Pothos, la pianta contro l'inquinamento in casa
Pothos, o Potos, è una pianta omnipresente nelle abitazioni. L'azienda francese Neoplants ha modificato geneticamente il Dna della pianta per renderla capace di assorbire le sostanze inquinanti degli ambienti chiusi
Tutti l’hanno vista, pochi l’hanno notata, quasi nessuno ne conosce il nome. Pothos, o Potos, nell’accezione comune, Epipremnum aureum nella nomenclatura di Linneo. È una pianta dalle foglie verdi con sfumature gialle, omnipresente nei condomini, uffici e abitazioni che si accontenta di poca luce e resiste a varie condizioni sfavorevoli. Assurge agli onori della cronaca perché un’azienda francese, la Neoplants, ne ha modificato geneticamente il Dna per renderla capace di assorbire le sostanze inquinanti degli ambienti chiusi. Significa che se ne abbiamo una in casa respiriamo aria più pura.
Potrebbe sembrare una questione da poco ma non lo è affatto. Alcuni mesi fa, un report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha avvertito che l’inquinamento domestico ha causato 3,2 milioni di morti nel 2020, incluse 237mila decessi di bambini sotto l’età di cinque anni, ed è responsabile di malattie quali ictus cerebrale, cardiopatie ischemiche, broncopneumopatia cronica ostruttiva e tumori al polmone.. Siccome si calcola che nelle nazioni industrializzate la maggior parte della popolazione trascorre dall’80 e il 90 per cento del proprio tempo in locali chiusi (scuole, uffici, ospedali, ecc.), e con la diffusione del lavoro da casa questo numero di queste persone aumenta, è facile rendersi conto non solo che l’inquinamento domestico è più pericoloso di quello all’esterno, come dicono i numeri, ma è destinato a mettere la nostra salute sempre più a rischio.
Forse è bene fare alcuni esempi per spiegare il fenomeno. Partiamo dalla cucina. Nelle griglie spargi- fiamma si accumulano residui di cibo incombusto che continuano a bruciare anche quando spegniamo la fiamma e che rilasciano idrocarburi polinucleari aromatici. Questi ultimi, se permangono nell’ambiente domestico per molto tempo possono addirittura provocare danni al Dna, inducendo modificazioni genetiche. Quello che occorrerebbe fare è rimuovere con uno spazzolino a setole dure i residui oppure, nelle cucine moderne a induzione, pulire bene il piano della cucina una volta spenta. Le stufe a cherosene, i caminetti dal tiraggio difettoso, specialmente quando non viene effettuata la revisione, le sigarette nei posacenere, sono anch’essi fonte di idrocarburi polinucleari insaturi
Un'altra potente fonte di inquinamento dentro casa sono i cosiddetti Voc, una vasta categoria di composti organici volatili prodotti dalle carte da parati, le colle di mobili, le vernici, gli smalti e i truciolati. Studiando questi materiali, che spesso si trovano custoditi in contenitori nei nostri ripostigli, si è visto che l’emissione di Voc è alta per sei mesi in tutti questi composti tranne uno, che resta costante nel tempo, la formaldeide. Presente nella colla dei mobili, nelle vernici, in molti disinfettanti e perfino nelle magliette di cotone, la formaldeide causa astenia, mal di testa e quella forma di malessere generale tipico di quando stiamo a lungo in un ambiente chiuso.
Rimedi contro i Voc ce ne sono molti. Prima di tutto, occorrerebbe non tenere mai dentro casa vernici o disinfettanti che contengono formaldeide (qui è importante leggere bene le etichette all’acquisto). Poi in molti casi basterebbe non lasciarsi influenzare dalle numerose pubblicità e sostituire certi disinfettanti con prodotti naturali. I sali quaternali di ammonio sono eccellenti per disinfettare i locali; il bianco di spagna, che si vende a prezzi economici nelle ferramenta, lo si può usare diluito con acqua, ammoniaca e un cucchiaino di detersivo liquido per la pulizia di vetri, argenteria e ottoni; l’aceto bianco al posto degli smacchiatori è efficace nelle macchie sui tappeti; l’amido di mais dovrebbe sostituire il talco nei bagni, che è dannoso quando respirato.
