Salvini e Di Maio, l'idea di trattare Mattarella come un passacarte
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Salvini e Di Maio, l'idea di trattare Mattarella come un passacarte

Lega e Movimento 5 Stelle hanno dimostrato di non rispettare il ruolo del Capo dello Stato e le sue prerogative previste dalla Costituzione

Se il governo Conte è fallito la colpa è solo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini

Sergio Sergio Mattarella ha voluto ribadire l’incapacità degli attuali leader di muoversi in un contesto istituzionale. I decreti di nomina di tutti i ministri proposti erano pronti, ma sul Ministro dell’Economia non c’è stato verso di far cambiare idea ai partiti, neppure di fronte all’alternativa di Giancarlo Giorgetti, uomo forte della Lega più volte indicato per un ruolo di prestigio nell’esecutivo giallo – verde.

Perché il nome di Savona ha fatto saltare tutto

Sul nome del Prof. Paolo Savona e sulle sue posizioni anti europeiste si è consumato lo scontro istituzionale, che ha costretto Mattarella a difendere e ribadire anche con rigidità le sue prerogative più volte calpestate nelle ultime settimane.

A chi lo accusa di “colpo di Stato” e di aver calpestato la volontà del popolo, bisognerebbe ricordare che lo strappo è nato dal fatto di aver trattato la prima carica dello Stato come un passacarte senza facoltà di intervento.

Domenica Mattarella, registrando l’impossibilità di un accordo su un solo nome di quelli proposti, si è posto al centro dell’azione politica in difesa dei trattati internazionali, dei risparmiatori e dei mercati, ma anche della Costituzione tanto evocata in queste ore dai leader ai quali devono essere sfuggiti gli articoli sui poteri del Capo dello Stato in Italia.

Perché Cottarelli convince i mercati

È stato più facile far saltare il tavolo adducendo la colpa al "sistema", "ai poteri forti", ma per il Quirinale il tempo dei "giochetti" è scaduto da un pezzo. Per capire quello che accadrà nei prossimi mesi bisogna tornare al discorso di venti giorni fa quando Mattarella ha annunciato di voler dare al Paese un governo neutrale, in grado di rappresentare l’Italia nei prossimi appuntamenti internazionali (tra cui un imminente G7 canadese) e l’uomo designato dal Colle per questa missione estrema si chiama Carlo Cottarelli.

Al termine dell’ultimo giro di consultazioni andato a vuoto, Mattarella si impegnava a dare al Paese un governo di non politici a tempo e che non si sarebbero candidati a fine esperienza.
L’uomo designato dal Colle in queste ore, Carlo Cottarelli  - conosciuto in Italia soprattutto per la sua attività come ex Commissario per la revisione della spesa, con una esperienza anche al Fondo Monetario internazionale -  ha recentemente pubblicato un libro "I sette peccati capitali dell’economia italiana" (Feltrinelli), che oggi appare come un manifesto programmatico.

Tra le sette difficoltà individuate dall’economista ci sono l’evasione fiscale, la corruzione, l’eccessiva burocrazia, il divario nord – sud, la lentezza della giustizia. Molti dei punti trattati da Cottarelli sono affini al programma del Movimento 5 stelle e questo potrebbe giocare bene in sede parlamentare dove il governo del Presidente può contare su appena 151 voti.

La posizione di Cottarelli sull'euro

Nel libro di Cottarelli c’è un capitolo intitolato “Difficoltà a convivere con l’euro” che si apre con una citazione del blog di Beppe Grillo: "ora puoi scegliere tra vivere e morire".

Le prime righe sembrano rispondere a distanza alle polemiche di queste ore sul veto quirinalizio al nome di Paolo Savona e su quali siano le ragioni che hanno portato al nome di Cottarelli.

Scrive Cottarelli: "Non lasciatevi ingannare dalla citazione è provocatoria.  Io credo che sia meglio vivere nell’euro, piuttosto che vivacchiare fuori. Certamente dobbiamo cambiare per vivere meglio nella moneta unica".

Di Maio e Salvini accusano Mattarella di aver bocciato il nome di Paolo Savona per una questione di opinioni divergenti. Ma l’opinione in questione riguarda un punto fondamentale che mette in discussione l’appartenenza dell’Italia nell’Euro.

Una questione che non è stata mai neppure discussa nei programmi elettorali e sulla quale gli elettori non si sono espressi, e che quindi non può certo essere inserita per nomina ministeriale.

È probabile che l’ex commissario si presenti alle Camere con una serie di azioni per intervenire sui punti indicati nel libro per raccogliere una maggioranza che attualmente appare impossibile.

Ma anche in caso di sfiducia, il paese avrebbe comunque un governo incaricato in grado di rappresentare l’Italia nei tavoli internazionali e traghettarla fino alle prossime elezioni. Un governo che finalmente possa mettere mano al Documento di Economia e Finanza (Def), atteso a Bruxelles già a fine aprile.

Un'aspra stagione politica

Quella che si prospetta è comunque un’aspra stagione parlamentare, che elezioni o no, vedranno il Capo dello Stato al centro della partita politica.

Giorgia Meloni ha annunciato la messa in stato d’accusa del Capo dello Stato, Di Maio si è limitato a dire "non finisce qui", mentre Salvini ha espresso la sua rabbia con un "sono incazzatissimo".

Ma se le due forze antisistema avessero ceduto sull’unico punto su cui il Quirinale ha imposto le sue prerogative, domani l’Europa avrebbe assistito alla nascita del primo governo antisistema d’Europa, con il plauso di Le Pen e Putin. Invece, solo chi non conosce il compromesso possibile, che in politica è un’arma indispensabile, alla fine rimane vittima di se stesso.

Certo è che in assenza delle opposizioni che in queste settimane hanno latitato, lasciando isolato il Quirinale, le forze populiste italiane sono destinate a stravincere alle prossime elezioni e allora non avranno più scuse per non governare.

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Sara Dellabella