Sanità,  Sicilia, Pronto Soccorso
M.B.
Salute

La lunga scia di morte negli ospedali siciliani

Batteri killer in sala operatoria, pazienti lasciati a morire in barella nei corridoi dei Pronto Soccorso, farmaci scaduti somministrati ai malati. La sanità siciliana è giunta a un punto di non ritorno.

Era arrivato a Stromboli dall’Australia. Paolo Carnibella aveva 82 anni, godeva di ottima salute e si era concesso una vacanza in Sicilia, sua terra d’origine. Il primo di settembre subisce un infarto: viene trasferito in elisoccorso all’ospedale Papardo di Messina, e lì operato per l’applicazione di uno stent. L’operazione va benissimo, e così il decorso post-operatorio. Ma dopo qualche giorno Carnibella all’improvviso peggiora e muore, stroncato da uno shock settico, un’infezione probabilmente contratta in sala operatoria.Il 2 ottobre nello stesso ospedale muore anche Donatella Canfora, di soli 60 anni: ha subito qualche giorno prima un intervento per un bypass aorto-coronarico, ha un decorso ospedaliero “brillante”, a quanto dicono i medici; è pronta per essere dimessa quando sopraggiunge un’infezione che la conduce in poche ore al decesso. Paolo e Donatella non sono i soli: in poco più di un mese, almeno undici pazienti operati nelle sale di Cardiochirurgia del nosocomio messinese muoiono per infezioni causate probabilmente da batteri killer. Si muovono le Procure: dall’Australia Paul e Salvatore Carnibella chiedono giustizia per il loro padre, i NAS sequestrano le sale 1 e 2 del blocco operatorio e indagano per omicidio colposo aggravato i direttori sanitario, amministrativo e generale, il primario di Cardiochirurgia e quelli di Rianimazione e Terapia intensiva. Nella relazione del consulente tecnico della Procura si parla di “colonie batteriche”, superamento della soglia di agenti patogeni, mancanza di filtri, microrganismi e germi sulle superfici esaminate. Tradotto: sale operatorie sporche e contaminate. Il caso probabilmente si allargherà ancora di più: recandosi nella struttura, a microfono spento, si apprende da alcuni medici che i decessi sospetti potrebbero essere anche più di 25, e che il problema potrebbe coinvolgere anche altri reparti e altre sale operatorie.

Turisti morti e farmaci scaduti negli ospedali della fascia tirrenica

E’ solo uno dei tanti “scandali” che hanno coinvolto la sanità isolana negli ultimi mesi: solo una delle tante gocce di una lunga scia di sangue che sta attraversando l’isola, da ovest a est, colpendo siciliani e turisti, questi ultimi -non volendo fare una classifica ma solo analizzando oggettivamente i fatti- vittime ancora più ignare di episodi gravissimi. Altre due turiste milanesi, infatti, erano morte nella scorsa estate per presunti episodi di malasanità negli ospedali di S.Agata di Militello e Patti entrambi in provincia di Messina. Nel nosocomio di Milazzo, invece, solo poche settimane addietro è scoppiato un altro caso: si è scoperto che in Pronto Soccorso erano stati somministrati a tre pazienti farmaci oppiacei scaduti, a dimostrazione di gravissime mancanze nel campo degli approvvigionamenti e dell’intera organizzazione dell’area del primo soccorso. Nella farmacia dello stesso ospedale, sempre il “Fogliani” di Milazzo, sono stati rinvenuti, ancora una volta dai NAS, anche antibiotici scaduti conservati assieme ai farmaci da somministrare nei reparti

