Così la sigaretta elettronica può aiutare la salute pubblica
Il suo rischio ridotto rispetto al fumo tradizionale è stato al centro della quarta edizione della «Ride 4 Vape»: quasi 200 chilometri in bicicletta, in un giorno solo, da un capo all’altro dell’Italia.
Ha voluto esagerare. Negli ultimi tre anni aveva coperto 700 chilometri spalmandoli su quattro giorni, raggiungendo Roma oppure sconfinando fino a Strasburgo. Stavolta, però, Umberto Roccatti ha alzato ancora di più la posta. Ha concentrato tutti gli sforzi in una volata sola: per la quarta edizione della «Ride 4 Vape» ha coperto 197 chilometri in meno di 7 ore, cimentandosi con un dislivello di 2.300 metri. Una faticaccia per unire simbolicamente l’Italia da un capo all’altro, dai dintorni di Pescara fino alla Capitale, superando quello scoglio immane e minaccioso che si chiama Gran Sasso. La salita delle salite.
«Per giunta, per 120 chilometri ho dovuto sopportare una pioggia battente e fastidiosa. Mi sono arrivate addosso quantità sfibranti di secchiate d’acqua» racconta Roccatti, che non è un Iron Man né un ciclista professionista (sebbene a questo punto meriterebbe il doppio titolo), ma il presidente di Anafe, l’Associazione nazionale dei produttori di fumo elettronico.
La maglia indossata da Umberto Roccatti durante la Ride 4 Vape
La sua impresa, ormai un appuntamento fisso, non è simbolica, né un virtuosismo fine a sé stesso. È la dimostrazione pratica, misurabile, anzi cronometrabile, di quali traguardi possa raggiungere un ex consumatore incallito di sigarette, che faceva fuori due pacchetti al giorno: «Da quando uso le sigarette elettroniche ho normalizzato il mio corpo. Mi alleno tanto, alla vigilia della corsa avevo all’attivo più di 3.500 chilometri. Ci vogliono disciplina e costanza, però non mi pesa. All’epoca in cui fumavo, questo sforzo mi sarebbe sembrato impossibile. Era inimmaginabile. Adesso appartiene alla mia routine».
Una salita durante la Ride 4 Vape
Sulla maglietta che il presidente di Anafe ha indossato lungo tutto il percorso si leggeva uno slogan che è stato il messaggio chiave di questa edizione: «Sigaretta elettronica = strumento di salute pubblica». Non una provocazione, tantomeno un concetto controintuitivo: «Il rischio ridotto è scientificamente provato. Studi indipendenti pubblicati su prestigiose riviste internazionali come Nature o documenti ufficiali come quelli dell’istituto di sanità inglese hanno concluso che le sigarette elettroniche e i liquidi vaporizzati hanno un grado di tossicità inferiore di almeno il 95 per cento se paragonati con le sigarette tradizionali. Ora è il momento di capire come utilizzare al meglio queste evidenze, a beneficio dell’intera società» ragiona Roccatti, che è anche vicepresidente di Ieva, l’Independent european vape alliance, l’organismo comunitario di rappresentanza del comparto.
L'arrivo di Umberto Roccatti davanti al ministero della Salute
Roccatti ricorda che il 91 per cento dei 12 milioni di fumatori italiani non vogliono abbandonare quest’abitudine oppure non riescono a lasciarsela alle spalle. I loro tentativi sono fallimentari, infruttuosi: «L’Italia rimane ai primi posti in Europa per il consumo di sigarette e si contano 90 mila morti l’anno». Così, il nostro Paese procede in direzione opposta rispetto a quanto vorrebbe l’Ue, che nel suo grande disegno per combattere il cancro intende «raggiungere entro il 2040 un tasso del 5 per cento di fumatori sul totale della popolazione. A oggi, siamo ancora al 23 per cento». Mentre il principio della massima precauzione, del divieto assoluto, non sembra dare risultati soddisfacenti.
Roccatti ha concluso la sua maratona sui pedali davanti alla sede del ministero della Salute. Assieme a una raccolta di studi indipendenti sugli impatti meno tossici della sigaretta elettronica sull’organismo, ha consegnato un documento riassuntivo di quanto si sta facendo all’estero: «Nel Regno Unito, per esempio, il ministero della Sanità ha deciso di offrire gratuitamente ai fumatori un kit di avviamento allo svapo, come parte di un programma governativo denominato “swap to stop”, cambia per smettere, che porterà la nazione a essere la prima completamente senza fumo entro il 2030».
È il medesimo obiettivo che Anafe vorrebbe vedere realizzato nel nostro Paese: «Fumare uccide ed è fondamentale non iniziare mai. Ma quando un fumatore diventa uno svapatore, perlomeno il rischio si riduce. Chiediamo l’apertura di un tavolo di discussione che coinvolga esperti e ricercatori: quelli italiani sono tra i migliori a livello mondiale. Non abbiamo nulla da perdere, soltanto da guadagnare».
Tra i freni allo sviluppo delle alternative di ultima generazione, si sottolinea spesso la necessità di proteggere i minori: «Sbarrare la strada ai giovani perché non diventino fumatori è sacrosanto. Proprio per questo motivo, la vendita delle sigarette elettroniche avviene in un circuito autorizzato e controllato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Chi sgarra, perde la licenza. Bisognerebbe concentrarsi sul commercio illegale, soprattutto sulle piattaforme social, perché è a quelle a cui i minori si rivolgono».
Roccatti è convinto dei suoi argomenti e li ripete con lucidità, pochi minuti dopo il traguardo, nonostante un’estenuante prova sui pedali. È evidente che il fiato non gli manca più.