Vaccino Moderna, buone notizie. basta un quarto di dose
Uno studio dimostra come il vaccino americano funzioni molto bene anche con una dose minore. E questo significa avere più dosi a disposizione
Non ci aspettavamo da un virus considerato stagionale un rialzo dei contagi in piena estate. Ma va tenuto conto che il "comportamento" di questi microrganismi dipende anche da altri fattori, quali il comportamento degli ospiti (noi stessi), la loro evoluzione (le varianti) e la percentuale della popolazione immunizzata.
Proprio sui vaccini continuano ad arrivare notizie che smentiscono o correggono studi precedenti. L'ultimo esempio viene da uno studio anticipato da Nature secondo il quale basterebbe un quarto di ciascuna dose di Moderna per ottenere la protezione anticorpale di lunga durata necessaria.
Quello che è successo è che in origine gli esperimenti per valutare il vaccino Moderna erano stati effettuati con dosi di 25, 100 e 250 microgrammi. Su quella base era venuto fuori che la dose di 250 microgrammi si rivelava tossica e quella di 25 dava la risposta più debole. Si optava dunque per la dose di 100 come scelta di compromesso che veniva approvata in numerosi Stati: gli effetti collaterali erano gestibili e la risposta immunitaria fortissima.
Il dubbio che bastasse una dose minore era rimasto, tanto che gli scienziati avevano monitorato nel tempo gli individui del campione che avevano ricevuto 25 microgrammi. Quello che hanno scoperto a distanza di tempo è che, sei mesi dopo il richiamo con 25 microgrammi, questi individui avevano sia anticorpi neutralizzanti, che hanno come obiettivo i virus stessi, sia cellule T capaci di distruggere le cellule infette. E il numero di questi anticorpi non era minore di quello che era stato misurato negli individui con dosi maggiori di Moderna.
Questo risultato ha conseguenze importanti riguardanti due aspetti: gli effetti collaterali e la mancanza di vaccini. Al momento, su un buona percentuale di individui, il vaccino Moderna determina dopo la prima dose un leggero malessere, con dolori alle ossa, aumento delle temperatura e male al braccio dove è stata fatta l'iniezione. Alla seconda dose questi sintomi sono spesso peggiori con stanchezza, dolore alle ossa e aumento delle temperatura, e perdurano fino a 36-48 ore dopo l'iniezione. Tutto fa pensare che una dose minore possa avere un impatto più lieve, recando meno disagio a molti.
L'altro aspetto, quello del risparmio delle dosi non è meno importante. Simili studi riguardanti altri vaccini potranno dare simili verdetti: per esempio ci si aspetta da uno studio belga la conclusione che del vaccino Pfizer-Biontech basti una dose minore. Le previsioni sono quindi quelle di una maggiore disponibilità di vaccini per affrontare le sfide globali che abbiamo di fronte.
Non bisogna pensare che questo tipo di scoperte siano insolite. Per esempio, nel caso della febbre gialla, fu grazie a una riduzione di dose nel 2016 che milioni di persone furono vaccinati nei Paesi meno sviluppati. Su quell'esempio ci si aspetta che venga impostata una nuova strategia che faccia fronte alla limitata quantità di vaccini.
La notizia possibile che anche nel caso di Pfizer-Biontech le dosi tuttora somministrate sono superiori non farà che indispettire coloro i quali hanno assistito a una lunga serie di dichiarazioni e smentite riguardanti i vaccini. Il caso di quello Astra Zeneca, per esempio, non può essere spiegato solo sulla base dei meccanismi della ricerca scientifica, che vede scoperte e smentite nel suo processo. Vi sono stati anche errori di comunicazione nel non tenere conto della provvisorietà dei risultati.
Aveva ricevuto l'approvazione dell'Ema il 29 gennaio 2021 con l'indicazione di due dosi, per tutti gli individui maggiori di 18 anni, a distanza di 12 settimane. In Italia la raccomandazione fu di somministrarlo agli individui tra i 18 e i 55 anni per mancanza di dati tra le fasce più anziane. Il 22 Febbraio l'età veniva innalzata in Italia a quella da 55 a 65 anni e l'8 Marzo fino a includere individui sopra i 65 anni, se non estremamente vulnerabili. Dopo i casi di trombosi, la sospensione. Poi la ripresa delle somministrazione il 18 marzo. Di lì a poco, Germania, Francia, Svezia, Olanda, Finlandia, Islanda e Canada sospendevano le somministrazioni sotto i 60 anni e il 6 Aprile l'università di Oxford annunciava la sospensione della somministrazione del vaccino sui bambini.
Altri dietrofront riguardano la distanza di tempo tra le dosi dei vaccini. Per esempio, differenti nazioni, Regno Unito in primis, hanno deciso ritardi tra una dose e un'altra di due vaccini per far fronte alla scarsità. E l'8 gennaio scorso l'Organizzazione mondiale della sanità ha dovuto raccomandare esplicitamente sei settimane tra una dose e un'altra. Aggiungendo "Questa è l'evidenza che noi abbiamo", affermazione che pareva suggerire che anche le prove stesse sono relative.
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