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(Ansa)
Salute

L’immunoterapia contro il cancro (e perché nelle donne funziona meno)

Questi farmaci sono un aiuto prezioso verso la guarigione, ma nel genere femminile hanno efficacia ridotta, come dimostra uno studio di Humanitas.

Nella cura contro il cancro, l’immunoterapia ha rappresentato, ormai da anni, una svolta decisiva: farmaci in grado di attivare le difese del sistema immunitario, spesso ingannato dalle cellule cancerose, e di potenziare quindi le difese naturali del nostro organismo nei confronti della malattia. Uno studio condotto da Fabio Conforti, oncologo medico all’Ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo (pubblicato su Lancet Oncology), ha dimostrato però che uomini e donne malati di tumore rispondono in modo diverso all’immunoterapia: in pratica, il beneficio è circa il doppio nel genere maschile rispetto a quello femminile. Ora, un nuovo importante progetto di ricerca del prof. Conforti in Humanitas Gavazzeni, con il supporto dei fondi del 5 per mille di Fondazione Humanitas per la Ricerca, ha come obiettivo quello di chiarire i motivi della diversa risposta ai farmaci immunologici, e di modulare i trattamenti terapeutici affinché siano più efficaci anche nelle donne.

Humanitas tumoreprof. Fabio Conforti, Humanitas Gavazzeni

Intanto spieghiamo che cosa sono esattamente i farmaci immunoterapici...

«È una nuova classe di farmaci antitumorali a base di anticorpi monoclonali somministrati per via endovenosa: agiscono aiutando il sistema immunitario del paziente a riconoscere il tumore e a montare la risposta immunitaria».

Nel caso del cancro il nostro organismo non sempre riesce a difendersi da solo, giusto?

«Spesso non riconosce la cellula cancerosa perché, come si è visto negli studi degli ultimi decenni, il tumore riesce a crescere eludendo le difese immunitarie. E i farmaci immunoterapici agiscono smontando questo meccanismo chiave e rispristinando la risposta immunitaria del malato».

In quali tipologie di cancro funzionano di più?

«In studi clinici randomizzati si è testata l’immunoterapia confrontandola con le cure standard, inizialmente nei tumori metastatici del polmone e nel melanoma, dimostrando che è più efficace e meglio tollerata rispetto alla chemioterapia. Mantiene più a lungo il controllo della malattia e anche il suo profilo di tossicità è migliore. Quindi un duplice vantaggio. Ora ne è stata provata l'efficacia anche nei tumori urogenitali, in quello al seno e alcuni tipi di cancro gastrointestinale».

È una terapia di routine?

«Ora è uno standard terapeutico nella malattia metastatica. E di recente questa classe di farmaci viene impiegata con successo anche nei pazienti con un tumore in stadio precoce, appena operati o prima dell’intervento, per esempio in alcuni tipi di tumore mammario. L’immunoterapia aumenta le chance di guarigione. Adesso poi risultati positivi sono stati ottenuti con nuove combinazione di farmaci immunoterapici, combinati tra loro, o con terapie molecolari o con chemioterapia. Sinergie che sembrano potenziare l’efficacia complessiva della terapia».

Voi avete scoperto però che nelle donne l’immunoterapia funziona meno...

«Esiste in effetti una differenza di risposta legata al genere, l’immunoterapia data come unico trattamento funziona meno nelle donne, che ne hanno un beneficio minore a prescindere dal tipo di tumore, e l’entità di questa differenza è clinicamente significativa: il beneficio, in termini di miglioramento della sopravvivenza, è circa il doppio nei maschi. Questo non significa tuttavia che l’immunoterapia nelle donne sia inutile, aiuta in maniera significativa anche nel loro caso. In entrambi i sessi i benefici superano di gran lunga le possibili complicanze o tossicità, che sono comunque ben gestibili».

Come mai questa differenza di genere non è mai emersa prima?

«Probabilmente perché negli anni precedenti le donne arruolate negli studi clinici sono state sempre sottorappresentate rispetto al genere maschile, per una serie di ragioni, anche di prudenza, legate alla maggiore prevalenza delle malattie autoimmuni nel genere femminile. Questo spiegherebbe perché la diversità nella risposta terapeutica non è emersa prima».

E perché l’efficacia negli immunoterapici nelle donne è minore?

«Sappiamo che il sistema immunitario funziona in modo diverso in maschi e femmine. Gli ormoni sessuali probabilmente giocano un ruolo chiave. Ora dobbiamo chiarire i meccanismi biologici di queste differenze per mettere a punto e testare strategie personalizzate».

Nel concreto?

«Usando diverse combinazioni immunoterapiche, si è visto che il beneficio può essere maggiore per le donne, per esempio combinando la chemioterapia con l’immunoterapia nel cancro al polmone. Quindi, a seconda della strategia usata, questa differenza di genere può cambiare. Donne e uomini necessitano di approcci diversi ma servono studi per questo obiettivo finale. In futuro avremo una terapia antitumorale personalizzata non solo sul tipo di cancro ma anche sulla base del genere».

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Daniela Mattalia