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(Ansa)
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Racconto di una serata a San Siro, uno stadio inadatto ai tempi ed alla gente

Il racconto della serata ad un concerto vissuta in un monumento storico ma ormai incapace di offrire i servizi basici per un discorso di umana e basica educazione. Dopo un decennio si parole al vento è ora di agire

Ci sono cose che, quando le vivi sulla tua pelle, ti aprono gli occhi perché nulla è come vedere e toccare con mano la realtà. Sono anni, almeno 10, che ti tanto in tanto torna d’attualità la questione dello stadio di Milano e del futuro di San Siro; anni di parole al vento durante i quali in altri paesi ne avrebbero costruiti 3 di stadi nuovi. Non a Milano.

Ieri sono stato allo Stadio «Giuseppe Meazza» di Milano per una delle 7 tappe del concerto di Vasco Rossi; biglietto di secondo anello, quindi una via di mezzo tra il salotto del primo anello ed il loggione del terzo, la solita democristiana via di mezzo. Piove. Con gli amici ci chiediamo se sia meglio avvicinarsi in auto e cercare un parcheggio o utilizzare la metropolitana. Ad aiutarci nella scelta 1 ci pensa un amico, andato la sera prima con la linea 5: «Ho aspettato 45 minuti in fila sotto la pioggia a fine concerto prima di poter entrare in stazione…». Ci avviciniamo quindi con l’auto.

Il concetto di «parcheggio selvaggio» non riesce del tutto a descrivere la fantasia con cui certi automobilisti sistemano le loro vetture. Il tutto senza un uomo dell’organizzazione, un agente della Polizia Locale, insomma qualcuno che provi a gestire un minimo il caos veicolare ed umano. Si entra.

Dopo i controlli si sale, a piedi. Ci sono due vie: la rampa (una lenta ed inesorabile salita) oppure delle scale. Optiamo per queste. Adesso, nessuno pretende il marmo bianco ma ormai il cemento grigio e liscio è diventato ricettacolo di sporcizia e luogo per sputi e pipì (passatemi il vocabolo nazional popolare) ormai diventata liquido integrato alla struttura. Vi chiederete come sia possibile che qualcuno trasformi una scala in un bagno. La risposta arriverà chiara una volta arrivati davanti ai servizi igienici. Al secondo anello ce ne sono pochi, la fila è da casello autostradale in agosto. Serve per abituarsi alla puzza. Per entraci infatti è necessario un certo coraggio e dei polmoni con una capacità tale da permetterti un’apnea di almeno 2 minuti, giusto nel tempo di espletare e scappare via. Son in molto quelli, soprattutto le donne, che la trattengono il più possibile proprio per evitare lo schifo. Carta igienica? Ridete pure…

La seconda necessità umana è il cibo. I bar al secondo anello sono tutti uguali. Tristi, davvero tristi. Sul bere nessun problema: la birra scorre a fiumi e non mancano acqua e bibite: promossi. Se invece ti capitasse di avere fame, cosa fisiologica per un concerto che inizia alle 20.45, ora di cena, hai una scelta vastissima. Si, di salse da mettere sull’hot dog. Avete capito bene. C’è un solo piatto nel menù, un würstel tiepido, posizionato su una sorta di fornetto-espositore che viene adagiato su di un panino pre-confezionato. qui ti puoi sbizzarrire tra 3 salse diverse e, addirittura, aggiunta cipolle. Chiedo anche quelle e vedo il barista afferrare un sacchetto di plastica estratto dal frigorifero… Chiedo spiegazioni… «Sono cipolle fritte precotte…». Certo che in caso di ingestione delle suddette avrei passato la notte in piedi ad occhi aperti rinuncio. Al secondo morso il panino finisce nel cestino, non perché sia schizzinoso, è proprio una questione di rispetto per il mio corpo. Intanto penso ai fortunati del primo anello cui è concessa addirittura la pizza, calda, al trancio. Stando così le cose mi immagino che al terzo anello vengano distribuite crocchette per cani…

Non c’è molto da scherzare in realtà.

Milano si ritiene, si autoproclama «eccellenza internazionale». La capitale economica del paese, la capitale mondiale della moda e del design. Milan ed Inter fanno parte della città, sono molto più di due squadre di calcio. Aggiungete poi il popolo dei concerti, che per una 20ina di volte corre al Meazza e capite come siano milioni, forse 6, quelle che frequentano l’impianto. E che meritano rispetto: dargli dei bagni degni di questo nome e qualcosa da mangiare altrettanto degno di questo nome è rispetto ed educazione.

Chi rinvia, chi crea problemi, chi non vuole una nuova struttura vive fuori dal mondo. Siamo messi talmente male che non interessa nemmeno dividere colpe e responsabilità. Il tempo delle parole è finito, anzi, il tempo delle prese in giro è finito.

Il sindaco Sala faccia oggi, non domani, quello che è in suo potere, anzi, che è un suo dovere: offrire ai milanesi ed al mondo uno stadio degno di questo secolo.

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Andrea Soglio