A Palermo si muore dopo 8 giorni in barella

Il 20 dicembre, a Palermo, muore anche Maria Ruggia: la signora aveva 76 anni e 10 giorni prima era stata portata al Pronto Soccorso dell’Ospedale “Ingrassia”. Qui è stata tenuta per 8 giorni su una barella, per mancanza di posti letto disponibili, poi trasferita in reparto dove muore a distanza di poco tempo. Il decesso sarebbe avvenuto per shock settico, e i familiari sono convinti che a causarne la morte sia stata un’infezione contratta mentre era ricoverata nel dipartimento di emergenza. La Polizia ha sequestrato le cartelle cliniche, e anche l’ASL palermitana ha inviato un’indagine interna. Ma il problema è sempre lo stesso: a fronte di enormi problemi di sovraffollamento dei Pronto Soccorso, (in questi giorni alcuni presidi ospitano fino a 4 volte il numero di pazienti consentiti) i reparti ospedalieri, colpiti negli anni dai tagli dei posti letto e manchevoli spesso anche di capacità/volontà di collaborazione con i reparti di emergenza-urgenza, non accolgono i malati: e durante le vacanze natalizie la situazione degenera perché le case di cura private convenzionate chiudono letteralmente le porte. «Le cliniche hanno chiuso intorno al 20 dicembre e riapriranno non prima del 10 gennaio» racconta un medico che preferisce restare anonimo. «Mentre in Pronto Soccorso abbiamo pazienti in barella da giorni, che non riusciamo a far ricoverare da nessuna parte. Ma alla fine, la responsabilità sarà solo nostra». Già, perché poi la politica fa finta di svegliarsi all’improvviso: il giorno 3 gennaio infatti il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani compie un “blitz” a sorpresa al presidio ospedaliero “Villa Sofia” di Palermo. Ha ricevuto una segnalazione, il giorno di Capodanno, su una incresciosa situazione in atto nel reparto di Ortopedia, dove giacciono da giorni 14 pazienti con femore rotto e altri traumi, in attesa di interventi chirurgici. Tuona contro medici e dirigenti e avvia la solita “verifica interna”. Peccato però che dopo soli 3 giorni, il 6 gennaio, uno dei pazienti di Villa Sofia muore: si tratta di Giuseppe Barbaro, 76 anni ricoverato da 17 giorni e in attesa di essere operato per una frattura scomposta alla spalla. Il paziente, secondo i parenti che sporgono denuncia, non è stato adeguatamente nutrito, non è stato opportunamente curato tanto da aver contratto una polmonite bilaterale e viene trovato legato al letto.

Boarding uguale morte

Proprio in questi giorni, nei quali i Pronto Soccorso soffrono particolarmente per la mole spropositata di accessi dovuti a influenza e virus di altro tipo (oltre che alle mancanze della medicina territoriale, primi fra tutti i medici di base), la SIMEU, Società italiana medicina di emergenza e urgenza, accende un faro sul fenomeno del boarding: cioè di tutti quei pazienti che stazionano giorni, anche più di 7 o 8, in Pronto Soccorso in attesa di un posto letto. Con tutte le difficoltà del caso: disagi inevitabili per i malati costretti su barelle, senza alcuna privacy, con pochi servizi a disposizione, e mole di lavoro assistenziale enorme che ricade sugli operatori dell’emergenza. Che, in verità, dovrebbero occuparsi delle vere urgenze, e non di gestire quello che diventa quasi come un piccolo reparto di degenza. Ebbene, dai dati di SIMEU risulta che ogni paziente fermo in Pronto Soccorso in attesa di essere trasferito in reparto, causa un ritardo di almeno 12 minuti sugli accessi successivi, e che quando il tempo del boarding supera le 12 ore, la mortalità per il paziente aumenta dal 2,5% al 4,5%.

La politica e i blitz in corsia

Nel frattempo, nei giorni tra Natale e Capodanno, il deputato di Italia Viva Davide Faraone compie visite a sorpresa in molti Pronto Soccorso siciliani, riscontrando ovunque situazioni incresciose, con gravissimo sovraffollamento, pazienti in barella nei corridoi da giorni, e condizioni non rispettose della dignità dei malati. Testimonia tutto con reportage fotografici che pubblica sui suoi canali social, e a inizio anno -in una conferenza stampa tenutasi a Palermo- chiede al ministro Schillaci di commissionare la sanità siciliana. Durante l'incontro con i giornalisti, chiede anche che vengano resi noti pubblicamente, (possibilmente in un incontro aperto alla stampa e quindi alle domande dei giornalisti, ndr) i risultati di un'indagine condotta sui 60 Pronto Soccorso siciliani da una “Commissione” che per due mesi ha girato tutta la Sicilia per verificare il rispetto delle linee guida e delle procedure organizzative. La commissione è composta anche dai direttori dei dipartimenti di emergenza-urgenza più importanti dell’Isola: primari di grande esperienza, dai quali è lecito aspettarsi una severa e puntuale disamina della situazione dei Pronto Soccorso. La politica, avrà il coraggio di guardare in faccia la realtà, di commentare i risultati pubblicamente e quindi di assumersi le proprie enormi responsabilità, possibilmente senza cercare capri espiatori tra i medici che cercano in tutti i modi di fare il loro lavoro, e di salvare vite nonostante tutto?

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Maddalena Bonaccorso