Ritardi d'Italia: la stazione alta velocità di Firenze
20 anni di polemiche, 774 milioni di euro finora spesi. Adesso sia Renzi che Nardella vogliono bloccarla
Si sono sbagliati. Per capirlo, Comune di Firenze e Ferrovie dello Stato, hanno impiegato 21 anni, hanno speso 774 milioni di euro, hanno demolito una scuola, hanno abbattuto cinque palazzi storici, hanno scavato una buca da 30 mila metri quadrati che non si sa più come riempire.
Entra dunque tra i ritardi d’Italia l’alta velocità di Firenze, un progetto di sottoattraversamento ferroviario da 7.5 km che oggi si vuole dimezzare insieme a una stazione - firmata dall’architetto Norman Foster, il Cartesio dell’high tech - che si continua a costruire ma che non si intende completare. Per il sindaco Dario Nardella, infatti, più che modernità il progetto è «una violenza sulla città, uno spreco di denaro pubblico» che va impedito e ripensato.
Con un comunicato congiunto del 21 luglio scorso Comune e Ferrovie hanno così deciso di rivedere un’opera da 1 miliardo e 612 milioni di euro, di cui bisogna ricordare ben un terzo è stato finora realizzato, e che comprende lo scavo di trincea di via Circondaria chiamato «camerone», una sorta di culla lunga 450 metri e larga 50 che dovrebbe ospitare la stazione che già nel 2012 la rivista specializzata Monocle ha definito una stupefacente «testimonianza di modernizzazione e conservazione». Rifugiandosi nell’inglese sia Nardella che l’ad. di Ferrovie, Renato Mazzoncini, un manager che conosce bene Firenze e la sua nuova classe dirigente avendo ricoperto la carica di presidente Ataf - società che gestisce il trasporto locale della città - hanno parlato di «project rewiew», formula che in Italia serve a dilatare i tempi, rinviare ambizioni e spegnere imprese.
Da un anno Condotte, il consorzio a cui è stato affidato lo scavo di due tunnel, ha commissionato ai tedeschi di Herrenknecht la talpa, una fresa speciale costata 25 milioni di euro e trasportata nell’area di Campo di Marte per intraprendere le operazioni di perforamento. La talpa da sei mesi è stata allestita, collaudata, rimane puntata ma spenta come un siluro contro il centro della terra. In attesa di conoscere il nuovo tracciato che Ferrovie si è impegnata a presentare entro settembre, Condotte ha rinunciato all’assunzione di 35 operai a tempo indeterminato, continua a retribuire 500 dipendenti e sostenere costi pari a 2 milioni di euro al mese per mantenere in vita i cantieri ma senza poter compiere lavori. Bloccata in Italia, Condotte sta completando una ferrovia in Algeria dove, evidentemente, l’alta velocità è un’ambizione e non una disputa.
A Firenze hanno cominciato a ragionare di penali non solo gli specialisti del settore ma anche il presidente della Regione, Enrico Rossi, che si è dichiarato disponibile a difendere il progetto «con il proprio corpo», e il presidente del consiglio Regionale, Eugenio Giani, entrambi sono del Pd, che ha ricordato non solo che pacta sunt servanda ma anche che la Corte dei Conti scaverebbe lì dove l’edilizia si è fermata. Non è chiaro quanto costerebbe riadattare un progetto, procedere a nuove gare. La stampa locale, che ha scritto belle pagine d’inchiesta e ricordato con i numeri le troppe incompiute della città, ha parlato di dieci anni solo per ricominciare e possibili sanzioni da 180 milioni di euro che Ferrovie è sicura di evitare «riutilizzando al meglio quanto finora realizzato e sfruttando la tecnologia che ci permette adesso di migliorare lo scambio di treni quindi raddoppiarne il passaggio».
