La proteina che allunga la vita
Si chiama Klotho il gene regolatore della vecchiaia che promette di farci vivere meglio e più a lungo. Una scoperta che potrebbe essere alla base di nuovi farmaci.
Siamo sempre più un popolo di anziani e, grazie alla scienza e ai suoi progressi, rischiamo ormai di vivere anche troppo a lungo. Diciamo «troppo» perché se questi anni in più che ci vengono regalati e garantiti da buone cure, farmaci sempre più innovativi e assistenza ospedaliera di ottimo livello (l’Italia, secondo l’ultimo rapporto Ocse, vanta una delle più alte aspettative di vita dell’Unione europea) non equivalgono ad anni di effettivo benessere e di autosufficienza, allora arrivare a 90 anni, o anche di più, non risulta poi un grande affare.In questo scenario riscuote enorme interesse il settore della medicina anti-aging e rigenerativa, cioè di tutto ciò che si può fare nel campo della salute e della prevenzione per ritardare gli effetti dell’invecchiamento e del decadimento fisico, mentale e cognitivo. «La gerontologia, quella classica che si occupa di curare le patologie dell’anziano, esiste da una vita» spiega il neuroendocrinologo Ascanio Polimeni, direttore di Regen4Life Research Group. «Adesso però la nuova tendenza è la gero-science, la scienza dell’invecchiamento che studia come prevenire le patologie legate all’età cercando di modificare i percorsi e i meccanismi biologici della senescenza: non solo con l’obiettivo di favorire il benessere dei pazienti, ma anche con quella di abbattere i costi sociali legati a malattie croniche tipiche della terza e quarta età. La ricerca, nel campo delle molecole con forza geroprotettiva, ha avuto una grande accelerazione».
Uno degli elementi fondamentali di questa branca della medicina è la proteina Klotho, un gene regolatore dell’invecchiamento che, tra le altre proprietà, ha il compito di «attivare» le cellule staminali, ridurre lo stress ossidativo e tenere a bada l’infiammazione. Le è stato dato il mitologico nome di una delle tre Parche, le figlie di Zeus che decidevano il destino degli esseri umani, proprio perché il suo livello nel nostro organismo sembrerebbe essere direttamente collegato al benessere e all’aspettativa di vita: chi ha alti livelli di Klotho potrebbe, quindi, vivere più a lungo e in migliore salute.«La proteina Klotho» prosegue Polimeni «viene prodotta nel nostro organismo dal cervello, dai muscoli ma soprattutto a livello dei reni: la sua principale funzione è quella di proteggere il funzionamento renale, ma svolge un’azione benefica su tutti gli organi. Potrebbe essere un’autentica chiave di volta nella lotta all’invecchiamento: negli esperimenti sui topi è stato dimostrato che gli esemplari che avevano un alto livello di questa proteina apparivano più giovani, molto più attivi e con il pelo più lucido dei topolini con livelli inferiori di Klotho».Non è tutto, perché un importante studio pubblicato su Nature Aging ha dimostrato che un’unica somministrazione di proteina ai macachi anziani con perdita della memoria permetteva loro di ottenere subito risultati migliori nei test cognitivi. «Questi studi potrebbero aprire le porte a importantissime scoperte nel campo delle neuroscienze, perché non c’è motivo di pensare che gli effetti sull’uomo siano molto diversi» afferma ancora il direttore di Regen4Life. «Per conoscere quali siano i nostri livelli di Klotho si può fare un semplice test sul sangue o nelle urine. Il suo dosaggio ci serve come marker di età biologica, anche per monitorare gli stili di vita del paziente e quindi aiutarlo nel modificare le cattive abitudini che lo spingono a un invecchiamento più veloce e a maggiori rischi di patologie invalidanti».
Anche perché purtroppo, al momento, agire sugli stili di vita è l’unica cosa che possiamo fare, dato che Klotho rimane quasi solo una questione di fortuna: chi ne ha «di natura» in abbondanza può essere più ottimista riguardo a un invecchiamento sano e appagante, chi non ce l’ha può solo aspettare. La sua somministrazione, infatti, è consentita solo negli Stati Uniti, ed esclusivamente come cura in pazienti che presentino insufficienza renale. Sono però in corso indagini sia osservazionali che cliniche che potrebbero aprire la strada a quella «pillola della longevità» che l’umanità insegue da anni: studi che, oltre a concentrarsi su Klotho, stanno anche valutando la funzione gero-protettiva di alcuni farmaci contro il diabete, come gli inibitori dell’assorbimento del glucosio (per esempio, la metformina) così come i celebri Ozempic e Wegovy, utilizzati per dimagrire. «Nell’attesa che la scienza faccia un decisivo passo in avanti, sia sulla proteina Klotho che su altre molecole con azione anti-invecchiamento e su formulazioni farmaceutiche innovative» conclude Polimeni «possiamo cercare di migliorare il nostro stile di vita facendo più movimento, e mettendoci a dieta».Sperando che arrivi, anche per la vecchiaia come per l’obesità, quella super pillola che ci consentirà una straordinaria vita da centenari. O anche di più.