I rischi dell'osteopata
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Salute

I rischi dell'osteopata

Milioni di italiani ricorrono alle manipolazioni per i dolori, ma chi le pratica spesso non ha studiato neppure l’anatomia. Un settore da regolamentare.

La schiena che fa male. Il nervo sciatico dolente che non ci permette la partita a padel o la cervicale che ci impedisce il sonno. Che cosa si fa? Invece di rivolgersi al medico, tanti decidono di recarsi dall’osteopata. Nei dati di qualche anno fa dell’istituto di ricerca Eumetra Monterosa, si parlava di circa 10 milioni di italiani che hanno, almeno una volta nella vita, interpellato questa figura. Ma considerando che nell’ultimo periodo le pratiche di manipolazione sono diventate molto di moda - come il massaggio drenante dall’estetista o le terme nel weekend - è facile immaginare quanto i numeri siano cresciuti e quale sia il giro d’affari che vi gravita intorno. Così deve essere sembrata una buona idea, al conduttore Rai Massimiliano Ossini, sottoporsi in diretta tv alla delicata pratica di manipolazione delle vertebre cervicali, facendo inalberare i professionisti della salute, e scoperchiando il vaso di Pandora sull’osteopatia. Perché dei tantissimi italiani che ne fanno uso, la stragrande maggioranza non sa che attualmente non esiste un percorso di formazione standardizzato e verificato che consenta a tutti di sapere se ci stiamo facendo mettere «le mani addosso» da qualcuno che ha quantomeno studiato anatomia.

«L’osteopata, al momento, non deve necessariamente essere un medico, né un fisioterapista, non è obbligatorio che abbia una laurea e nemmeno un diploma» spiega a Panorama Alberto Momoli, presidente della Siot, Società italiana ortopedia e traumatologia. «È sufficiente che abbia frequentato una scuola di osteopatia, senza nemmeno un Ordine professionale di appartenenza. Questo genera molta confusione negli utenti. L’istituzione dei corsi di laurea, avviati quest’anno, può contribuire a normare meglio l’attività, ma il fatto di inserire l’osteopatia tra le professioni sanitarie ci preoccupa. La figura dell’osteopata è infatti molto controversa a livello mondiale, riconosciuta solo in Francia e Finlandia, ma non rimborsata dai servizi sanitari nazionali». Sarebbe stato più corretto, secondo Siot, inserirla come specializzazione nel corso di laurea in fisioterapia, che ha basi mediche e anatomiche: in questo caso poteva essere utile un corso biennale su una specialità focalizzata soprattutto su una valutazione più «olistica» del corpo umano, corso però rivolto a professionisti che hanno già una preparazione specifica in campo medico: «Se ho mal di schiena con dolore lombare e vado dall’osteopata» continua Momoli «come fa costui a sapere se non ho magari una colica renale in corso? O un aneurisma addominale? Questi signori fanno trattamenti manipolativi su persone che hanno patologie di cui non conoscono la causa».

L’osteopatia, nata a fine Ottocento negli Stati Uniti, si prefigge di curare non solo le patologie delle ossa, ma l’intero organismo. Chi la pratica, pertanto, tratta pazienti con endometriosi, problemi gastro intestinali, epatici, biliari, ma senza essere medico. Inoltre è bene sapere che, proprio perché non è un trattamento di medicina, non è riconosciuta dal Servizio sanitario nazionale, anche se esistono alcune realtà di esperimenti all’interno di qualche ospedale. Quello più conosciuto è stato sviluppato al Torrette di Ancona, dove hanno inserito osteopati che aiutano nel trattamento post chirurgico dei bambini del reparto di Cardiochirurgia pediatrica. Si parla genericamente di miglioramenti nella postura, nell’alimentazione, nello stato psico-fisico: mancano però dati scientifici, e siamo in totale assenza di trial randomizzati in doppio cieco. «Spesso gli osteopati pubblicizzano una letteratura di basso significato scientifico, e poco utile per definire la validità di una pratica» avverte Federico Chiodini, direttore Ortopedia e Traumatologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Però adottano una comunicazione talmente “forte” e convincente che i pazienti vanno da loro prima di recarsi dal medico: e lo fanno, nel 90 per cento dei casi, per il mal di schiena. Ma in questo modo ritardano le cure, ignorando che il mal di schiena in fase acuta non va assolutamente manipolato. E se hai un’ernia, toccando le vertebre può anche venire espulsa e farti finire in sala operatoria». Tutto è affidato quindi alla coscienziosità del terapista: ma se siamo incappati in un osteopata serio, oppure no, potremmo scoprirlo solo quando il danno è fatto. Una confusione che nuoce anche a loro: per questo, «off the record», gli osteopati ammettono che il danno di immagine creato dalla manovra di manipolazione in diretta tv è stato enorme. E confidano nel corso di laurea, al momento però istituito solo negli atenei di Verona e Firenze. A quel punto che ne sarà degli oltre 10 mila osteopati che praticano nel nostro Paese? «È evidente che qualsiasi persona deputata al “trattamento” di un paziente debba avere un percorso chiaro, con conoscenze approfondite dell’anatomia e delle patologie» conclude Chiodini. «Spesso le università istituiscono corsi per dare un inquadramento a chi già esercita un mestiere: occorre capire se questo percorso è adeguato. Speriamo di non assistere a operazioni di “equipollenza” nei confronti di chi non ha una formazione seria, soprattutto confidiamo nell’istituzione di un vero albo professionale, che sia responsabile della formazione e della valutazione». Nell’attesa, con un mal di schiena in corso, la cosa migliore è solo una: chiamare un medico.

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Maddalena Bonaccorso