L'arroganza di chi vuole che il diritto di sciopero valga più del diritto a non scioperare
Si è discusso tanto dello stop dei giornalisti Rai e del fatto che Tg1 e Tg2 siano andati in onda lo stesso per «colpa» di chi ha manifestato un altro diritto: quello di andare al lavoro
Ieri si è tanto parlato dello sciopero dei giornalisti Rai di due giorni fa. Se ne è parlato per le ragioni, il presunto assalto del governo sull’informazione, se ne è parlato soprattutto per il fatto che malgrado l’astensione della maggioranza dei giornalisti dal lavoro il Tg1 ed il Tg2 sono regolarmente andati in onda. E su questo in tanti, tantissimi autorevoli colleghi e commentatori, si sono scagliati in maniera decisa con la seguente motivazione: «chi ha scioperato ha visto il suo diritto rovinato dal lavoro di pochi». Il concetto quindi sarebbe il seguente: se la maggioranza sciopera (non dipende dall’azienda o dall’attività) tutti gli altri non devono «sabotare» la chiusura di redazione o cancelli nel nome del diritto di sciopero.
Siamo davanti all’ennesimo esempio di diversità dei diritti, diversità soprattutto per peso ed importanza. Diversi anche per il loro essere democratici. Quindi il diritto allo sciopero è sacrosanto, intoccabile, bellissimo, fatto da gente perbene. Il diritto di non scioperare invece è cattivo, antidemocratico, per gente pessima (una volta erano detti «crumiri» oggi vengono definiti più semplicemente «di destra» che nel linguaggio di alcuni è l’offesa peggiore possibile).
Molti oggi parlano di Usigrai, di fallimento, del primo sciopero andato male per il potentissimo sindacato dei giornalisti della tv pubblica. Molti parlano male di quelli che hanno lavorato, dal direttore del Tg1 all’ultimo dei giornalisti che si è regolarmente presentato in redazione. Molti parlano dell’eccessivo peso della politica dentro i corridoi e gli studi di Viale Mazzini (una discussione cominciata il giorno stesso della nascita della Rai…e che non finirà mai a meno di vendita della Rai stessa). Chiacchiere inutili.
Ci piacerebbe che ci si limitasse tutti a ragionare su due questioni semplici. Primo: il diritto di sciopero è identico a quello di non scioperare; ha lo stesso valore, merita lo stesso rispetto. Secondo: la Rai è televisione pubblica, pubblica, di tutti. Non della politica, nemmeno di un sindacato (anche se di maggioranza).