San Luca, ritorno al passato
Viaggio nel paesino calabrese dove la politica sembra essersi ancora piegata alla criminalità organizzata
Nel paese aspromontano che dirada verso il Mare Jonio e che ha dato i natali a Corrado Alvaro considerato uno dei più importanti intellettuali del Novecento, nessun cittadino ha presentato la propria candidatura alle elezioni comunali dei prossimi 8 e 9 giugno. Risultato: l’attuale sindaco, Bruno Bartolo -eletto nel 2019 in una tornata elettorale che ebbe del “miracoloso”, sfidando il noto massmediologo Klaus Davi- reggerà il Comune sino al prossimo 9 giugno, poi lascerà e al suo posto, nella miglior tradizione da manuale di diritto amministrativo, la Prefettura di Reggio Calabria investirà un commissario per la gestione ordinaria e provvisoria del comune fino alle prossime consultazioni.
Per il massmediologo Klaus Davi, “calabrese acquisito”, «occorre continuare a smuovere le coscienze anche con i media».
Per l’antropologo ed etnologo calabrese Mauro Francesco Minervino, «la Calabria contemporanea è una terra in cui spesso la realtà supera ogni paradosso».
Nel 2019, dopo che nel corso dei precedenti 11 anni le urne erano andate puntualmente deserte, si era gridato al miracolo quando a sfidarsi erano stati, appunto, Bruno Bartolo già vicesindaco, ex infermiere e poi ideatore della Fondazione intitolata al poeta Corrado Alvaro, e Klaus Davi, massmediologo, opinionista tv, che calabrese non era neanche lontanamente, essendo addirittura nato in Svizzera. Fantascienza socio-politica per il piccolo borgo aspromontano, noto alle cronache per la lunga scia di sangue conosciuta come “Faida di San Luca”. Paese dei sequestri, prima, e della terribile strage di Duisburg, dopo, visto che proprio da questo borgo pedemontano partirono i killer alla volta della Germania: nel giorno di Ferragosto del 2007 piombo e terrore risuonarono tra i 500 mila abitanti di questa placida città della Renania settentrionale-Westfalia. Fu con il sangue, dunque, che si lavò la faida tra le famiglie Pelle-Vottari e Nirta-Strangio, marchiando indelebilmente il borgo natìo di Corrado Alvaro..
Bruno Bartolo, sindaco uscente, avrebbe potuto ricandidarsi per un secondo mandato, soprattutto perché per 5 lunghissimi anni (una dilatazione temporale enorme da queste parti) aveva riportato alla ragione del diritto uno dei luoghi più martoriati della splendida terra di Calabria. E invece, a favore di media, ha dichiarato di abbandonare «a malincuore la guida del Comune e mi dispiace di lasciare tante cose incompiute, ma non c’erano le condizioni. Il prossimo 21 maggio incontreremo i cittadini e spiegheremo le ragioni per le quali non abbiamo deciso di candidarci». Rumors sempre più insistenti dicono che a lasciare lo avrebbe spinto, soprattutto, il vuoto in cui si sarebbe trovato ad operare dopo i proclami trionfalistici dei primi mesi, quando dopo essersi trovato circondato da affetto e promesso di vicinanza anche istituzionale, avrebbe sperimentato una solitudine difficile da colmare con la sua sola squadra amministrativa.
Intanto il battagliero Klaus Davi, uno che la ‘ndrangheta reggina l’ha sfidata a viso aperto, non si tira indietro
A San Luca purtroppo non si voterà: che idea si è fatto?
«Amarezza e tristezza perchè nel 2019 mi ero battuto per superare l’impasse che si era creata: non c’era, all’epoca, una lista di candidati alternativi a quelli di Bruno Bartolo, per cui -restando coì le cose- San Luca sarebbe rimasta impantanata. Mi gettai a capofitto in quell’avventura e, nonostante tutti me l’avessero sconsigliato, riuscimmo nell’impresa di presentare la nostra lista “Klaus davi Sindaco” che raccolse 137 voti, il 10% degli aventi diritto. Fu, ovviamente, un segnale politico, nulla più, perché la mia compagine perse le elezioni contro la lista “San Luca ai sanluchesi” di Bartolo, ma intanto, a San Luca aveva trionfato la democrazia. Oggi, dopo appena cinque anni, la comunità ha fatto un balzo all’indietro di un quindicennio: non ha perso solo San Luca, ma lo Stato…».
Ecco perché, pur sconfitto alle elezioni, aveva dichiarato trionfalmente di aver vinto la sua battaglia per la Calabria e per l’Italia!
