Tre milioni di italiani schiavi delle "sette"
Negli ultimi anni si sono moltiplicate sette e 'nuovi culti', anche grazie alla crisi economica
In Italia sono presenti oltre 1.500 “sette” che hanno ridotto in "schiavitù" 3 milioni di persone tra cittadini italiani e quelli stranieri ma residenti nel nostro Paese. Santoni, guru, leader che in nome di un mondo migliore e di soluzioni “miracolose” per combattere la crisi economica e dei valori, riescono a manipolare psicologicamente migliaia di professionisti, casalinghe, operai e impiegati. Non esiste un profilo ‘professionale’ dell’ abusato che viene privilegiato dal capo della setta ma solamente soggetti “permeabili” alle filosofie illusorie proclamate dal guru.
I dati inquietanti sono quelli forniti dall’Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici che lavora il collaborazione con l’unica Squadra Antisette della Polizia di Stato con sede a Firenze. E questi dati non tracciano le 'microsette' ovvero quelle realtà minori di abusi psicologici condotti da santoni locali. “La nostra epoca è contrassegnata dalla carenza di certezze che spinge sempre più persone alla ricerca di risposte “certe”- spiega a Panorama.it,Patrizia Santovecchi, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Abusi Psicologici e direttore della rivista Profiling- questo produce continue richieste di spiritualità, armonia interiore e speranza. Insomma, uno scenario che induce a pensare che il momento d’oro per i “nuovi maestri” debba ancora arrivare”.
Presidente Santovecchi, in Italia negli ultimi anni si è assistito ad un aumento esponenziale delle sette. Secondo lei quali sono i fattori sociali che hanno determinato questo incremento?
“Oggi, come non mai, siamo di fronte a una società frantumata. I diversi piani del vivere e del sentire sociale sono in forte antagonismo fra loro: la politica, l’economia, la morale, la giustizia stanno diventando, sempre più, l’uno estraneo all’altro. In ognuna di queste sfere pare essere venuta meno ogni certezza della regola, ogni proposito comune, ogni idealità, ogni passione. Il tema della religiosità e della fede non fa eccezione. Quello dei “nuovi” culti è un fenomeno complesso che riflette da una parte i disagi e i bisogni dell’uomo del nostro tempo, dall’altra la gran confusione che regna su questi argomenti. Allontanati dalle religioni tradizionali, perché ritenute troppo compromesse con il potere, molti restano però interessati ad un messaggio spirituale, profetico, radicale e alternativo all’ordine e ai valori della società contemporanea. La riscoperta del sacro e del magico in un mondo in “frantumi”, diviene necessità ideologica per ricomporre quei brandelli di “umanità perduta”. Nei nostri giorni, infatti, si temono i rischi di un impoverimento esistenziale dell’uomo causato da una società dai contorni ambiguamente nichilisti. Sottolineare questo nichilismo è decisivo per caratterizzare l’indifferenza esistenziale dell’uomo odierno, che perse ormai le sue radici e sradicato dal suo ambiente vaga privo d’identità".
In che modo i leader delle sette reclutano nuovi adepti e in quali luoghi?
"Il reclutamento, oggi, avviene principalmente in quattro modi: 1) Qualcuno che bussa alla porta di casa; per strada, in stazioni o aeroporti; avvicinati “per caso” da reclutatori professionisti altamente addestrati. 2) In contesti famigliari per la potenziale recluta: a scuola, a casa, nei caffè, sul lavoro, agli avvenimenti sportivi, in chiesa. 3) Attraverso attività organizzate dal culto: conferenze, cene, seminari gratuiti di valorizzazione personale, ecc. 4) Attraverso Internet"
Quali sono le manipolazioni psicologiche più frequenti che vengono esercitate sugli adepti?
"La completa integrazione al gruppo si realizza a tappe, con una regia attenta a che ogni interesse sia sufficientemente riservato agli specifici bisogni dell’individuo. La sua immaginazione in questa fase viene sovraeccitata, subendo il fascino delle molteplici scoperte che ogni giorno sembra fare. Il neo adepto, pensa di aver trovato finalmente un gruppo dove gli viene donata amicizia istantanea da parte di una famiglia premurosa, nonché rispetto per i suoi apporti: “subisce” inconsapevolmente il classico “bombardamento d’amore”. Attraverso un programma quotidiano organizzato, crede di impadronirsi continuamente di abilità nuove e per di più “esclusive” del gruppo. In sostanza, una conoscenza personale che gli permetterà di migliorare la sua personalità e intelligenza e acquisire una nuova e migliore identità, così da aspirare ad una posizione sempre più rispettabile. L’adepto viene persuaso che nel gruppo troverà pace e sicurezza e le risposte adatte alle proprie esigenze spirituali. Diviene propria l’idea che quel particolare gruppo, al quale adesso si associa, rappresenti un progetto unico per il miglioramento politico, sociale o personale e che in seguito grazie anche al suo impegno l’intero mondo sarà migliore".
La crescente crisi economica può facilitare il proliferare di queste sette o di questi “nuovi culti”?
