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(Ansa)
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Smartphone a scuola, si o no? la guerra anche negli Usa

Il libro più in voga al momento in America tratta proprio il tema dell'utilizzo dei cellulari, arrivando ad ipotizzare il divieto di acquisto per i minorenni...

La richiesta si fa sempre più pressante: mettere al bando gli smartphone da tutte le scuole statunitensi, possibilmente con un divieto che non faccia distinzioni tra i diversi Stati. E così, per una volta, l’Italia anticipa l’America, con la decisione del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, di vietare l’uso degli smartphone a scuola. Non che negli Usa guardino alle scelte italiane, anzi. Da questa parte dell’Oceano il dibattitto è più acceso che mai, complice un libro. Si intitola The Anxious Generation, lo ha scritto lo psicologo Jonathan Haidt e dallo scorso marzo, data di pubblicazione, è ancora sold out e alla posizione numero 1 della classifica del New York Times. Il motivo è semplice: divide l’opinione pubblica e ha scatenato il confronto anche all’interno della comunità di esperti che ruota attorno alle scuole e ai giovani in generale. Va detto che il libro in questione (che ha come sottotitolo How the Great Rewiring of Childhood Is Causing an Epidemic of Mental Illness), affronta un tema delicato quanto caro all’autore: il rapporto di causa-effetto tra l’uso di cellulari, i social media e la salute mentale dei ragazzi. La tesi di Haidt, che insegna Psicologia sociale alla Stern School of Business della New York University (NYU), è che ci sia un nesso diretto con il progressivo aumento di casi di depressione, ansia e autolesionismo tra gli adolescenti, a partire dal 2010. Il libro è stato accolto con favore e quasi sollievo da molti genitori che ancora tentano di limitare il tempo trascorso dai figli sui devices e in rete. Il loro timore, infatti, è di risultare anacronistici in una società dove gli smartphone sono diventati parte integrante e spesso dominante della vita di bambini, ragazzi e anche degli stessi adulti.

Ma Haidt, firma di The Atlantic, amato dalla Grande Mela fino alla Silicon Valley, e considerato un punto di riferimento da molti intellettuali e giornalisti sia democratici che repubblicani, ora è riuscito nell’intento (non voluto) di dividere. Nel mettere in guardia dai rischi del tempo eccessivo che le nuove generazioni trascorrono online, sempre più distaccati e ritirati dal mondo “vero” e sempre più a rischio di disturbi psicologici, lo psicologo si è attirato le critiche non solo di chi lo bolla come “antico”, “retrogrado” e “prevenuto” nei confronti della tecnologia e dei vantaggi che questa portare. Ma ha persino portato molti suoi colleghi a prendere le distanze dalle sue posizioni. Molti studiosi di neuroscienze, psicologia e sociologia, infatti, non sono convinti che ci sia un rapporto di causa-effetto tra il sempre più invasivo ricorso ai dispositivi e il cosiddetto rewiring, il “ricablaggio”, termine con cui Haidt si riferisce a modificazioni delle connessioni sinaptiche durante l’infanzia e l’adolescenza, che porterebbero a un maggior numero di malattie mentali.

Ora la questione sembra tornata ancora più in auge per almeno due motivi. Il primo ha a che fare con l’uscita del cartoon della Pixar Inside Out 2, sequel della prima pellicola che si chiudeva con il trionfo di Gioia, una delle emozioni che animavano la trama. Ora, invece, per quanto la protagonista sia ancora Gioia, è Ansia ad aver attirato l’attenzione, sia negli Usa che in Italia. A confermare la sensazione è stato il produttore esecutivo, Pete Docter, costretto ad ammettere in diverse interviste sui media americani che la l’adolescenza “è un momento enorme per la vita di un adolescente. In tal senso, Ansia è davvero il personaggio principale”. Ora in molti si chiedono se ad aumentare questo stato d’animo non sia proprio il tempo eccessivo dai giovani con in cellulare in mano.