«Lo dissi a chiare lettere: “La mia scelta è stata un atto di amore, per la Calabria e per l’Italia. Non fa bene agli italiani avere porzioni di territorio che funzionano a velocità diverse”. Eccolo lo snodo: aveva vinto lo Stato! Nessun candidato c’era solo fino a qualche mese prima. Ora sembra tutto evaporato, compresa quell’atmosfera di rinnovata concordia sociale, ma non demordo neanche questa volta perché oltre la vita politica esistono tante altre attività socio-culturali che mi danno la forza di andare avanti. Continuo a considerare la Calabria una sorta d’terra promessa” continuamente dimenticata».
Le diedero del folle, alle falde dell’Aspromonte: la guardarono come un extraterrestre, uno straniero venuto a farsi propaganda, a scompaginare la millenaria storia locale….
«Fui attaccato all’inizio, potendo apparire un pericoloso corpo estraneo. Invece mi ero (mi sono…) integrato nella “Calabresità” che mi ha letteralmente conquistato e travolto. Dopo 16 anni posso considerarmi un oriundo della vita socio-politica locale».
Chi la conosce e la stima si preoccupò non poco per la sua incolumità fisica: addirittura ebbe anche il coraggio (l’ardire?) di affrontare, nel centro di Reggio Calabria, i rampolli delle storiche famiglie di ‘ndrangheta della città. Ne era consapevole?
«Le sporadiche minacce di pallottole inviatemi, in Calabria come a Milano, segnarono l’inizio di quell’avventura: la ‘ndrangheta è diventata più intelligente, e più subdola. Ti affronta meno, ti infiltra di più… Un solo episodio inquietante, mi allarmò: a salvarmi da un attentato furono i Carabinieri che mi avvertirono praticamente la Vigilia di un Natale di pochi anni addietro… Indagini ancora in corso».
E adesso?
«Non ho fermato la mia attività pubblica e politica, ovviamente. Ci sono le elezioni europee, le comunali di Reggio fra un anno e mezzo, e, sinceramente, ci sto seriamente pensando. Continuo, da giornalista e comunicatore a cercare di smuovere le coscienze, ma avverto ancora la marginalità con cui questa terra sia ancora trattata da parte dell’opinione pubblica. E non solo…».
Ma anche la cultura calabrese ha commentato con allarme la vicenda di San Luca. Come Mauro Francesco Minervino, professore di Antropologia culturale e Etnologia da anni prestato alla letteratura, con saggi che hanno letteralmente inciso sulle coscienze dei calabresi.
San Luca anno zero! Ci risiamo…
«E’ sempre molto difficile capire davvero cosa succede da quelle parti. Bisognerebbe conoscere i fatti molto da vicino. E certo non basta più il solito appello alla solidarietà democratica per la lotta alla mafia. C’è -credo- il rischio di una remissione totale dei diritti di cittadinanza, che con la ripetuta rinuncia al voto e ad eleggere rappresentati diretti, diventa palese. Mi sembra un danno proprio per quelli che anche lì lottano e resistono per la loro comunità, nonostante tutto. Alvaro che era nato lì a San Luca, parlava dell’“amore disperato del loro paese” che distingue i calabresi, ma scrisse anche che il torto peggiore che si può fare loro è abbandonarli alla “disperazione più grande”, quella di una società in cui “essere onesti sia inutile”».
Da buon antropologo ed etnologo, lei conosce anche i meccanismi socio-politici calabresi: il caso di San Luca pesa…
«Sì, è un fatto molto grave, un rischio di delegittimazione della vita civile che però non tutti avvertono come tale. Credo che cittadini, associazioni, la chiesa, i sindacati, i partiti (esistono ancora?), debbano davvero fare lo sforzo pur di essere maggiormente presenti con rappresentanti qualificati proprio nei territori critici come San Luca, e lavorare di più dentro quelle comunità. Anche lo Stato deve fare più incisivamente la sua parte per riportare credibilità e fiducia. C’è bisogno di grandi investimenti nella scuola, nell’educazione, nella cultura, nella creazione di opportunità di cooperazione e di lavoro. I cambiamenti veri si creano solo così. Se ci sono esempi positivi vanno incoraggiati e rafforzati dai poteri pubblici».
