Gli incendi in Sardegna, un disastro per l'inquinamento e per la nostra salute
Due scienziati spiegano quanto inquinano e che problemi creano eventi come quelli in corso in questi giorni sull'isola
Sardegna in fiamme. Dopo 48 di fuoco che hanno devastato i territori del Montiferru, della Planargia e del Marghine, fra l'Oristanese e il Nuorese gli incendi sembrano per il momento sotto controllo. Da una prima stima provvisoria sono bruciati circa 20mila ettari di terreno uccidendo migliaia di animali. Uno dei più grandi disastri ambientali degli ultimi 10 anni che avrà inevitabilmente delle ripercussioni oltre che economiche anche sul clima e sull'ambiente. A parlarcene due ricercatori del Cnr Michele Salis e Valentina Bacciu esperti nella ricerca sugli incendi boschivi.
L'incendio scoppiato nell'Oristanese che tipo di inquinamento potrebbe produrre?
«L'evento nel Montiferru non si è ancora concluso, i perimetri non sono definitivi e ancora non si sa quanto bosco o pascolo sono stati percorsi dalle fiamme e il livello di intensità. Tutti questi sono elementi critici per stimare (e sottolineo stimare) le emissioni. Abbiamo però studiato altri eventi. Per esempio, l'incendio verificatosi a Bonorva (centro sardegna, 2009) ha percorso circa 10mila ettari (principalmente pascolo), e ha rilasciato 42.4 gigagrammi (Gg) di emissioni in totale. L'incendio di Nuoro (2007), circa 9mila ettari di cui il 40% latifoglie (incluso leccio) e un altro 25% di arbusteti, ha invece rilasciato ben 178 Gg di emissioni (circa il 30% del totale emesso da tutti gli incendi registrati nell'anno). In Italia un recente studio modellistico condotto dall'Università di Sassari e dalla Fondazione CMCC ha stimato le emissioni medie annue di CO2, dovute agli incendi boschivi per il periodo 2007-2017, pari a circa 1580 gigagrammi (Gg). Il picco si è avuto nel 2007 con circa 5000 Gg emessi. Per avere un termine di paragone, le emissioni stimate per il 2017 (poco più di 3.600 Gg) corrisponderebbero a circa il 3,5% delle emissioni rilasciate dai trasporti sempre nello stesso anno (103000 Gg CO2 eq). I modelli ci dicono che le percentuali di particolato emesse sono bassissime rispetto alla CO2, sotto l'1% delle emissioni totali».
Quali sono gli effetti di questi incendi nell'aria?
«Sono diversi gli aspetti da considerare sotto questo profilo. Gli incendi provocano effetti sull'inquinamento, sulla qualità dell'aria e sulla salute. Dal punto di vista della qualità dell'aria, il particolato fine desta maggiori preoccupazioni e interesse. Sono numerosi gli studi sulle emissioni rilasciate dagli incendi sull'inquinamento da aerosol. Ad esempio gli incendi verificatisi nelle isole greche e in altre località mediterranee nell'estate 2012 hanno contribuito per quasi la metà della massa di aerosol organico sull'isola di Creta. Nel 2010 si è dimostrato come un aumento della concentrazione di aerosol del 40-50% (in media) ad Atene (Grecia) dipendesse dai grandi incendi verificatisi nell'agosto 2010 in Russia e Ucraina. Se le condizioni meteorologiche sono favorevoli, alcuni prodotti primari precursori dell'ozono possono dare origine alla produzione fotochimica di ozono. Questa molecola è sia un inquinante, sia un climalterante (cioè contribuisce insieme ad altri gas ai cambiamenti climatici). In prossimità di un incendio la concentrazione di inquinanti atmosferici risulta essere oltre i limiti raccomandati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in particolare per particolato (PM2.5), monossido di carbonio (CO) e biossido di azoto (NO2)».
Cosa provocano sulle persone?