"La spinta verso le dottrine salvifiche e i gruppi che fanno proselitismo ha a che fare soprattutto con lo stile di vita, lo “sviluppo” socio-politico, la condizione psicologica. Dietro questo moltiplicarsi di realtà ”sacre alternative” ci sono sicuramente motivazioni che riguardano la trasformazione della società, l’incertezza verso il futuro, visto con costante e crescente timore. Di conseguenza vengono meno i centri di riferimento, le istanze indiscusse per una formazione razionale delle affermazioni. Questo si riflette in maniera fedele anche nel mondo del religioso. Non si può pretendere che la sfera dello spirituale resti esclusa da questa “corrosione” totale dei valori e degli ideali. È indubbio che la cultura stia vivendo in un profondo smarrimento, sia nel campo intellettuale che pratico. Oggi la nostra società va sempre più verso un politeismo dei “valori”, inducendo a un relativismo esasperato, a una non possibilità di accedere a verità definite di fondo per una risoluzione dei problemi esistenziali. Quando una società tende a considerare una certa “pratica religiosa” sullo stesso piano di un’altra, senza accertarsi prima, di quali procedimenti, leciti o no, il gruppo o il leader adoperi all’interno del culto, si realizza una privazione dei valori. E la verità perciò diviene quello che l’Io personale ritiene sia credibile. La conseguenza di questo relativismo getta le persone nella confusione e nella perdita di sé e delle proprie radici. E’ un oblio dentro il quale, leader senza scrupoli ingrassano le loro fila, coniando ricette semplici, risposte “definitive” per la risoluzione delle incertezze, “capaci di far luce” nella confusione. Insomma, è un circolo vizioso".
Attualmente quante sono in Italia le sette che esercitano abusi psicologici tali da ridurre in schiavitù i propri adepti?
"Tante troppe e in numero sempre crescente. Si calcola che i “culti abusanti” siano circa 1500: si va dai piccoli gruppi che contano poche decine di persone, situati magari in una determinata provincia, a grandi raggruppamenti che contano diverse migliaia di adepti, spalmati su tutto il territorio nazionale. Gli aderenti perlopiù sono soprattutto persone sensibili e idealiste , non già le più “deboli”, come spesso si ritiene a lasciarsi entusiasmare dalle utopie di gruppi assolutisti. Sono persone che cercano altri, e alti, valori, un significato di vita immortale, persone che si scontrano con un mondo dove il successo sembra essere la misura di tutto, senza offrire, ai loro occhi, lo spazio sufficiente al senso religioso. Senza la disponibilità di questa ampia cerchia di popolazione, i fondatori dei culti si troverebbero davanti a tribune deserte. In realtà la nostra epoca, contrassegnata dalla carenza di certezze da una parte e dalla forte esigenza di risposte dall’altra, produce continue richieste di spiritualità, armonia interiore e speranza. Uno scenario che induce a pensare che il momento d’oro per i “nuovi maestri” debba ancora arrivare".
Un soggetto ridotto in schiavitù è consapevole del proprio “stato” di schiavo? E quanti di loro riescono a prendere consapevolezza del loro status e a ribellarsi?
"È importante capire che il reclutamento non avviene per caso. Quale sia stato l’approccio iniziale, il contatto personale viene prima o poi stabilito e il reclutatore inizia a cercare di conoscere tutto ciò che può riguardare il potenziale adepto: speranze, sogni e paure ma anche le frequentazioni, il lavoro e gli interessi. Più informazioni un reclutatore è in grado di raccogliere, maggiore sarà per lui la possibilità di manipolare. Chiunque può potenzialmente essere reclutato in un culto distruttivo, tutti abbiamo bisogno di amore, amicizia, attenzione e approvazione; inoltre abbiamo la convinzione di essere invulnerabili. Ciascuno di noi ha bisogno di credere di avere la propria vita sotto controllo: la sensazione che gli eventi possano sottrarsi al nostro dominio non ci piace, e così tendiamo a razionalizzare qualsiasi cosa affinché acquisti un senso”. Esiste, però, anche per l’adepto la possibilità di un’analisi critica che nel tempo può radicarsi e determinare la possibilità di un’evoluzione positiva, costruttiva, nella direzione di un affrancamento da posizioni pseudo esclusive o apparentemente elitarie, ma effettivamente ghettizzanti, marginalizzanti, prone all’altrui volontà. Nel momento in cui il meccanismo di controllo viene “scalfito” in uno o più modi e la realtà fatalmente si ripropone con tutto il suo portato, ad esempio un’informazione corretta riconosciuta quale imparziale o un problema di rilievo all’interno del gruppo, allora si viene a creare una frattura o discordanza tra la realtà e la percezione che il soggetto ha di tale realtà. Quando ciò accade, è possibile per loro riacquistare una sana prospettiva della vita. Questi ex adepti sono stati paragonati a dei sopravvissuti e, come tali, dovrebbero essere aiutati a rendersi conto della forza che hanno dimostrato. Se sono riusciti ad evadere dal culto, allora, potenzialmente sono in grado di farcela in qualsiasi altra situazione”.