vaticano
ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images
News

Sinodo dei giovani: quella sigla Lgbt, pomo della discordia tra prelati

L'acronimo riferito a “lesbighe, gay, bisessuali, trasgender” potrebbe entrare nel documento finale. Generando scompiglio tra cardinali e vescovi

Spira aria di bufera tra i delegati del Sinodo dei giovani ormai alle ultime battute. A far litigare pubblicamente vescovi e cardinali è una “sigletta”, Lgbt, che sta per “lesbighe, gay, bisessuali, trasgender”, vale a dire tutto quanto riguarda il variegato mondo dell'omosessualità e del cambiamento di sesso. La bufera, dopo giorni di confronti piuttosto tranquilli, è scoppiata per “colpa” di un cardinale, il filippino Luis Antonio G. Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis (tra i più stretti collaboratori di papa Francesco), che parlando alla Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato che il termine Lgbt – dopo il dibatto svolto tra i delegati sinodali sul rapporto tra Chiesa e omosessualità, sollecitato in particolare dagli interventi dei giovani – potrebbe trovare spazio nel documento finale previsto per sabato 27 ottobre dopo il placet del pontefice.

Tra favorevoli e contrari all'annuncio di Tagle sono volate parole grosse, pur addolcite da apparenti toni dialoganti, anche tra vescovi e cardinali. Tra i primi a rispondere pubblicamente “no” all'inserimento di tematiche omosessuali del testo finale del Sinodo, l'arcivescovo di Mamfe (Camerun), monsignor Andrew Nkea Fuanya, che ha subito avvertito di non essere disposto a votare un documento sinodale, frutto di quasi un mese di dibattiti in aula e tra i circoli minori, contenente anche riferimenti all'universo Lgbt. Ma dietro il presule africano si muove tutta l'area conservatrice del Sinodo pronta a dare battaglia come fece già due anni fa con le aperture sinodali volute da papa Francesco sulla pastorale familiare anche verso coppie di fatto e unioni gay.

Eppure, il cardinale di Manila ha solo parlato di eventualità e che, visto l'andamento degli interventi, è possibile che i “temi del mondo Lgbt saranno presenti nel documento finale", perché "lo sguardo umano della Chiesa verso le persone, a prescindere dal loro orientamento sessuale, è stato molto presente nelle discussioni”. Tuttavia, “è stato molto chiaro che, mentre l'atteggiamento costante è stato quello di rispettare la dignità umana, ci siamo resi conto che in diverse fasi della vita, soprattutto nella Chiesa, vi sono alcune esigenze o requisiti che noi dobbiamo considerare per esercitare in maniera adeguata un carisma o un ministero. Ci auguriamo che un atteggiamento rispettoso verso una persona non sia qualcosa in contraddizione con i requisiti previsti per il lavoro del sacerdote".

"Io voto contro": la minaccia del vescovo africano

"Se torno nella mia diocesi con un documento in cui si parla di 'Lgbt' il 90% dei giovani alza la mano e mi chiede cosa voglia dire", controbatte il vescovo Andrew Nkea Fuanya. "Al Sinodo non stiamo risolvendo problemi di una Chiesa locale, ma abbiamo uno sguardo universale. Per questo ho detto che non voterei un testo così: mi troverei poi a dover spiegare cose che neanche io conosco. Se cominciamo a usare un certo linguaggio poi questo impone delle visioni (come accade in Africa, ad esempio, con gli enti o governi che legano i propri aiuti alla libertà di aborto). La società si evolve, andrà avanti, ma certe cose non sono arrivate da noi e non possiamo fare un favore ad aziende o governi sulla base delle loro idee".

I sinodali che vogliano sollevare nel testo conclusivo anche le delicate tematiche legate al mondo gay sono avvisati, al punto che, per evitare contraccolpi, c'è chi getta acqua sul fuoco e punta al dialogo, come il cardinale tedesco Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga e presidente della Conferenza episcopale di Germania, che sostiene che “senza cambiamenti, senza sviluppi, non si progredisce mai nel corso della storia”. E questo non solo per quanto riguarda il rapporto tra Chiesa e omosessualità, ma anche circa il rapporto tra donna e istituzione ecclesiale, perché  “se affrontiamo la questione del potere nella Chiesa, in futuro l'attuale situazione sarà inaccettabile per l'universo femminile. Si dovrà cambiare".

Nella Chiesa più spazio alla donna

"Saremmo veramente stolti se rinunciassimo a un patrimonio di donne impegnate e devote, lasciandole fuori", insiste il porporato, ascoltato collaboratore del Papa nel C9 e presidente del Consiglio per l'Economia. "Saremmo pazzi e per fortuna non lo siamo".

Quanto alle polemiche sorte sulla eventuale presenza del termine Lgbt nel documento finale, Marx invita alla prudenza e a non sollevare polveroni. "La tematica della sessualità è molto importante, ma non venga strumentalizzata per una battaglia ideologica", avverte il porporato tedesco, secondo il quale “le lobby ci sono, e cercano di influenzare. Ma nel linguaggio della Chiesa occorre portare avanti una strada comprensibile per tutti. Dobbiamo accompagnare i giovani; quando utilizziamo le parole non dobbiamo assumere posizioni che risultino fuorvianti. Parleremo per tutta la Chiesa, e poi nelle Chiese locali si troveranno le soluzioni particolari, che non possono essere adottate ovunque".

"Esistono diverse lobby - sbotta il cardinale tedesco - e mi stupisco che le domande siano sempre su queste tematiche, come se questo fosse il centro della predicazione della Chiesa. La vita sessuale è una delle tematiche: non è un Sinodo sulla sessualità ma sui giovani e su come accompagnare i giovani. E il documento finale deve parlare una lingua che sia comprensibile a tutta la Chiesa".

Non si presenta perciò facile la dirittura d'arrivo del documento finale del Sinodo, che papa Francesco comunque concluderà domenica 27 ottobre con una messa solenne nella basilica di San Pietro.

I più letti

avatar-icon

Orazio La Rocca