«Muoversi correttamente per non aver dolore»
Nella seconda puntata della serie di Panorama «Come rimettersi in movimento dopo il lockdown», intervista al dottor Guido Barindelli sul sistema di movimento.
- Prima puntata: «Rieducare all'attività fisica dopo la pandemia»
«Le persone costantemente inattive nei due anni precedenti la pandemia avevano maggiori probabilità di essere ricoverate, di finire in terapia intensive e di morire rispetto a quelle che facevano tutti i giorni attività fisica». Guido Barindelli, dottore in Fisioterapia a Lecco e stimato docente di Disfunzioni del sistema di movimento (insegna anche all'Università Bicocca di Milano), cita un articolo pubblicato il 13 aprile 2021 sul British Journal of Sports Medicine. Intitolato «L'inattività fisica è associata a un rischio più elevato di esiti gravi di COVID-19: uno studio su 48.440 pazienti adulti», l'articolo dimostra che l'attività fisica influenza positivamente anche il sistema immunitario. Come Barindelli spiega nell'intervista che segue, alla base dell'attività motoria c'è il movimento, che deve essere coordinato, preciso ed economico. Nella seconda puntata della serie di Panorama dedicata al recupero della forma fisica dopo il Covid-19, Barindelli spiega il nesso fra movimento e benessere.
Perché è così importante il movimento?
«Per spiegarlo, occorre prima conoscere cos'è il sistema di movimento. Secondo il Dizionario medico, il sistema di movimento umano è l'insieme degli organi fisiologici che interagiscono tra loro per produrre il movimento del corpo e delle sue parti. Il movimento è una funzione essenziale per la vita: gli ioni che attraversano le membrane cellulari sono movimenti, così come i nostri arti che si muovono nello spazio. Di questo insieme non fa parte solo il sistema muscolo-scheletrico o anche quello nervoso che dà gli impulsi ai muscoli. Quando compie un gesto, la persona esprime la sua personalità. Pensiamo al cammino, che rispecchia quello che noi siamo: per esempio un depresso cammina tutto racchiuso in se stesso... Quindi la persona non è solo bio, è anche psico. Ed è soprattutto un essere sociale. Perché la postura e il movimento non sono solo un banale allineamento di muscoli e articolazioni uno sopra l'altro, ma sono la sintesi di un vissuto, di una conoscenza sperimentata. Il sistema di movimento, quindi, riguarda tutto l'essere umano».
Ma perché è così importante che il movimento sia preciso?
«Come per la maggior parte delle altre condizioni mediche, anche il movimento ha dei parametri da rispettare, dai quali non possiamo uscire. Se ci si muove male, prima o poi il sistema va in tilt. E quindi arriva il dolore. E qui faccio riferimento a un altro studio, pubblicato nel dicembre 2020 su una delle piùprestigiose riviste del mondo: Jama Neurology. Quest'importante studio randomizzato dimostra che, nelle persone con lombalgia cronica, quindi con attività funzionali limitate, l'allenamento delle abilità motorie della vita quotidiana, specifiche per le singole persone, porta a maggiori miglioramenti a breve e a lungo termine rispetto ai tradizionali esercizi».
Il sistema di movimento.
Intende dire che, fra coloro che soffrono di dolore lombare cronico, ottengono più risultati quelli che svolgono le normali attività quotidiane rispetto a quelli che fanno esercizi mirati?
«Sì. Quando viene da me un paziente con un dolore, io faccio una diagnosi di movimento. Ma se mi limito ad assegnargli degli esercizi mirati per accorciare un muscolo troppo lungo o mi limito a fare manovre manuali, è certo che non otterrò risultati duraturi nel tempo. Gli esercizi terapeutici o le manovre vanno bene, per carità, ma se io non cambio il modo scorretto in cui si muove, se non gli re-insegno a muoversi in maniera ideale, non risolvo il problema».
Come mai?
