ripensaci. Del resto cambiare opinione è segno di intelligenza, e tu lo hai già dimostrato in svariate occasioni. Per esempio, sull’amnistia: nel 2012 a favore, nel 2013 contro.

Bisogna insegnare la legalità ai giovani, hai detto, e forse colmo di cotanto legalitario spirito come primo atto della tua neosegreteria ti sei recato nella leggendaria Terra dei fuochi, tra Napoli e Caserta, per conoscere la realtà di quei luoghi. Come ciceroni di viaggio ti sei scelto non gli imprenditori agricoli della zona né i ricercatori del Cnr che pure qualche competenza ce l’hanno. No, ti sei fatto accompagnare dai preti antimafia locali, dal ministro dalle ampie vedute sull’ambiente Andrea Orlando e dalla tua responsabile legalità (sic), che è anche lei, suo malgrado, uno spot all'antimafia militante delle Libera e dei don Ciotti.

Peccato che la retorica antimafia non guarisca i problemi di quella terra e che anzi spesso, semplificando e banalizzando, li acuisca. Possiamo accontentarci dell’assioma facile facile per cui, una volta estirpata la mafia, si redimeranno le anime e la  Campania sarà una terra felix? Noi siamo quelli dalla parte giusta del Paese, voi quelli collusi o corrotti, come no. Io per dovere professionale ho ascoltato un po’ di produttori e imprenditori locali, mi hanno raccontato che campagne di disinformazione come quella in corso sulla Terra dei fuochi rappresentano un colpo mortale per l’economia della regione. ‘Bevi Napoli e poi muori’, il titolo di una copertina de L'Espresso.

Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, ha dichiarato che l’allarmismo mediatico in quella regione ha già prodotto un calo di oltre il 10% delle vendite di prodotti agroalimentari (che peraltro, a livello nazionale, superano positivamente i controlli di qualità nel 99,4 percento dei casi). Forse non ti hanno spiegato, caro Matteo, che l’area coinvolta dai roghi dei rifiuti è di circa 800 ettari su una superficie agraria totale pari a 500mila ettari. In altre parole, lo 0,16 percento della terra campana. I fuochi e le infiltrazioni mafiose e il dissesto nello smaltimento dei rifiuti non sono per questo meno preoccupanti, ma per lo 0,16 percento l’antimafia militante, l’ambientalismo ideologico, i preti delle anime e i politici raccattavoti vendono all’estero l’immagine di una Regione velenosa. E per l'ennesima volta un leader della sinistra si presta a tale litania, anziché ascoltare scienziati e imprenditori si consegnano l’anima ai preti e la speranza agli incantatori.

C’è poi il testo sul voto di scambio, sul quale pure tu taci, e così facendo spalleggi di fatto quei giovani pasdaran antimafia che pullulano nel Pd. Quello uscito dalla commissione Giustizia del Senato è un obbrobrio giuridico. Con l’esaltazione dei Lumia giovani e vecchi, il Pd è il primo sponsor di una legge in base alla quale non bisognerà più certificare un passaggio di denaro, ma si colpiranno fattispecie vaghe e indefinite come le promesse e la ‘disponibilità’ del politico, con pene da 7 a 12 anni di carcere. Ci auguriamo che un sussulto garantista, quello dell’antimafia laica, rispettosa dei diritti e delle libertà civili di ogni cittadino, quella che non è smaniosa di manette ma anela ad una giustizia efficiente, equilibrata e imparziale, ti risvegli dal sonno precoce in cui sembri sprofondato.

Per cambiare verso, non basta schierare un plotone di giovani inesperti e conformisti. Il ricambio è importante e ti siamo idealmente solidali per la compiuta rottamazione. Ora però è tempo di rottamare le idee, scavare a fondo nei problemi, rifuggire da vetusti schemi ideologici che annichiliscono le menti giovani e imbelli. L’antimafia è un banco di prova. Leonardo Sciascia sia con te.

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Annalisa Chirico

Annalisa Chirico è nata nel 1986. Scrive per Panorama e cura il blog Politicamente scorretta. Ha scritto per le pagine politiche de "Il Giornale". Ha pubblicato "Segreto di Stato – Il caso Nicolò Pollari" (Mondadori, pref. Edward Luttwak, 2013) e "Condannati Preventivi" (Rubbettino, pref. Vittorio Feltri, 2012), pamphlet denuncia contro l’abuso della carcerazione preventiva in Italia. E' dottoranda in Political Theory a alla Luiss Guido Carli di Roma, dove ha conseguito un master in European Studies. Negli ultimi anni si è dedicata, anche per mezzo della scrittura, alla battaglia per una giustizia giusta, contro gli eccessi del sistema carcerario, a favore di un femminismo libertario e moderno.

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