«L'esposizione a questi fumi, da parte per esempio degli operatori preposti allo spegnimento, promuove una risposta infiammatoria, con un picco durante la prima settimana dopo l'esposizione, che diminuisce entro la seconda settimana. Studi sugli effetti del fumo prodotto dagli incendi sulla popolazione hanno evidenziato inoltre che gli impatti cardiovascolari e/o respiratori sono i più rilevanti, soprattutto per le persone affette da malattie preesistenti».
Quali sono gli effetti sul clima?
«Le particelle delle emissioni di fuoco possono influenzare il trasferimento radiativo atmosferico. La determinazione dei quantitativi dei gas serra e in traccia e del particolato emesso dagli incendi è pertanto un tema decisivo anche dal punto di vista ambientale, con implicazioni politiche a livello del protocollo di Kyoto e nel contesto del UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change).A livello globale, Si stima che la combustione della biomassa contribuisca per il 30% all'immissione in atmosfera di gas a effetto serra, contro il 54% causato dalle attività antropiche».
Che tipo di sostanze nocive producono?
«I composti chimici emessi dagli incendi sono monossido e biossido di carbonio (CO e CO2), come per esempio quello emessi dai camini. Il metano (CH4) che può essere sprigionato dagli allevamenti degli animali ossidi d'azoto(NOx), ammoniaca (NH3), idrocarburi non metanici (NMHC) e il particolato (PM) CO2 e CO, responsabili di circa il 90-95% del carbonio totale emesso, sono le frazioni dominanti rilasciate. Il restante 5–10% del carbonio emesso è rappresentato dall'aerosol carbonaceo (35%), ossidi d'azoto (20%) e metano (6%). La frazione di carbonio emessa come particolato (PM2.5 and PM10) è meno del 5%. Gli idrocarburi e gli ossidi d'azoto possono portare alla formazione dell'ozono nelle colonne di fumo, agendo quasi come forzante climatica a breve vita, mentre l'aerosol influisce sul budget radiativo a causa del suo effetto di assorbimento, l'influenza sulla formazione delle nuvole e processi microfisici».
Quanto pesano le emissioni da incendi boschivi sul totale delle emissioni, incluse quelle prodotte dall'uomo?
«A livello globale, si stima che l'immissione media di gas a effetto serra in atmosfera sia pari a circa 11 Gt CO2 equivalenti annue, a fronte di un totale di emissioni antropiche (prodotte dall'uomo) pari a circa 36.2 Gt CO2-eq per anno. Si stima inoltre che la combustione della biomassa contribuisca per il 30% all'immissione in atmosfera di gas a effetto serra, contro il 54% causato dalle attività antropiche.Le emissioni di CO2 durante i catastrofici eventi del 2007 in Grecia sono variate di circa 4.5 mega tonnellate (dato EFFIS, https://effis.jrc.it/), rappresentando in alcuni casi anche il 4% delle emissioni totali di CO2 in quel Paese. In certe aree del mondo il contributo degli incendi è ancora maggiore! Per esempio uno studio nel Quebec (canada) nel 2012, ha evidenziato come gli incendi in quell'anno hanno contribuito a circa il 30, 60 e 80% delle emissioni primarie annuali di (rispettivamente) gas serra, monossido di carbonio e carbonio nero per quella provincia».
Dopo quanto vengono eliminate?
«Per quanto riguarda il particolato (PM), questa frazione è costituita da particelle facilmente respirabili, e che a causa della loro piccola dimensione hanno lunghi tempi di permanenza nell'atmosfera. Le particelle più grandi generalmente raggiungono il suolo in tempi piuttosto brevi e causano fenomeni di inquinamento su scala molto ristretta. Le particelle più piccole invece possono rimanere nell'aria per molto tempo; alla fine gli urti casuali e la reciproca attrazione fanno ingrossare le stesse al punto da far loro raggiungere una velocità di caduta sufficiente a farle depositare al suolo. Oltre a questo meccanismo di deposizione a secco, l'eliminazione dall'atmosfera avviene anche per effetto della pioggia. L'Ozono invece, se trasportato nella parte più alta dell'atmosfera può persistere per alcune settimane e quindi può anche essere trasportato sulla lunga distanza. La sua permanenza in atmosfera però dipende, così come gli altri composti, dalle condizioni meteorologiche».