Anni fa con Marc Augè (scomparso lo scorso anno, nda) -già Directeur d’Etudes presso l’Ecole Des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, uno dei massimi antropologi contemporanei- ci aveva guidato, nella prefazione a un suo libro, a conoscere le pieghe della società calabrese che continuava a rimanere “In fondo a Sud”…
«Guardi, il Sud è un luogo complesso, che spesso sfugge alle categorizzazioni. E dentro il Sud la Calabria contemporanea è una regione sorprendente, dove la realtà spesso supera ogni paradosso, nel bene e nel male. L’eterogenesi dei cambiamenti in atto è quasi sempre superiore all’immaginazione di cui è il risultato. Questa specie di mondo sottosopra prima o poi, però, deve trovare un suo punto di pareggio, una qualche forma di equilibrio, altrimenti non se ne esce. Da un lato c’è la regione dichiaratamente più povera, disperata e disamministrata d’Europa, con gli ultimi dati Istat che lo confermano: i paesi continuano a spopolarsi nonostante le grandi risorse storiche e naturalistiche dei territori, contesti di grande bellezza convivono accanto ad aree degradate e minacciate da incuria e scempi».
Ma c’è anche un’altra Calabria…
«Quella delle università che lavorano sulle frontiere dell’innovazione e dell’IA, laboratori che formano centri di ricerca all’avanguardia, ci sono giovani colti e preparati che lanciano start up innovative, centri di produzione culturale e artistica che dialogano col mondo, eppure l’emorragia di migliaia di laureati e di giovani che devono emigrare altrove in cerca di futuro è continua e sempre più grave, anche per le sue conseguenze demografiche e di impoverimento della vita civile
Più ombre che luci, San Luca a parte
«Non abbiamo più una sanità pubblica e nemmeno trasporti e infrastrutture da paese Europeo, nonostante gli sprechi di risorse e i finanziamenti per progetti faraonici di grandi opere. Credo che questo lavoro di riequilibrio della realtà e emersione della verità per il cambiamento, un lavoro improrogabile di normalizzazione della vita che ci permetta finalmente di avere un futuro come società civile, spetti in primo luogo ai cittadini, ai calabresi tutti. E’ una responsabilità a cui non si può più sfuggire, non solo San Luca…».
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Klaus Davi (Biel, Svizzera, 1965), scrittore, imprenditore e giornalista ha iniziato l’attività giornalistica all’Unità come collaboratore, per passare al Corriere della Sera dove si è occupato delle pagine dedicate all’università. Sono seguite le collaborazioni ai settimanali Panorama e L’Espresso ed al quotidiano La Stampa. è noto al grande pubblico per le sue apparizioni televisive (Domenica In, Tg3, Porta a porta). La sua agenzia di comunicazione Klaus Davi & Co. ha tra i suoi clienti diverse grandi aziende italiane e straniere. Ha creato su YouTube il canale «KlausCondicio», con interviste a personaggi dell’attualità (non solo politica). Attivo da molti anni contro il fenomeno della ‘ndrangheta ed in prima linea contro l’antisemitismo, è stato premiato da Tullia Zevi per aver elaborato la campagna pubblicitaria a favore del riconoscimento dell’8 per mille alla religione ebraica. Tra i suoi libri, I conta balle. Le menzogne per vincere in politica (Marsilio, 2006). Porca Italia. Cosa dicono (e pensano) di noi nel mondo (Garzanti, 2011), I killer della ‘ndrangheta, (Piemme, 2020)
Mauro Francesco Minervino, (Paola, 1959) ha insegnato in numerose università italiane e straniere, ed è attualmente professore di Antropologia culturale e Etnologia presso l’A.BB.AA di Catanzaro. Tra i suoi libri, “La Calabria brucia” (Ediesse 2008), Premio Internazionale Fondazione Carime per la Cultura Euromediterranea 2009; “Statale 18” (Fandango 2011); “Stradario di uno spaesato” (Melville 2017). Ha curato e tradotto in edizione integrale il libro di George Gissing, “Verso il Mar Ionio. Il Sud di un vittoriano” (Exòrma 2023). Ha vinto il Premio Internazionale di Filosofia Karl-Otto Apel 2014 e il Premio Nazionale Umberto Zanotti Bianco-Italia Nostra 2022. E’ autore di programmi Rai per Radio 3, Rai-Libro e Rai Educational, come “42° parallelo – Leggere il ‘900”, “Babele-Magazine” e “Le Meraviglie”. Collabora alla redazione della rivista “Nuovi Argomenti” ed è editorialista del “Corriere della Sera” – Corriere.it” su cui tiene la rubrica di commenti antropologici e approfondimenti culturali “Minimi Tropici”.