In Italia torna l'allarme autolesionismo tra i giovani
I dati emanati dall'ospedale pediatrico Gaslini di Genova raccontano uno scenario preoccupante con il numero di ricoveri nel 2022 aumentati di 10 volte rispetto al 2019
L’Ospedale pediatrico Gaslini di Genova ha reso pubblici i dati relativi ai ricoveri per disturbi psichiatrici negli adolescenti. Questi sono passati dai 72 nel 2019 ai 270 nel 2022, con una prevalenza di ricoveri di sesso femminile con un rialzo dal 46% al 73%. I dati indicano inoltre come siano presenti evidenze specifiche relative all’aggressività autodiretta. La tendenza autolesionista, che passa da 7 a 70 ha un incremento del 900%, che equivale a dire che nel 2022 i casi sono stati 10 volte tanto quelli del 2019. I disturbi della condotta alimentare sono aumentati del circa 250%, mentre quelli del ritiro sociale nel 2022 sono stati 7 volte quelli del 2019, pari al 600%. Gli unici dati che mostrano una forte diminuzione riguardano i disturbi del comportamento e, nello specifico, l'aggressività nei confronti degli altri, che mostra un calo del -88%.
Gli episodi di autolesionismo sarebbero il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici, biologici, psichiatrici, psicosociali, sociali, culturali e problematiche di natura relazionale. Risulterebbero frequenti in comorbilità depressione, ansia, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e i disturbi alimentari. L’effetto della suddetta comorbilità sarebbe quello di esacerbare i comportamenti autolesivi. Un altro elemento significativo a cui prestare attenzione sarebbe rappresentato dalla presenza di amici in cui tale pratica sarebbe già consolidata. La letteratura indica come l’autolesionismo aumenterebbe sensibilmente il rischio suicidario specialmente nei giovani maschi: il rischio incrementerebbe maggiormente in coloro che ripetono più volte atti rivolti contro sé stessi, specialmente in quei soggetti che si procurano tagli (cutting). Il genere femminile parrebbe essere quello più propenso all’autolesionismo, con una frequenza tripla rispetto ai maschi, e con modalità che prediligerebbero, anche in questo caso, il “cutting”.
Numerose ricerche avrebbero rilevato una forte associazione tra autolesionismo, ansia e depressione: la continuità e la durata della depressione parrebbero contribuire ad elevare il rischio di compiere atti di autolesionismo. Esisterebbe inoltre una correlazione tra l’autolesionismo e la dissociazione, ovvero alla sconnessione e/o discontinuità della normale integrazione di coscienza, memoria, identità, emotività, percezione, rappresentazione corporea, controllo motorio e del comportamento. Tale fenomeno si riscontrerebbe frequentemente nel periodo successivo ad un trauma o ad eventi stressanti.
Ci troviamo dinnanzi a una commistione di fattori che, se analizzati, possono aiutare a comprendere quanto sta accadendo, nello specifico la traumatizzazione collettiva data dall’evento pandemico, la ritraumatizzazione data dallo scoppio della guerra, le conseguenze educative dei genitori elicottero e l’effetto della tecnologia e dei social media.
Nel marzo del 2011, nel corso di un’intervista in merito agli effetti dello scoppio della guerra a seguito della pandemia Covid, dichiaravo che ci trovavamo dinnanzi a un trauma qualificato come di tipo II, ovvero causato da esposizioni prolungate e ripetute a circostanze esterne estreme. Nello specifico si trattava di una sovrapposizione di due traumi, quello pandemico e quello da guerra, il cui risultato era rappresentato dal continuo attivarsi di uno stato di vigilanza, oltre che di un senso di anticipazione. Tali elementi hanno portano a far sì che si attivassero una serie di strategie di evitamento al pericolo, di cui, le più comuni, sono il diniego e la depersonalizzazione. Si rilevavano quindi alterazioni della coscienza e sintomi dissociativi che disorganizzavano il funzionamento dell’individuo a livello biologico, fisiologico, relazionale, comportamentale e identitario. L’effetto sul lungo termine, che è quello che sta iniziando a manifestarsi oggi, sui soggetti che sono stati sottoposti a questa tipologia di trauma complesso, sarebbe quello di dar luogo a fenomeni quali ottundimento affettivo, rabbia e intorpidimento, portando spesso ad esiti dissociativi.
Il secondo elemento oggetto di approfondimento concerne lo stile genitoriale. Quando i genitori si sostituiscono ai figli affrontando, e a volte anticipando, le difficoltà al posto loro, li priverebbero dell’opportunità di mettersi alla prova. I genitori iperprotettivi che controllano troppo intaccherebbero così le abilità di controllo emotivo e comportamentale dei bambini, dando luogo all’impossibilità, da parte degli stessi, di costruirsi competenze e abilità personali, sociali e affettive. Il bisogno di autonomia del bambino quindi non potrà manifestarsi in quanto sarà sempre il genitore a decidere e a pensare al suo posto, con l’effetto del far venire meno il processo di separazione-individuazione. Durante l’adolescenza si dovrebbe assistere a una graduale separazione dalla famiglia accompagnata da un investimento nelle relazioni tra pari e in quelle romantiche, oltre che ad una progettazione relativa al futuro. Nel caso di genitori disfunzionalmente iperprotettivi e ipercontrollanti tutto ciò non avrebbe luogo. Dal momento in cui tali processi non hanno luogo ci si troverà ad avere un basso livello di integrazione, aumentando la probabilità che l’organizzazione di personalità dell’individuo diventi patologica, con associazioni a categorie riconducibili ai disturbi di personalità. Via via che la patologia diviene più grave, maggiormente le capacità riflessive verranno a ridursi, lo stesso accadrebbe per l’empatia e la capacità di assumere ruoli differenti, oltre al ravvisarsi di un aumento delle difese di scissione
Ultimo elemento oggetto di analisi è quello relativo al fatto che siamo soggetti ad una moltitudine di informazioni che giungono ai nostri organi di senso in maniera rapida, continua, costante. Siamo immersi nell’iperstimolazione. Non si avrebbe né il tempo né la possibilità di processare adeguatamente il quantitativo di stimoli. L’effetto sarebbe quello di far sì che l’informazione rimanga ad un livello superficiale, in quanto verrebbe a mancare l’effettivo tempo dell’elaborazione e della rielaborazione. Si percepirebbe troppo e troppo in fretta, con la conseguenza che si conoscerebbe e si riconoscerebbe sempre meno. Ci si troverebbe così dinnanzi a un incremento delle diagnosi relative a disturbi dell’attenzione, iperattività, ADHD e disturbi della concentrazione. I tempi evolutivi del nostro cervello sono molto più lenti di quelli dell’evoluzione tecnologica, e tale dissincronia, potrebbe portare all’emergere di quadri ansiogeni e depressivi. Si consideri difatti che, nella società contemporanea si deve essere performanti, sempre, in maniera costante ed il livello delle prestazioni deve crescere in continuazione. La competizione è sempre maggiore, la richiesta è sempre competitiva e non viene lasciato mai spazio alla noia. I bambini ed i ragazzi di oggi, oltre ad essere sovra stimolati, sono investiti anche dalle richieste genitoriali di performance; spesso, su di essi, vengono riversati i desideri non realizzati dei genitori, ai quali i figli sono chiamati a rispondere.