Alzheimer: l'esercito degli invisibili che accudisce i malati va aiutato
Secondo i dati Istat, in Italia otto milioni di persone si prendono cura dei propri congiunti ammalati. Per accudire i propri cari, queste persone sono spesso costrette a lasciare il lavoro e ad annullare qualsiasi tipo di vita sociale.
Sono l’esercito degli invisibili. Secondo i dati Istat, in Italia otto milioni di persone si prendono cura dei propri congiunti ammalati: di Alzheimer, demenze e altre patologie invalidanti. Sono donne - soprattutto - e uomini sulle cui spalle grava un peso che sempre più spesso diventa insopportabile, e a volte sfocia in tragedie della disperazione. Sono i «caregiver», realtà estremamente complessa che le istituzioni hanno spesso preferito ignorare perché costituiscono un problema di difficilissima soluzione, anche perché i fondi disponibili non bastano ad aiutarli in maniera sostanziale.
Così, per accudire i propri cari, queste persone sono spesso costrette a lasciare il lavoro e ad annullare qualsiasi tipo di vita sociale. Inevitabile che alla fine si ammalino di depressione ricadendo, a loro volta, sulle spalle del Servizio sanitario nazionale. La condizione di caregiver, infatti, fa sì che vengano isolati dagli amici (o dai parenti) - non pronti a farsi carico delle altrui problematiche - fino a trovarsi in una situazione di sospensione dalla vita e dal mondo, che può durare anche anni. E dopo, è difficile ricominciare. «Mia mamma ha sviluppato una grave forma di demenza senile pochi mesi prima di compiere 80 anni» ci racconta A.G., 50enne che vive in una regione del Sud Italia. «All’inizio sembrava controllabile, ma con il passare dei mesi la situazione è diventata insostenibile. Ero costretta a chiuderla a chiave nella sua stanza quando uscivo per andare al lavoro, finché ho dovuto abbandonare la mia attività e rimanere a casa, perché economicamente non potevo sostenere la spesa di tre badanti. In più, lavoravo da libera professionista, quindi senza alcuna garanzia o welfare, niente Legge 104, congedi, permessi o aspettativa. Dopo tre anni, mia mamma è morta. Non sono più riuscita a reinserirmi nel mondo del lavoro e mi è rimasto il profondo rimorso di non aver potuto fare abbastanza per alleviare le sue sofferenze».
Gran parte dei caregiver appartiene, peraltro, alla «generazione sandwich», a cavallo tra la Generazione X e i Millennial: 40-50enni che si trovano a dover accudire contemporaneamente i genitori anziani e i figli: facile comprendere come questo carico di impegno fisico ed economico gravi pesantemente anche sulla psiche. «Mi vergogno a dire che talvolta ho desiderato la morte di mia madre» continua A.G. «Soffriva immensamente, piangeva in continuazione. Il caregiver è schiacciato da un misto di amore, senso di colpa, frustrazione. Occorre una grande forza per sopportare tutto questo».
Forza che a volte viene proprio a mancare: pochi giorni fa, a Castellamonte, in provincia di Torino, si è verificato l’ultimo caso di una lunga serie, con un anziano di 71 anni che ha ucciso la moglie malata di Alzheimer con un colpo di pistola alla testa e si è poi suicidato. «Purtroppo le istituzioni riescono a fare davvero poco» afferma Laura Invernizzi, vicepresidente dell’Associazione italiana malattia frontotemporale (la demenza che ha colpito Bruce Willis). «Anche solo riuscire a concludere l’iter per l’invalidità è complicato, per difficoltà burocratiche e logistiche. Non sorprende quindi che tra il 40 e il 70 per cento dei caregiver vadano a incontro a depressione e sindrome da burnout». Al momento, come sempre accade in Italia, esistono nell’assistenza e nell’aiuto ai malati e ai caregiver enormi differenze regionali: per esempio, in Lombardia ed Emilia Romagna è possibile trovare centri diurni, associazioni e una rete di auto-aiuto, in regioni come la Calabria e la Sicilia le famiglie sono abbandonate a loro stesse.
Adesso, forse, qualcosa sta per cambiare: il governo ha assicurato, attraverso il Fondo demenze, una copertura per una serie di progetti sperimentali previsti per il prossimo triennio, e ha istituito un Tavolo permanente sulle demenze. «Siamo stati chiamati per dare un parere tecnico sui bisogni dei caregiver» spiega Mario Possenti, segretario generale di Federazione Alzheimer Italia. «Il tavolo sta lavorando fornendo documentazioni, testimonianze e supporto al governo, per riuscire a incardinare una legge nazionale sul caregiving che possa davvero cambiare le cose, e aiutare milioni di persone a prendersi cura dei propri cari». Aiutarli a non sprofondare in quell’abisso di disperazione e angoscia che fa desiderare la morte, e a volta la causa davvero.