Se uno proprio ha bisogno di acquistare vernici e solventi, dovrebbe tenerle in locali arieggiati, meglio in un armadietto sul terrazzo, se è possibile. E se c’è una stampante in casa o ufficio, il cui toner contiene una polvere finissima di particelle di carbone, ossidi di ferro e resina, sempre sistemarla fuori dalla stanza dove stazioniamo. In ogni caso le bombolette a stantuffo sono preferibili agli spray che saturano l’ambiente e al posto degli insetticidi uno potrebbe usare tabacco macerato in acqua. Per esempio, i detersivi per forni contengono spesso tensioattivi, solventi organici, soda caustica e monoetanoloammina che vengono sparsi nell’ambiente se in formato spray. Per i danni che provoca alle cellule polmonari, un altro pericolosissimo inquinante, è il radon, gas nobile prodotto per decadimento nucleare dal radio, che a sua volta proviene dall’uranio. Essendo diffuso nella crosta terrestre, lo ritroviamo in materiali da costruzione quali cementi, tufi, pozzolane e graniti. Qui l’unico rimedio è, oltre la ventilazione, la chiusura delle fessure e di tutti quei punti di passaggio nei servizi che permettono la risalita del radon dal suolo.
La questione è comunque più complicata di come sembra. Ci sono cose che non sappiamo bene come l’entità del rischio delle polveri sottili PM2,5 prodotte dal cibo cucinato. Al momento non siamo in grado di quantificarle e non sappiamo bene come i comportamenti influiscono sui danni potenziali di tutte queste sostanze. Paradossalmente, quando il problema è ridurre l’inquinamento all’esterno, identificare le sorgenti di emissione è molto più semplice. Uno sa, per esempio, che certi mezzi di produzione di energia sono più dannosi di altri e allora adotta strategie per rimpiazzarli. In casa, allo stesso modo, uno potrebbe rimpiazzare le cucine a gas con quelle elettriche, con evidenti benefici per la salute, o potrebbe sostituire i deodoranti spray con quelli a stantuffo, oppure potrebbe prodotti anti-odore che contengono propano e butano con altri che contengono aria e azoto.
Ecco allora l’idea di usare le piante all’interno degli edifici sfruttando la capacità delle piante di assorbire e degradare gli inquinanti atmosferici si è diffusa a partire da qualche ani fa. Già l’università di Firenze aveva inventato un sistema costituito da struttura chiusa da vetri all’interno della quale sono state messe a dimora alcune piante. Attraverso un’intercapedine un aspiratore immette l’aria al suo interno e la forza a passare prima attraverso la terra. In questo modo le sostanze inquinanti vengono assorbite in prima battuta dalle radici e poi dalle foglie attraverso gli stomi, i pori sulla loro superficie. L’efficienza del sistema è stata misurata con uno spettrometro di massa dal Linv (International Laboratory of Plant Neurobiology) di Firenze ed è risultata essere del 97 per cento. Significa che sul totale di tutto lo spettro di inquinanti esistenti nel flusso di aria entrante, il sistema ne assorbe il 98 per cento.
Adesso i francesi hanno fatto un altro passo avanti con la modificazione genetica. La pianta di Potos modificata riesce ad assorbire sostanze come come benzene, toluene, etilbenzene e xilene convertendoli in zucchero e anidride carbonica (Co 2 ) proprio come avviene nella fotosintesi. La pianta viene venduta con un terreno arricchito con un additivo, il bioChar, all'interno di una struttura che massimizza il flusso d'aria. Nel kit c’è una confezione di tre Power Drops, cioè batteri che si aggiungono alla terra ogni mese per favorire l’assorbimento degli inquinanti. Il lancio del prodotto alla fine del 2023 con prezzo previsto intorno ai 160 euro.