«Perché la causa del dolore è il movimento sbagliato. E, se si vuole eliminare il dolore in modo definitivo, si deve modificare il movimento. Quando ho letto lo studio di Jama Neurology mi sono esaltato, perché lo penso e lo dico da tanti anni. E finalmente è arrivata la conferma. È importante poi che i movimenti vengano fatti con attenzione. Quando un paziente sale un gradino, deve concentrarsi: "Sta' lì, ginocchio, sta' in quella direzione, sta' sul secondo dito, controlla, controlla, controlla". Questo vuol dire fare attività funzionali. Per un fisioterapista, la prima cosa da fare è educare il paziente rispetto alla sua disfunzione, che è la diagnosi, e aiutarlo a identificare il modo in cui esegue le attività che contribuiscono alla sua disfunzione di movimento. Infine, prescrivergli esercizi e schemi di movimento correttivi. Vorrei ricordare che il successo del trattamento sta proprio nel trovare la causa più che nel trattare il sintomo, anche se è importante anche trattare il sintomo. Ricordiamoci che i farmaci e le cure fisiche servono solo per ridurre il dolore quindi curano il sintomo, occorre ricercare la causa se vogliamo risolvere il problema e se vogliamo avere successo.».
Ecco perché lei suggerisce di appendere sulla porta di casa un cartello che dica: «Muoversi bene per vivere a lungo senza dolore».
«Già... L'ho detto tre anni fa durante un TedX. L'idea è di ricordarsi sempre, quando si esce, di fare movimenti corretti. Entro in macchina? Mi siedo bene. Sono in ufficio? Dopo un'oretta di lavoro mi alzo in piedi e faccio due esercizi. Ricordiamoci che l'uomo non è stato creato per vivere seduto, ma per muoversi, per correre nelle savane. C'è stata un'evoluzione, ma resta il fatto che se si muove, vive più a lungo e in salute. Secondo alcuni studi citati dall'antropologa Michaeleen Doucleff, un tempo la colonna non era come quella piena di curve dei ragazzi di oggi. Era molto più dritta, con una curva in basso e basta. Difatti se guardiamo le schiene delle statue greche, non ci sono curve: sono tutte allineate».
Interessante. Perché?
«La curva dorsale non era come la nostra. C'era solo una piccola curva a livello lombare di estensione. E anche oggi Io mi chiedo sempre, ma perché ragazzi di 10-12-15 anni hanno mal di schiena e mal di collo? Ai miei tempi non succedeva. Ma anche oggi, popoli con culture diverse dalle nostre non hanno molte curve. Nel filmato che ho realizzato per Panorama, si vede che la donna Samburu, una tribù del Nord del Kenya, non ha molte curve perché per zappare piega l'anca e tiene la schiena completamente in asse. Lo stesso vale per l'immagine degli uomini boliviani».
Donna Samburu in Kenya.
Boliviani al lavoro.
E invece in Italia, e più in generale in Occidente, tutti hanno la schiena storta...
«Perché tutti i ragazzi che mi portano le mamme, non piegano l'anca. Piegano solo la colonna. Eppure lo schema del movimento della colonna che il professor Stuart McGill ha pubblicato e ripubblicato dice che il cervello, quando decide di piegarsi, fa fare la prima azione all'anca e non alla colonna. La colonna interviene dopo 70 gradi di flessione della colonna».
Quindi, in caso di dolore, bisogna re-imparare a muoversi?
«Sì. In sostanza è quello che sostiene l'articolo pubblicato su Jama Neurology».
Si può allora dire che se abbiamo un dolore è perché c'è qualcosa che non va nel nostro modo di muoverci?
«Certo. L'importante è che non ci siano stati traumi: se c'è una distorsione al ginocchio, è chiaro che il dolore è dovuto a quello. Io mi riferisco ai dolori muscolo-scheletrici».
Ovviamente parliamo di dolori meccanici, non da compressione.
«Corretto. C'è un test semplicissimo che io suggerisco sempre ai miei studenti. Il dolore meccanico risponde a una legge ben precisa: muovo in una direzione e aumenta il dolore, muovo in un'altra direzione e il dolore migliora. Quando il dolore rimane sempre uguale, qualsiasi gesto si faccia, bisogna immediatamente mandare il paziente dal medico. Poi mi è capitato che il medico mi abbia chiamato per dirmi "Lei faccia il suo lavoro, che io faccio il mio". Due mesi dopo il paziente era morto. Aveva un tumore al pancreas. Era venuto da me per un dolore alla spalla».