Sono paragonabili a quale forma di inquinamento?
«Mettendo a confronto le emissioni da incendi boschivi con le emissioni globali annuali derivanti da fonti antropogeniche, la combustione della biomassa contribuisce fino al 40% e al 38% rispettivamente del biossido di carbonio e dell'ozono troposferico. Secondo l'inventario CORINAIR90, gli incendi forestali contribuiscono in Europa per lo 0.2% delle emissioni di NOx, 0.5% di NMVOC (non-methane volatile organic compounds), 1.9% di CO e 0.1% di NH3. Le emissioni di CO2 durante i catastrofici eventi del 2007 in Grecia sono variate di circa 4.5 Mt (dato EFFIS, https://effis.jrc.it/), rappresentando in alcuni casi anche il 4% delle emissioni totali di CO2 in quel Paese.Nell'agosto 2003, un altro anno considerato come drammatico per gli eventi verificatisi, si stima che il contributo delle emissioni di particolato (PM2.5) dovute ad incendi boschivi nel Sud Europa è stato pari a quello delle emissioni antropogeniche, con significativi impatti sul bilancio radiattivo».
Ci spiega la dinamica di questi incendi e se esiste una prevenzione?
«Affinché si verifichi l'insorgenza di un incendio è necessaria la presenza simultanea di tre elementi: una fonte di calore, l'ossigeno e il combustibile che, nel caso degli incendi boschivi è rappresentato dalla vegetazione. Con l'attivazione della combustione, l'incendio inizia a produrre energia che, trasferendosi dal focolaio verso l'ambiente circostante, permette l'auto-alimentazione del processo combustivo e la propagazione dell'incendio nello spazio. La maggiore o minore rilevanza di questi meccanismi è legata soprattutto all'influenza delle condizioni ambientali che caratterizzano l'area dell'incendio. In generale, il comportamento di un incendio boschivo è il risultato delle complesse interrelazioni fra vegetazione, condizioni meteorologiche e topografia. Anche la vegetazione influisce sulle caratteristiche di un incendio in quanto rappresenta lo strato di combustibile sul quale il fuoco si propaga. Inoltre, in generale, basse quantità di vegetazione combustibile determinano incendi di ridotta intensità ma in grado di propagarsi rapidamente; al contrario, gli incendi che si verificano in zone con elevati carichi di vegetazione infiammabile sono responsabili della produzione di grandi quantità di energia e sono più difficili da controllare. La caratteristica topografica di maggiore influenza nel determinare il comportamento di un incendio è la pendenza. La pendenza influisce sul preriscaldamento del combustibile vegetale in vari modi ma, in ogni caso, a parità di altre condizioni, un incendio che percorre un'area ad elevata pendenza è caratterizzato da velocità di propagazione e intensità molto superiori rispetto ad ambienti pianeggianti».
Cosa bisogna fare per ridurre il rischio incendi?
«Occorre lavorare ad un insieme di azioni: a) contrastare l'abbandono delle aree forestali e rurali e delle attività agro-silvo-pastorali, e supportare queste attività lavorative e di gestione del territorio con politiche adeguate ai vari livelli (europeo, nazionale, regionale) b) promuovere la gestione agro-forestale e del territorio, per rendere i nostri ambienti resilienti agli incendi boschivi e ai cambiamenti climatici. c) aumentare l'autoprotezione di comunità e singole abitazioni, lavorando alla creazione di fire-wise communities, perché non è pensabile che con i grandi eventi si possa avere un mezzo a protezione di ogni singola abitazione, né che in certe giornate gli incendi siano arginabili con facilità; d) promuovere valutazioni oggettive del rischio incendi e scelte oculate di prevenzione, pianificazione e gestione del territorio e dei combustibili, così come adeguare i piani urbanistici/antincendio, che tengano conto anche del rischio incendi; e) aumentare la sensibilizzazione della popolazione e delle comunità per ridurre gli incendi "colposi", dovuti a negligenza o disattenzione, nelle giornate con condizioni ad alto rischio, e aumentare la consapevolezza della popolazione su come comportarsi (cosa fare e cosa non fare) in caso di incendio».
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