Salvini bacio crocefisso
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I simboli di Matteo Salvini

Rosario, braccialetti, divise, felpe. L'immagine del leader della Lega è forte perché usa i simboli dell'uomo comune

«E voi, amici?». Petto nudo e glabro, sorriso che insinua, intuibile sfondo marino nel selfie quotidiano. Che Matteo Salvini abbia in mano un mojito, un sarago con patate o un taser per vigili urbani, parte il like del popolo. È l’ultimo flash dell’estate che il Capitano ha vissuto sotto l’ombrellone prima di terremotare il governo, prima di costringere Giuseppe Conte e Luigi Di Maio a disfare i bagagli e tornare alla grisaglia d’ordinanza. Prima di spegnere la luce.

La fenomenologia estetica di Salvini è oggetto di studio da anni e il giudizio  malmostoso sull’outfit arriva prima di quello sul decreto Sicurezza. Anche perché a vergare il report sono noiosi maître-à-penser dello stile che scrivono con la boccuccia a cul di gallina, fermi agli anni Ottanta quando si scandalizzarono per la foto di Bettino Craxi a torso nudo a Hammamet. I corsivisti continuano ad avere come stella polare John F. Kennedy nelle fotografie color seppia mentre cazza la randa al largo di Martha’s Vineyard con la camicia a quadretti Abercrombie&Fitch, il pantalone bianco e il mocassino con nappina al vento. Matteo Renzi ha provato ad imitarlo su Vanity Fair e su Vogue nel suo periodo d’oro, ma la Brooks Brothers button down faceva troppo direttore di banca (Etruria) e l’effetto fu negativo.

L’estate politica dei giornali deve essere kennediana. Tutto ciò che arriva dopo, che si configura oltre, che in qualche modo s’avvicina al gusto «Magnum classic» di chi in spiaggia ci va davvero grazie allo stipendio e non all’appannaggio, per i critici di costume è impresentabile. Ovviamente a Salvini, di questa gastrite da bon ton violato non importa nulla. A lui interessa la strategia comunicativa che l’immagine sottintende, il simbolismo del gesto, della felpa, della ruspa, del calzino a righe orizzontali, del triplo braccialetto in cuoio, della maglietta con scritto «I love Calabria» e perfino del rosario. Tutto ciò è metafora in perfetto stile Lega. Come la canottiera fantozziana di Umberto Bossi a Porto Rotondo seppe sovrapporsi alla bandana di Silvio Berlusconi nell’urlare «sono uno di voi»; come le scope sul palco della Berghem Fest 2012 rappresentarono la voglia di fare pulizia del partito rispetto all’era Belsito, ecco che ogni comportamento di Salvini è teso a stabilire un feeling con l’elettore. Che prima diventa amico, poi coglie il messaggio diretto e alla fine lo vota.

Il linguaggio del corpo conta. Se ne accorsero i fotografi appostati davanti al Viminale quando nel novembre 2018 videro uscire il ministro dell’Interno per un’ora di jogging al chiar di luna nel centro di Roma. Versione podista urbano, con il fiatone, le chiazze di sudore (ettecredo, la felpa della Polizia è di cotone pesante), le braghe sformate e i calzettoni a righe da Pippi Calzelunghe sembrava un ragioniere nella corsetta antistress prima del minestrone. Uno di noi, con video da condividere con gli allora 954 mila follower e con uno slogan da far passare: chi si ferma è perduto. Uno che non ti guarda dall’alto in basso come faceva Massimo D’Alema che imitava Gianni Agnelli al timone del Baltic con le scarpe da mille euro; uno che non ti schifa arrotando la erre e proponendo uno sciopero dentro una giacca di cachemire come faceva Fausto Bertinotti. È singolare che i più snob, i più lontani dal popolo - il cigno nella piscina del centro benessere di Carlo Calenda è da Riccanza - stiano a sinistra anche oggi.

Salvini non si nega mai, né a una foto né a una comparsata. E al meraviglioso golf di Villa d’Este preferisce il Papeete Beach di Milano Marittima perché sa che lì va la gente comune. Ogni suo messaggio ha un significato subliminale. Felpa con la ruspa: faremo piazza pulita dell’illegalità. Crocifisso: uguale cristianità, uguale presepe tradizionale, uguale valori non negoziabili. E se Papa Francesco è mondialista, c’è un cattolico al governo che pensa agli italiani. Anche a quelli che vanno in chiesa e hanno l’immagine di Maria Vergine appesa alla parete, magari in casa della nonna.

Il giorno in cui ha vinto le Europee, Salvini si è fatto fotografare davanti al suo studio. E ha svelato gli ultimi santini: un ritratto di Putin, il cappello (Make America Great Again) di Trump, un gufo anti-malocchio renziano, un libro dell’antipatizzante Lilli Gruber, il Tapiro di Striscia arrivatogli dopo lo scandalo dei fondi bossiani. E la foto con dedica di Franco Baresi, leader del Milan che vinse tutto, l’ispirazione nazionalpopolare, il vero capitano. Arcitaliano come lui, vero amici? Con un inevitabile «bacione ai rosiconi».  n

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Giorgio Gandola