«Il nuovo Piano Pandemico? Molta enfasi, poca prevenzione»
Mentre continuano le polemiche e le inchieste sul «vecchio» anche il nuovo Piano Pandemico fa discutere per questioni etiche ed impostazione generale
La bozza del nuovo piano pandemico 2021-2023 che dovrà essere approvata e che sarà suscettibile a modifiche sembra aver già sollevato qualche critica. Anzi, un vero e proprio problema etico: la possibilità lasciata ai medici di decidere chi curare e chi no in particolari situazioni di emergenza, come la pandemia di Covid 19. Nel documento si legge: "Gli operatori sanitari sono sempre obbligati anche durante la crisi, a fornire le cure migliori, più appropriate, ragionevolmente possibili. Tuttavia, quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità, i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio". Ma non è solo questo il punto ad avere destato delle perplessità.
Ad analizzare la bozza Roberto Di Vogli professore associato in salute globale e psicologia del potere dell'Università di Padova ha svolto l'incarico di professore associato presso il Dipartimento di Epidemiologia e Salute Pubblica dell'Università della California Davis, alla Scuola di Salute Pubblica dell'Università del Michigan e al Dipartimento di Epidemiologia e Salute Pubblica alla University College London
Che ne pensa della bozza del nuovo Piano pandemico?
«Se pensano di fermare il virus con questo piano pandemico non hanno ancora capito come si combatte il Covid-19 a livello di popolazione. Nella bozza non c'è un vero piano di azioni e coordinamento delle attività per combattere i focolai nel territorio, ma solo dei riferimenti generici scarsamente strutturati. Non traspare la necessità e l'urgenza di combattere il virus nelle comunità, scuole, trasporti, luoghi di lavoro. Dalla pandemia evidentemente si è imparato poco. Il virus va combattuto sul territorio e non negli ospedali quando ormai è troppo tardi intervenire. È un piano che reagisce e insegue il virus. Non è un piano che lo anticipa e lo prevede. Non è preventivo, è reattivo e soprattutto non ha una prospettiva di salute pubblica e di popolazione».
Cosa c'è nel nuovo Piano?
«Nel piano c'è molta enfasi sui dispositivi di protezione, le terapie intensive, i posti letto e le scorte dei farmaci. Questi miglioramenti rispetto ai piani precedenti sono sicuramente importanti per il sistema sanitario e per proteggere le risorse più preziose nella lotta contro il virus: il personale sanitario.Tuttavia, il personale sanitario deve essere meglio protetto non permettendo i contagi nel territorio. Il piano pone pochissima attenzione alle strategie che hanno permesso ai paesi più virtuosi al mondo di controllare la pandemia. Taiwan, Singapore, Sud corea e Vietnam con la loro strategia di salute pubblica hanno avuto poche decine di morti ma l'analisi della loro gestione della pandemia non è stata presa in considerazione».
Quali sono gli elementi fondamentali secondo lei di un piano pandemico?
«Gli elementi fondamentali sono le attività di prevenzione nel territorio come le strategie di network testing e contact tracing. Le parole testing e tracing compaiono solo dopo le prime 70 pagine e sono trattate in modo superficiale e superficiale. I tamponi ai contagiati inclusi i casi asintomatici e i loro contatti e i tracciamenti attraverso tecnologie digitali sono gli strumenti essenziali per contenere i contagi ed individuare i focolai».
Che ne pensa del riferimento al piano pandemico del 2006?
«Penso che abbia fatto chiarezza su un punto dove è esistita molta confusione in questi mesi: hanno finalmente ammesso che il piano pandemico non è mai stato aggiornato dal 2006 in poi. Un piano di salute pubblica, tuttavia, necessita di obiettivi SMART (specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e definiti nel tempo), ma nel piano molti degli obiettivi presentati sono in realtà confusi con le attività per raggiungerli. Una nota: il piano pandemico è stato aggiornato da pochi Europei, quindi l'Italia è in buona compagnia. Tuttavia, si pensava che questa pandemia avesse insegnato il paese a gestire in modo più efficace il virus. Ma il virus, come insegnano i paesi più virtuosi, non si riesce a gestire primariamente potenziando i dispositivi di sicurezza individuale e aumentano i posti letto negli ospedali. E'necessario creare una struttura capillare nel territorio per fare in modo che questi contagi non accadano neppure. E' così che si proteggono ospedali, RSA e si riduce la mortalità Covid-19».
Com'è stata gestione Italiana della pandemia?
«È stata una gestione che specialmente durante la seconda ondata è stata troppo influenzata da priorità economiche rispetto a quelle relative alla salute pubblica. E i risultati si vedono. Abbiamo sorpassato Stati Uniti, Regno Unito e Spagna in termini di decessi per milione di abitanti. E' una strategia stop and go, improvvisata e caotica. Il Governo è forze stato troppo influenzato dai poteri economici che hanno spinto a tenere tutto aperto anche quando non si doveva. E poi la narrativa di chi questa estate diceva che il virus era sparito. Si sono fatti degli interventi non risolutivi ed è mancata la azione territoriale».