Tumore al pancreas, cure e ricerca. A che punto siamo
Per anni poco considerato per via della sua bassa incidenza sulla popolazione oggi preoccupa per la sua violenza e letalità. ma la ricerca sta facendo passi avanti
Con la morte di Gianluca Vialli si sono accesi di nuovo i riflettori sul cancro del pancreas. Una malattia gravissima dall’esito mortale di cui ancora oggi si conosce davvero poco. Inoltre a preoccupare è che non colpisce più solo gli anziani ma anche i giovani e non esistono farmaci o terapie efficaci in grado di bloccare questo tumore anzi; solo da poco tempo si è scoperto che il sistema immunitario protegge le sue cellule invece di aggredirle portando i pazienti che ne sono affetti ad una aspettativa di vita massima di 5 anni.
«Il cancro del pancreas è una malattia particolarmente aggressiva - spiega il professor Giampaolo Tortora Direttore dell’Unita operativa complessa Oncologia Medica del Policlinico Agostino Gemelli di Roma - e nel 2030 potrebbe diventare la seconda causa di mortalità dopo il cancro al polmone mentre come frequenza di tumori era al 14esimo posto. Nel corso degli anni è stato poco studiato perché meno frequente rispetto agli altri tipi di tumore ma i dati di mortalità hanno attirato l'attenzione della ricerca in questi ultimi anni».
Quali sono le sue caratteristiche?
«Il tumore al pancreas ha caratteristiche particolari che spiegano i dati epidemiologici negativi. È un cancro che in molti casi viene scoperto solo quando ci sono già le metastasi. Il motivo è che il pancreas è un organo nascosto in profondità nell’addome e si esplora con approssimazione con l’ecografia. Questo tumore primitivo è spesso piccolo e i sintomi iniziali sono talvolta generici, soprattutto associati a disturbi digestivi. Non disponiamo poi di esami di screening di massa, è quindi difficile fare una diagnosi precoce. Spesso solo attraverso un tac o una risonanza magnetica e l'elevazione di particolari marker tumorali nel sangue può essere scoperto. Infatti solo il 20% di questi tumori sono operabili mentre il 60% sono metastatici già alla diagnosi. L’aspettativa di vita mediana è di circa il 10% a 5 anni».
Come reagisce il sistema immunitario?
«Il tumore è composto da un microambiente costituito da cellule che dovrebbero aggredire la malattia invece producono diverse sostanze che lo proteggono e lo rendono invisibile al sistema immunitario. Queste scoperte sono degli ultimi anni. Tutto questo spiega perché nel corso del tempo molti farmaci usati non funzionassero mentre erano efficaci con altri tumori».
Ora sta destando più allarme?
«Si perché la cosa preoccupante e che si è abbassata l’eta media, mentre prima colpiva soprattutto gli anziani oggi colpisce anche persone adulte più giovani come nel caso di Gianluca Vialli. Vialli è stato operato in Italia poi ha iniziato le cure e le ha proseguite in Inghilterra ed ha avuto un eccellente risposta iniziale ma la malattia si è ripresentata e una volta diventata resistente ai farmaci ha avuto un’accelerazione in questi ultimi mesi».
Quali sono i fattori di rischio?
«La componente ereditaria non supera il 10% e tra i fattori di rischio troviamo il fumo responsabile al 25%, l’abuso di alcol ma anche una dieta ricca di grassi e zuccheri e malattie come il diabete mellito è l’obesita possono incidere. Ma ci potrebbero essere anche altri fattori che non abbiamo identificato. È possibile che sostanze contaminanti ingerite dall’ambiente possano avere un ruolo ma ad oggi non si ha alcuna certezza. Secondo gli studi epidemiologici il tumore del pancreas in Italia è diffuso in modo omogeneo nelle regioni un po’ di meno al sud rispetto al nord forse dipende anche dall’alimentazione e dagli stili di vita».
Come viene trattato?
«Questo tipo di cancro viene trattato con la chemioterapia. Mentre la ricerca procede in diverse direzioni, soprattutto verso l’area immunoterapica con nuovi farmaci e con i vaccini a fini terapeutici, dei quali diversi in fase di studio, anche uno recente sviluppato nei laboratori a Torino».
L'ospedale Molinette di Torino guida il progetto finalizzato a validare Eno3pep come vaccino di seconda generazione, virtualmente somministrabile a tutti i pazienti con tumore pancreatico. Grazie ad una combinazione tra vaccino e chemioterapia tradizionale, i ricercatori del Dipartimento universitario di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute del Centro Ricerche in Medicina Sperimentale (CeRMS) della Città della Salute di Torino hanno dimostrato come sia possibile contrastare la progressione del tumore al pancreas, definito “big killer” per la sua aggressività. I risultati di questo studio sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista internazionale Journal for ImmunoTherapy of Cancer, ponendo le basi per una nuova strategia terapeutica. Lo studio dopo una serie di esperimenti ha evidenziato come il trattamento con il chemioterapico gemcitabina sia in grado di causare un aumento di anticorpi e linfociti T anti-tumore e di migliorarne l’efficacia funzionale contro molte proteine espresse dal tumore stesso. In particolare, i ricercatori hanno osservato che nei pazienti la chemioterapia stimola la risposta immunitaria non solo contro ENO1, ma anche verso altre proteine, quali FUBP1, C8K2 e G3P, tutte presenti ad elevati livelli nel tumore pancreatico.I risultati hanno dimostrato che il trattamento combinato è più efficace della somministrazione della sola vaccinazione con ENO1 nel bloccare la progressione neoplastica e nello scatenare una forte risposta immunitaria, soprattutto da parte dei linfociti T antitumore.Questi risultati aprono una promettente nuova via per il controllo della progressione del tumore del pancreas.