Quando il cancro colpisce i giovani
Una diagnosi di tumore tra i 16 e i 39 anni è un evento estremamente traumatico: e l’età influisce anche sulla prognosi finale. In Humanitas si stanno cercando soluzioni innovative –grazie anche all’intelligenza artificiale- per migliorare le cure e la vita di questi pazienti
Una diagnosi di tumore: una delle esperienze più devastanti che possano capitare nella vita di una persona. Ma se la diagnosi arriva in età giovanile, agli adolescenti o ai giovani adulti che stanno appena iniziando a costruire il proprio percorso di vita, di studio, di lavoro o di formazione di una famiglia, la deflagrazione psicologica e fisica è ancora più grave e devastante di quando la stessa cosa succede a un adulto già strutturato. E’ proprio per questo motivo che Humanitas ha intrapreso il programma AYA (Adolescents and Young Adults) una delle prime esperienze in Italia dedicata ai pazienti oncologici dai 16 ai 39 anni e realizzata anche grazie a fondi di Fondazione Humanitas per la Ricerca. Inaugurato nel 2018 nel Cancer Center di Humanitas, il programma accompagna i malati provando a colmare il gap clinico (diagnostico e terapeutico) e psico-sociale che caratterizza il mondo oncologico in questa fascia d’età, assistendo i giovani nelle difficoltà quotidiane, sia in ospedale che nella vita privata, familiare e scolastico-lavorativa.
Dott.ssa Alexia F. Bertuzzi, capo sezione sarcomi e tumori neuroendocrini del Cancer Center
Guidato dalla dottoressa Alexia F. Bertuzzi, capo sezione sarcomi e tumori neuroendocrini del Cancer Center diretto dal professor Armando Santoro, il programma dedicato agli adolescenti e ai giovani adulti racchiude al suo interno anche un interessante progetto di ricerca, chiamato Smart-AYA: utilizzando le innovative metodologie dell’Intelligenza Artificiale, lo studio si propone di individuare fattori i fattori prognostici, ricorrenti e utili a disegnare il miglior percorso terapeutico e di follow-up per questo gruppo unico di pazienti. Unico anche perché i tumori tipici degli adulti e dei bambini, quando invece colpiscono questa fascia d’età, sono a tutti gli effetti classificati come malattie rare: “Questi pazienti tra i 16 e i 39 anni, cioè adolescenti e giovani adulti” spiega Bertuzzi “sono spesso definiti e considerati come una vera e propria “terra di nessuno”, proprio per le caratteristiche che riguardano queste gravi patologie. Tumori come quelli del colon, della mammella o del polmone, big killer molto diffusi nella popolazione over 50, quando colpiscono la fascia cosiddetta AYA -e anche se si tratta di patologie comuni in ambito oncologico- rientrano appunto nelle malattie rare: proprio perché non si comportano come quelle comuni. Sia per come si presentano clinicamente, sia per come rispondono ai trattamenti, quindi anche a livello prognostico. Sono inoltre influenzate dallo stato ormonale, dalle abitudini di vita, dalle condizioni fisiche diverse e dal metabolismo”.
Questo rende tutto molto complicato, e spiega in parte il motivo per cui le prognosi, che riportano in totale un dato di sopravvivenza a 5 anni pari a più del 75%, rimangono purtroppo negative per alcune di queste patologie, per le quali non è stato registrato alcun miglioramento negli ultimi vent’anni, differentemente da quanto osservato nel mondo pediatrico e in quello dell’adulto. A ciò dobbiamo aggiungere il fatto che spesso le diagnosi sono tardive anche perché davanti a individui molto giovani il tumore non costituisce il primo sospetto diagnostico nemmeno nella mente dei medici. Inoltre, raramente i pazienti di questa età vengono inseriti nei trial clinici. Ecco il motivo dello studio Smart-AYA: “Quello che stiamo cercando di fare, in Humanitas, è proprio utilizzare l’intelligenza artificiale –che oggigiorno inizia a essere impiegata in diversi ambiti oncologici- per cercare di capire un po’ meglio questa fascia di tumori. Perché noi clinici possiamo dare un’interpretazione della malattia e di come si svilupperà, legata alla nostra esperienza, alla diagnosi, ai ritardi, ma spesso ciò che noi sappiamo o possiamo dedurre non è sufficiente a spiegare il perché poi l’evoluzione del tumore si rivela spesso essere peggiore che nell’adulto. I protocolli di studio non sono sempre connessi in tutto il mondo, e inoltre la prognosi dei tumori rari è peggiore rispetto ai tumori comuni. Ma non conosciamo il motivo, né a fondo le caratteristiche di queste malattie. L’intelligenza artificiale ci è sembrato lo strumento migliore per poter “mettere insieme” tutte le informazioni possibili, mediche ma anche sociali, legate alle origini del soggetto ammalato, alle sue abitudini, fumo, alcool, peso, caratteristiche biologiche”.
