Quando lo stalking è donna
Sembra strano ma uno dei reati più diffusi nel mondo al femminile è proprio questo, con delle implicazioni e ragioni psicologiche piuttosto chiare
La letteratura relativa allo stalking femminile è scarsa e, dato i campioni molto limitati, poco attendibile. Dai dati desunti è possibile stimare che tra i reati contro la persona più frequentemente associati al genere femminile lo stalking abbia una posizione di tutto rilievo. Pur assunto con le doverose cautele, per l’evidente difficoltà ad estrarre dati coerenti da ricerche così diverse fra loro per impianto metodologico e campionatura, si tratta di un dato di indubitabile interesse, specie se si tiene conto del forte sospetto che il fenomeno possa avere dimensioni maggiori di quanto si immagini, per diversi motivi. Solo alcuni elementi possono essere commentati ed analizzati, tra questi c'è di sicuro il profilo della stalker. La tendenza parrebbe qualificare una donna single, separata o divorziata, intorno ai 30 anni, con disturbi psichiatrici, prevalentemente disturbi dell’umore. Le vittime sono spesso conoscenti, sconosciuti o celebrità, raramente uomini con cui vi è stata una precedente relazione sessuale. Per quanto concerne i conoscenti nella maggior parte dei casi le attenzioni ossessive sono rivolte a colleghi o medici. A differenza degli uomini stalker, le donne avrebbero meno precedenti e risulterebbero meno minacciose e violente. Il comportamento sarebbe infatti caratterizzato da prossimità e, anche relativamente al contenuto linguistico, le comunicazioni risulterebbero essere meno aggressive. Le donne stalker sceglierebbero come vittime persone con le quali avevano avuto un precedente rapporto professionale. Nella fattispecie significativa è l’incidenza del fenomeno stalking femminile in specifici contesti professionali, primo fra tutti quello psicoterapico, ove le differenze di genere diminuiscono sino a svanire del tutto, al punto da poterlo per certi versi considerare la più significativa evidenza di stalking al femminile. La relazione terapeutica è un contesto nel quale possono transitare con facilità investimenti affettivi, anche carichi di erotismo. Non meraviglia dunque che, in questo contesto, possa concretizzarsi una forma di stalking a seguito dell’intensità del legame che lega paziente a psicoterapeuta. Non contrasta questo dato, anzi ben si combina, con il profilo di donna stalker che emerge dalle ricerche, cioè giovane-adulta, con elevato grado di istruzione, single, senza figli.
La durata dello stalking si aggirerebbe intorno ai 17 mesi con un apice significativo di 2 mesi. La recidiva rappresenterebbe il 50%. I pochi dati a disposizione parrebbero convergere relativamente all’elemento della pericolosità, ovvero le donne che avevano avuto rapporti intimi con il proprio oggetto di ossessione, risulterebbero essere le più pericolose. Nella fattispecie le vittime verrebbero minacciate sia verbalmente che fisicamente. Le donne che invece hanno come oggetto di desiderio delle celebrità risulterebbero essere le più innocue. Due delle variabili predittive risultate più valide riguardano il fatto che le minacce sono state associate a un aumento del rischio di violenza, mentre la scrittura di lettere sarebbe invece correlata a un minore rischio di violenza. Da segnalare è che, in tutti gli studi condotti a livello internazionale emergerebbe una correlazione tra stalker donne e delirio erotomanico, questo elemento è significativo perché, la sua presenza, aumenterebbe il rischio di violenza. La sindrome di Clèrambault (o erotomania) consiste nella convinzione delirante, da parte del paziente, che qualcuno di status sociale più elevato si sia innamorato di lui.
Per un verso v’è la possibilità che alcuni uomini non percepiscano come reato le attenzioni moleste ricevute se a farle è una donna, almeno per un certo tempo. Per altro già Purcell, Pathè eMullen (2001) avevano segnalato che talora vittime di sesso maschile lamentano che denunce a carico di donne siano banalizzate o ridicolizzate per presunta loro minore pericolosità, nonostante non vi sia alcuna prova empirica di minor invadenza o persistenza del comportamento molesto. Spesso, le vittime di stalking si trovano ad affrontare l'indifferenza e lo scetticismo delle forze dell'ordine e di altre agenzie di supporto. Non di rado, le vittime di sesso maschile segnalano che le loro denunce sono state ignorate o respinte; alcuni hanno ricevuto commenti del tipo "dovrebbe sentirsi lusingato" per l'attenzione ricevuta.
Gli studi sulla vittimizzazione indicano che le donne sono raramente perseguite per reati di stalking, e la giustizia penale è più incline a intervenire nei casi che coinvolgono un sospettato di sesso maschile accusato di stalking nei confronti di una donna. Nonostante ciò, le prove disponibili non suggeriscono che lo stalking perpetrato dalle donne sia meno grave rispetto a quello perpetrato dagli uomini, né che le donne siano meno invadenti o persistenti nel loro comportamento, o rappresentino una minaccia minore per le loro vittime, sia fisicamente che in altro modo.