Di sicuro c’è solo che Firenze ha bisogno d’ingegneria e binari per fluidificare il traffico ferroviario (59 milioni di passeggeri l’anno) separare il trasporto regionale da quello ad alta velocità, che oggi grava interamente sulla stazione di Santa Maria Novella, un celebrato modello di architettura razionalista disegnato da Giovanni Michelucci, capace di soddisfare il bisogno d’impero di Benito Mussolini e stupire lo scrittore antifascista Elio Vittorini, ma rivelatasi nel tempo troppo angusta. Firenze si divide sul sottoattraversamento dal 1995 da quando il sindaco Mario Primicerio, professore di matematica e collaboratore di Giorgio La Pira, presentò il nuovo percorso dell’alta velocità, motivò la necessità e approvò l’impegno, successivamente confermato anche da Leonardo Domenici e da Matteo Renzi sia in veste di presidente della provincia sia da sindaco di Firenze. Renzi ha imparato proprio a Firenze, e con questo progetto, che ritrattare e contraddirsi, così come sta facendo in questi giorni con il referendum, è il miglior modo per aggirare gli accordi onerosi e smontare le promesse difficili.
Da sindaco, Renzi, si è inizialmente opposto al sottoattraversamento ritenendolo «pericoloso» per geologia e scomodo per i turisti, ma dopo ha autorizzato e firmato i protocolli che ne formalizzavano la validità. Da sindaco abile, Renzi, è riuscito perfino a negoziare con Ferrovie dello Stato e con l’ex ad Mauro Moretti, che dei fiorentini diceva «sono straordinari nel fare e nel disfare», un impegno di spesa, in pratica un indennizzo, di 90 milioni di euro da distribuire in opere e infrastrutture. In città dicono che le ragioni del blocco sono da individuare nella possibilità di un risparmio, quasi 700 milioni di euro, da dirottare sull’aeroporto di Peretola che Renzi e Marco Carrai, il suo più caro amico che dell’aeroporto è il presidente, cercano in tutti i modi di allargare nonostante le bocciature dei tecnici dell’ambiente e del diritto, ultima quella del Tar che il 9 agosto si è opposto all’ampliamento.
Firenze è intanto bloccata al contrario di Bologna che è riuscita a spostare il traffico della sua stazione centrale in sotterranea, così come Torino che con Porta Susa ha diviso in maniera virtuosa i flussi e consegnato alla città uno spazio che non è solo di transito. Dopo 21 anni Firenze non teme più questo sottoattraversamento ma la fermata dei lavori che è un altra forma di binario unico, il ritardo con il mondo. Per Giovanni Donzelli, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, uno che l’opposizione la fa con colore e rigore, «è più rischiosa la cialtroneria che l’alta velocità», mentre per Tommaso Grassi di Firenze riparte a Sinistra, che da sempre si è opposto al sottoattraversamento, occorre la psicanalisi dato «che da sindaco Nardella si oppone ma, sempre da sindaco, continua a firmare le deroghe acustiche per gli scavi».
Solo per restituire lo stato della confusione basti dire che il buco della stazione Foster ha acceso la fantasia e stimolato un concorso d’idee, ultima farne il parco acquatico più grande d’Europa, un parcheggio per bus, cosa altro non si sa. Tornato da Roma dove era deputato, ma confuso a Firenze dove è sindaco, Nardella è riuscito a frastornare e confondere perfino i No Tav che a Firenze possono contare sulla protezione del professore Alberto Asor Rosa, l’italianista che a Capalbio guida i radicali che non vogliono i migranti e a Firenze capeggia i residenti che non vogliono i treni. Per la prima volta anche i No Tav sono stati cosi sorpassati in stravaganza dalla decisione di Nardella, un uomo che tanto sarebbe piaciuto a Niccolò Tommaseo, fiorentino d'adozione anche lui e padre della lingua italiana, che nel suo dizionario, alla parola tramvia, decise di aggiungere l’uso popolare che solo a Firenze se ne faceva e che ancora se ne fa: «Qui non è una vettura su rotaia ma indica un affare disordinato».