E’ per questo che è partito un grande programma di raccolta dati clinici e biologici, di digitalizzazione delle immagini radiologiche e istologiche partendo dai vetrini, e di inserimento nel machine learning, con la minor possibile interferenza dei clinici: lo scopo è acquisire tutte le possibili informazioni utili a capire meglio i fattori prognostici e quindi indirizzare meglio il trattamento di questi pazienti e anche il followup che viene fatto dopo le cure: “Speriamo che mettendo insieme la “nostra” intelligenza e pratica clinica di medici” continua la dottoressa “con l’intelligenza artificiale della macchina si possano ottenere preziose informazioni legate ai pazienti. Non è semplice, perché occorrono tantissimi dati provenienti anche da pazienti non AYA, perché come in tutte le operazioni statistiche è necessario confrontare una fascia con un’altra. Ma comunque confidiamo di arrivare a individuare qualcosa di diverso, proprio perché questo strumento non ha il nostro bias di interpretazione”.
Intanto, a prescindere dalla ricerca con l’intelligenza artificiale il programma di sostegno AYA ha aiutato già numerosi pazienti –in Humanitas si fanno circa 400 diagnosi all’anno di tumori nella fascia 16-39 anni- ad affrontare la malattia e il periodo di follow up, grazie anche a incontri con psicologi, serate di svago, e un programma sia personalizzato che di gruppo per supportare questi malati: la storia di Martina Macrì, una delle pazienti della dottoressa Bertuzzi, ne è un esempio: “Mi è stato diagnosticato un tumore a 25 anni” spiega la ragazza “ dopo diversi mesi durante i quali avvertivo un fastidio al seno. Non mi sarei mai aspettata di avere un tumore a un’età così giovane, ed è stato un trauma non indifferente. Si è rivelato essere un angiosarcoma già di circa 8 cm, per fortuna senza metastasi. Ma essendo comunque un tumore molto aggressivo, sono stata sottoposta a una chemioterapia pre-operatoria molto pesante, con ricoveri di 3 giorni con 8 ore di chemio ogni giorno, a seguire ho subito una mastectomia radicale del seno destro e infine 33 sedute di radioterapia”.
Martina Macrì
Martina aveva appena terminato il suo corso di studi in Psicologia e si apprestava a iniziare il praticantato post-laurea, quando la malattia è entrata prepotentemente nella sua vita, ponendola davanti ad avvenimenti molo traumatici: “Per fortuna” continua Martina “mi sono trovata in un ambiente, come quello di Humanitas, che mi ha sempre supportata. Sia con le cure, che non dubito essere state le migliori possibili, sia con il programma AYA, che mi ha messa in contatto con altri giovani della mia età, malati come me o già guariti, con i quali potermi confrontare e trovare anche conforto nei momenti più difficili. Per me, per esempio, che avevo sempre portato i capelli lunghissimi, il fatto di perderli completamente –pur nella consapevolezza di avere problemi molto più gravi dovuti al tumore- è stato davvero traumatico: la vicinanza di altri pazienti e il supporto psicologico mi è stato molto utile. Anche perché quando si affronta un tumore a questa età, ti senti “fuori dal mondo”: i coetanei sono impegnati a fare tutt’altro nella vita. Io grazie ad AYA mi sono sentita parte di qualcosa, con gli altri ragazzi condividiamo esperienze e soprattutto non parliamo solo della malattia. Perché noi non siamo la nostra malattia”.