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(Ansa)
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Sinner, l'incubo non è finito: la Wada lo vuole squalificare

L'agenzia mondiale antidoping ha presentato ricorso al Tas di Losanna contro l'assoluzione del tribunale indipendente ITIA per la vicenda della contaminazione del Clostebol - SINNER E' INNOCENTE, GIU' LE MANI DA SINNER

La Wada vuole squalificare Jannik Sinner per uno o due anni, non accetta la sentenza d'assoluzione emessa dal tribunale indipendente del tennis ITIA e contro la stessa ha deciso di ricorrere al Tas di Losanna. Finale non del tutto inatteso, visto che nelle settimane scorse tra smentite e precisazioni si era compreso bene come l'agenzia mondiale antidoping avesse messo nel mirino la vicenda del numero uno del tennis mondiale, positivo al Clostebol in un controllo (poi ripetuto con identico esito) lo scorso marzo nel corso del torneo ATP di Indian Wells. Sinner era stato scagionato perché in grado di ricostruire con precisione documentata come, quando e perché le tracce infinitesimali della sostanza fossero finite nel suo organismo, dimostrando la totale inconsapevolezza dell'assunzione.

Proprio questo punto del ragionamento viene contestato dalla Wada, secondo la quale la conclusione di "nessuna alcuna colpa o negligenza" da parte di Sinner non è aderente alle norme attuali. Ecco il motivo del ricorso e della richiesta di squalifica pur facendo salvi i risultati sportivi maturati e che matureranno nei prossimi mesi, quelli che separano Sinner dall'udienza davanti al Tas di Losanna e dalla decisione finale.

Cosa accade nell'immediato è semplice: nulla. Trattandosi di un ricorso non ci sarà alcuna sospensione cautelare e l'altoatesino potrà chiudere la stagione in campo, rispettando il programma che lo vuole protagonista alle ATP Finals di Torino e in Coppa Davis. Solitamente il Tas di Losanna impiega qualche mese prima di fissare la data dell'udienza che arriverà, se tutto va bene, nel cuore dell'inverno. Lì Sinner dovrà però difendersi perché l'attacco della Wada è totale e supera anche la circostanza che il verdetto di assoluzione dell'ITIA poggia le sue fondamenta sul parere tecnico e scientifico di tre esperti, tutti direttori o ex direttori di laboratori di punta accreditati Wada.

L'incubo non è finito. Anzi. Jannik dovrà trovare dentro di sé le forze mentali per reggere la pressione di un periodo che si annuncia lungo e difficile. Non si è dopato, come dimostra in maniera incontrovertibile la sentenza dell'ITIA, ma questo non lo mette al riparo da guai e il ricorso della Wada getta altro fango sulla sua figura.

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Giovanni Capuano