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(Ansa)
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Sharon Verzeni: uccisa "a caso"

Per un mese si è cercato l'assassino tra conoscenti e ipotesi fantasiose, ma la verità sconvolge: la barista 33enne è stata vittima di un killer sconosciuto, era nel posto sbagliato al momento sbagliato

L'assassino di Sharon Verzeni ha finalmente un nome. Dopo un mese di indagini intense, gli inquirenti hanno arrestato l'uomo che, senza un motivo, ha messo brutalmente fine alla vita della giovane donna di Terno d’Isola. Moussa Sangare, un 31enne di origini ivoriane, nato a Milano e residente a Suisio, a pochi chilometri dal luogo dell'omicidio, è in stato di fermo: “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l'ho vista e l'ho uccisa," ha confessato l'uomo, lasciando gli investigatori increduli di fronte a una spiegazione così semplice e allo stesso tempo così terribile.

Sangare, disoccupato e indagato per maltrattamenti in famiglia, quella sera aveva tentato di accoltellare due ragazzi prima di Sharon ed era uscito di casa con 4 coltelli.

Ma quello che più colpisce è l'assenza di un vero movente. Non c'è stato un tentativo di aggressione sessuale, nessuna rapina, nessun rancore personale o legame con attività criminali o religiose. Sangare ha semplicemente scelto di uccidere, senza una ragione apparente, senza una logica che possa spiegare il suo gesto.

L'omicidio di Sharon Verzeni si è consumato nella notte tra il 29 e il 30 luglio. Quella notte Sharon, 33 anni, barista stimata e amata nella sua comunità, aveva deciso di uscire per una passeggiata notturna, come era solita fare. Mai avrebbe immaginato che quei pochi minuti di camminata l’avrebbero portata incontro alla morte.
La strada, solitamente tranquilla, quella notte si è trasformata in teatro di un delitto spietato. Moussa Sangare, un 31enne italiano di origini ivoriane, l'ha avvicinata senza preavviso, con in mente un unico obiettivo: uccidere. Sangare, non conosceva Sharon. Per lui, quella sera, non era che una sconosciuta che aveva incrociato la sua strada nel momento sbagliato.

L’aggressione è stata rapida e brutale. L’Ivoriano, armato di un coltello, ha inferto quattro coltellate a Sharon, colpendola in punti vitali e lasciandola a terra, agonizzante. Non c’è stato alcun tentativo di dialogo, nessun litigio che potesse far pensare a un crimine passionale o motivato dall’odio. È stato un atto di pura violenza, compiuto in pochi istanti, senza che la vittima potesse difendersi o comprendere ciò che stava accadendo.

Dopo aver commesso il delitto, l’uomo è fuggito in bicicletta, scomparendo nella notte. Le telecamere di sorveglianza lo hanno ripreso mentre si allontanava dal luogo del crimine, ma la sua identità è rimasta sconosciuta per diverse settimane fino ad oggi.

Le dichiarazioni dopo l’arresto di Sangare di Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto di Bergamo

"L’uomo, prima di uccidere Sharon Verzeni, ha minacciato due ragazzi. Dopo aver desistito con loro, ha incontrato la vittima. Colgo l'occasione per fare un appello a questi due ragazzini di 15-16 anni che, secondo quanto dichiarato dal presunto autore del crimine, sarebbero stati minacciati con un coltello prima che l’uomo decidesse di agire a caso contro la signora Verzeni. Erano presenti sulla scena del crimine e, a oggi, non si sono ancora presentati. Li invito a recarsi in una caserma." -ha dichiarato Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto di Bergamo, in conferenza stampa su RaiNews24.

L’accusa nei confronti di Moussa Sangare, il 31enne accusato dell'omicidio di Verzeni, è di omicidio volontario premeditato.