Dunque nel caso di dolori meccanici cosa si può fare?
«Il fisioterapista deve insegnare il gesto corretto, in modo che nel cervello del paziente vengano ricreate le mappature del sistema nervoso. Bisogna quindi attivare un dialogo fra la periferia, dove c'è il movimento sbagliato, e il centro. Allora le cose cambiano, sennò non cambiano».
Perciò bisogna riprogrammare il cervello?
«Detto in maniera semplice, sì. Bisogna riprogrammarlo».
E anche per piegarsi bisogna riprogrammare il cervello a fare il piegamento dell'anca e non della schiena?
«Esatto: la prima parte (fino a 70 gradi circa) l'anca, poi l'anca e la colonna insieme. Quando io insegno qualcosa al paziente, gli faccio vedere su di me il gesto disfunzionale che fa e poi gli mostro la maniera corretta. Vedere il movimento attiva delle aree nel cervello, pensiamo ai neuroni a specchio. Adesso, poi, possiamo filmare il paziente affinché si renda conto del suo movimento disfunzionale. E quando il paziente comprende che muovendosi in modo diverso il dolore diminuisce, si impegna di più. E se va avanti a farlo in maniera corretta i suoi muscoli mandano informazioni corrette al cervello finché il dolore arriva allo zero. La chiave per queste persone è trasformare il movimento disfunzionale che crea adattamenti negativi del muscolo ma anche del sistema nervoso, in movimento funzionale, che alimenterà gli adattamenti positivi».
Lei ripete spesso che si ottiene ciò che si allena.
«Sia in chiave negativa sia in chiave positiva. Se ci si muove male, si crea un adattamento muscolare sbagliato. Ma, attenzione, ci sono anche le nostre convinzioni: se un paziente è convinto che flettendosi in avanti tenendo le ginocchia distese ha dolore, avrà sempre dolore. Occorre cambiare le convinzioni del paziente, perché in tal modo si creano nuove reti neurali nel cervello. E questo porta a nuovi comportamenti».
Dunque si può cambiare in ogni momento?
«Sì, anche a 70 anni abbiamo la possibilità di cambiare le nostre abitudini. Dobbiamo solo applicarci, rispetto a un modo di fare (o di pensare) precedente».
Pertanto, escludendo cause esterne come traumi, tumori o diabete, i dolori sono sempre legati al movimento?
«Sì, dipende tutto da come si maltrattano le articolazioni in quel distretto. Perché il movimento può esso stesso causare dolore neuro-muscolo-scheletrico. In tal caso, dobbiamo re-insegnare al nostro cervello a muoverci in maniera diversa, più vicino possibile all'ideale».
Ma non c'è solo il movimento. C'è anche la postura, vero?
«Sì, sì. C'era una mia paziente che stava seduta con il sedere molto staccato dallo schienale della sedia. "Quando io sono seduta, sto bene" diceva. "Però dopo mezz'ora quando si alzava in piedi aveva dolore". La sua colonna in quella posizione era in flessione, quando si alzava in piedi doveva raddrizzarsi. Era quel passaggio a provocare dolore. Dolore che poi era diventato cronico».
Quindi bisogna fare molta attenzione anche alla postura.
«Certo. Ovviamente i problemi insorgono quando si mantiene la stessa posizione sbagliata per tot ore e per tot anni».
Postura errata.
Spesso ad avere una pessima postura sono gli adolescenti. Perché lei consiglia di portare i figli dal fisioterapista come li si porta dal dentista?
«Perché il fisioterapista può dare indicazioni su come stare, ma soprattutto su che tipo di attività fare. Facciamo l'esempio delle ragazze, che spesso fanno danza. Se il collo del femore di una ragazza non ha un angolo di declinazione di 15 gradi, ma è molto più ampio, non ha la possibilità di fare la rotazione esterna dell'anca per il movimento che viene chiamato plié. E questo va a scapito dell'articolazione del ginocchio, dell'anca e anche della caviglia. Lo stesso discorso vale per chi fa calcio».
A che età suggerisce questo controllo?
«Fra i 10 e i 12 anni e comunque quando iniziano a svolgere un'attività sportiva. L'importante è che il fisioterapista sia esperto di sistema di movimento».
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