Non occorre, però, arrivare ad agitare lo spettro degli Hikikomori (i giovani ritirati in casa e collegati solo in rete) per sollevare un po’ di apprensione anche tra gli adulti e negli States lo sanno bene, tanto che in moltissime scuole il divieto di cellulare c’è già, anche se non sempre rispettato. È qui che entra il gioco il secondo motivo per cui se ne sta parlando così tanto: le lezioni sono finite da poco, ma in America l’anno scolastico inizia mediamente prima rispetto all’Italia, da metà agosto e comunque prima del Labour Day (il primo lunedì di settembre). Ecco che un movimento crescente, che non conosce distinzioni di Stati, sta chiedendo a gran voce una sola cosa: Ban phones during classes, il divieto di cellulari durante le lezioni.

Come riferisce l’Associated Press, “In California, un insegnante delle superiori si lamenta del fatto che gli studenti guardino Netflix durante la lezione. In Maryland, un professore di chimica riferisce che in molti fanno ricorso ad app di scommesse online durante la giornata scolastica. Ovunque nel Paese, gli educatori affermano che gli studenti inviano messaggi e foto su Snapchat mentre sono nelle aule, ascoltano la musica e comprano online, tanto per fare alcuni esempi di come gli smartphone distraggano da insegnamento e apprendimento”. Molte scuole, dalle elementari alla high school, prevedono già il divieto di uso di cellulari a scuola, pena il ricorso a misure a volte anche drastiche. Solo poche ore fa, per esempio, il governatore della Virginia, Glenn Youngkin, ha emesso un ordine esecutivo (N.33) con cui indica le linee guida che il Virginia Department of Education dovrà adottare entro il 15 agosto e che saranno all’insegna del cell phone-free education. Insomma il divieto di uso del cellulare a scuola, anche a scopo didattico, esattamente come voluto adesso anche da Valditara in Italia. “Questa decisione vuole promuovere un ambiente più sano e concentrato sull’educazione, nel quale ogni giovane sia libero di imparare”, ha spiegato Youngkin. Le indicazioni suonano come un giro di vite laddove siano stati ignorati i divieti già esistenti.

(Credit Eleonora Lorusso, da https://schoolboard.vbschools.com/policies/).

Al referral, ossia il rinvio dal Preside della scuola, si può infatti aggiungere anche una punizione più severa in caso di violazione reiterata del divieto, come l’assegnazione all’afternoon school work, i lavori scolastici pomeridiani, come la pulizia delle aule oppure ore di lezione e compiti extra per lo studente. Stesso tipo di regole è in vigore in diversi altri Stati americani, dai vicini North e South Carolina, fino alla Florida, dove già lo scorso anno è stata approvata una legge che impone a tutti gli Istituti pubblici di adottare uno specifico regolamento in materia. Nella contea di Clark, a Las Vegas (Nevada), invece, dallo scorso autunno è partito un progetto pilota che prevede di tenere i cellulari in appositi sacchetti di plastica che ne bloccano il segnale dall’ingresso a scuola fino alla fine delle lezioni. Intanto, un disegno di legge presentato al Congresso prevede lo studio approfondito degli effetti dell’uso degli smartphone in classe. Il paradosso è che la zona più restrittiva in materia di uso di cellulari in tutti gli Stati Uniti è la Silicon Valley, dove molte scuole – perlopiù elitarie – hanno stabilito il bando totale del cellulare in ogni ambiente della scuola. È il caso, ad esempio, della Waldorf School di San Francisco, a cui lo stesso ex CEO della Apple, Steve Jobs, aveva iscritto la figlia Lisa e la stessa dove ancora oggi i manager e dirigenti delle aziende hi-tech pagano fino a 33mila dollari perché i figli ricevano un’istruzione senza ricorrere a computer, tablet e cellulari.

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Eleonora Lorusso

Nata a Milano, laureata in Lettere Moderne all’università Cattolica con la specializzazione in Teoria e Tecnica dell’Informazione, è giornalista professionista dal 2001. Ha lavorato con Mediaset, Rai, emittenti radiofoniche come Radio 101 e RTL 102,5, magazine Mondadori tra i quali Panorama dal 2011. Specializzata in esteri e geopolitica, scrive per la rivista di affari internazionali Atlantis, per il quotidiano La Ragione e conduce il Festival internazionale della Geopolitica europea dal 2019. Dal 2022 vive negli USA.

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