"Nella notte, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Bergamo hanno eseguito il fermo di Sangare alle 4:30 del mattino, in seguito a un provvedimento del PM Emanuele Marchisio. L’uomo, di origini africane, è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza mentre si allontanava dalla scena del crimine in bicicletta. "Nel corso della nottata ha fatto spontanee dichiarazioni e ha ammesso il delitto", prosegue la procuratrice Rota. "La svolta nelle indagini è arrivata grazie alla testimonianza di due cittadini stranieri regolari sul territorio italiano, che si sono presentati spontaneamente ai carabinieri. L'analisi delle telecamere di sorveglianza ha permesso di ricostruire il percorso fatto dal ciclista. Sono stati recuperati anche gli abiti indossati dall’uomo e un coltello, ritenuto l'arma del delitto, già nelle disponibilità del RIS. Era uscito di casa con 4 coltelli, il suo obiettivo era colpire qualcuno."

Per un intero mese, l’Italia è rimasta con il fiato sospeso, seguendo ogni dettaglio del caso attraverso i numerosi approfondimenti televisivi e i dibattiti con criminologi ed esperti che hanno avanzato varie teorie rivelatesi sbagliate. Sharon non aveva una seconda vita, nè dissapori familiari o uno stalker che la seguiva; non era uscita con i jeans perché aveva un appuntamento, né esisteva un serial killer che avrebbe ucciso lei e anche Yara Gambirasio. Il suo omicidio ha messo in luce una realtà che spesso fatichiamo ad accettare: la violenza può essere insensata, cieca, e colpire chiunque, in qualsiasi momento.

La narrazione mediatica però si è affannata nel cercare una spiegazione, una giustificazione per un atto così brutale, ma alla fine ha dovuto arrendersi di fronte alla verità più inquietante di tutte: l'assenza di un motivo.

«Questi omicidi non sono così rari e presentano tutti i connotati di un “acting out” improvviso, un'esplosione di violenza in cui, probabilmente, l'unica "pianificazione" effettuata nella mente dell'assassino è stata la decisione di usare un'arma bianca (il coltello) contro qualcuno» -commenta Dott. Fabio Delicato Psicologo, Psicopatologo Forense e Criminologo

Cosa può dirci sul caso?


«Moussa Sangare, 31 anni, avrebbe confessato alle autorità l'omicidio di Sharon Verzeni, dichiarando: "Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l'ho vista e l'ho uccisa." Attualmente, il 30 agosto, è necessario attendere ulteriori analisi e perizie scientifiche e psicopatologiche prima di trarre conclusioni definitive. Il termine "raptus" non si usa più e va usato con cautela, perché suggerisce una presunta incapacità di intendere e di volere, ma al momento non abbiamo dati concreti per supporre un eventuale stato di alterazione mentale, (che favorisce la difesa)
a meno che non emergano nuovi elementi nei prossimi giorni. Questi potrebbero includere diagnosi psichiatriche pregresse, comportamenti psicotici precedenti, o sintomi psicotici documentati. Come ho anticipato non è un caso raro. Anche a Milano ci fu il caso di un pugile che uccise una passante con un pugno e fu assolto per infermità mentale»

Cosa può dirci dei vari approfondimenti tv sulla vicenda?

«La spettacolarizzazione del crimine e la corsa alle opinioni senza basi solide hanno cavalcato l'onda del caso, affidandosi a esperti di vario genere, ciascuno con teorie spesso fantasiose, come il femminicidio da parte del compagno o sette criminali coinvolti. Questo senza nemmeno aver avuto accesso diretto al fascicolo d'indagine. Tale situazione evidenzia la necessità di procedere con cautela nel trattare casi di questa natura, non solo per evitare affermazioni infondate da parte di esperti, ma anche per prevenire gravi danni alle vite di persone innocenti. Nei primi giorni dopo il delitto, il sospetto di un femminicidio, alimentato da alcune fonti, ha sollevato dubbi sul compagno della vittima, sebbene le indagini della procura, pur includendo regolari verifiche su di lui, non lo abbiano mai iscritto nel registro degli indagati. È importante considerare l'impatto che tali accuse, spesso mediatiche e non supportate da prove, hanno avuto su quest'uomo, che ha perso bruscamente e in modo violento la futura moglie. Affrontare e raccontare la cronaca nera è certamente complesso, ma la corsa al sensazionalismo per può rovinare vite, complicare le indagini, coinvolgere sedicenti esperti lontani da un approccio scientifico-criminologico e minare le fondamenta del buon giornalismo.»

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Linda Di Benedetto