Lo strano suicidio dell'Ultrà della Juventus che sapeva troppo
La Procura di Cuneo riapre l'inchiesta sulla morte di Raffaello Bucci tra i dubbi legati all'autopsia ed alle deposizioni di D'Angelo
L’inchiesta sul suicidio di Raffaello Bucci, ultrà della Juventus in stretti rapporti con la società bianconera, morto il 7 luglio 2016 dopo essere volato da un cavalcavia vicino a Fossano, in provincia di Cuneo, potrebbe essere a una svolta. Il procuratore di Cuneo Onelio Dodero ha conferito l’incarico al medico legale Roberto Testi di effettuare una nuova autopsia sul corpo dell’uomo, per capire se le ferite e le tumefazioni riscontrate sulla parte destra del volto siano compatibili con la caduta o non piuttosto dovute a un pestaggio.
Il nuovo esame potrebbe dare impulso al fascicolo, riaperto circa un anno fa a Cuneo contro ignoti per l’ipotesi di induzione al suicidio dopo che era stato archiviato su richiesta del pm Alberto Braghin. Sul corpo di Bucci la cosa più sospetta è un profondo taglio sul lato destro della fronte: è difficilmente giustificabile, secondo la consulenza di parte della famiglia, con la dinamica della caduta per come è stata descritta dal testimone oculare Luigi Castelluccio, il primo a soccorrere Bucci dopo il volo.
L’incarico a Testi è stato conferito una settimana fa ed è stato innescato dalla consulenza realizzata da Lorenzo Varetto e presentata a fine febbraio dall’avvocato Paolo Verra, legale dell’ex compagna di Bucci, Gabriella Bernardis, la quale non ha mai creduto al suicidio collegato a una crisi depressiva. Ma la puntata di Report andata in onda sul caso ai primi d’ottobre e l’arrivo del nuovo procuratore hanno riaperto i giochi.
L‘avvocato Verra ha contestato la perizia autoptica eseguita da Mario Abrate, considerandola fortemente incompleta. Secondo il legale era totalmente priva di documentazione fotografica di supporto (Varetto ha dovuto far riferimento all’unica immagine del cadavere in possesso della famiglia), il dottor Abrate non ha proceduto all’apertura del cranio e non sono state spiegate le tracce di lidocaina - un anestetico locale - rinvenute sul corpo di Bucci.
Ma il legale nella sua istanza, ha evidenziato altre incongruenze e ha puntato l’attenzione sul ruolo di Alessandro D’Angelo, il security manager della Juventus, l’uomo che teneva i rapporti con gli ultrà della tifoseria bianconera. Vengono sottolineate le 5 telefonate in serie e tutte dello stesso tenore fatte dal manager nell’immediatezza della morte di Bucci, più le numerose contraddizioni in cui è caduto lo stesso D’Angelo nei sette verbali raccolti dalla Procura di Torino. Per questo i magistrati di Cuneo dovrebbero riconvocarlo prima di Natale. Come lui verranno risentiti altri personaggi chiave della vicenda.
Il nuovo capitolo più importante è quello però contenuto in una recente nota della Squadra mobile di Torino, dedicata agli oggetti di Bucci, riconsegnati all’ex compagna di Raffaello dallo stesso D’Angelo in due distinti momenti. In particolare a colpire gli inquirenti è stato un borsello che sull’auto non c’era. Bucci potrebbe aver dimenticato quel borsello - è un’ipotesi - in un ufficio, in un bar, in una casa dopo una lite o una discussione anche violenta. Lo smarrimento di esso potrebbe essere l’indizio di una possibile rissa. Sta di fatto che il mistero del borsello che sull’auto non si trovava (ma poi ricompare) non è stato ancora risolto. E l’indagine della Mobile è all’inizio.
Chi è dunque D’Angelo, il personaggio intorno al quale si stanno concentrando le nuove indagini? In un interrogatorio del 2015 aveva raccontato: «Mio padre ha lavorato per 40 anni al servizio della famiglia Agnelli ed io ho conosciuto l’attuale presidente sin dall’infanzia». Nel 2006 D’Angelo si occupava di sicurezza al Parco La Mandria dove Umberto Agnelli aveva la sua tenuta: «Nel 2011 mi è giunta la richiesta di collaborare con lui (Andrea Agnelli, ndr) in Juventus». Da allora e per alcuni anni D’Angelo si è occupato della sicurezza delle sedi della società bianconera e «anche della frangia di tifo più caldo della curva Sud». Era stato sempre D’Angelo ad ingaggiare Bucci come «ufficiale di collegamento» tra tifoseria e società. D’Angelo, però, come risulta dalle carte dell’inchiesta Alto Piemonte, aperta a Torino, quella sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nel mondo ultrà, non sarebbe vicino solo ad Andrea Agnelli, ma anche in contatto con Rocco Dominello, condannato in secondo grado per associazione mafiosa. A presentarglielo sarebbe stato Fabio Germani, accusato, a sua volta, di concorso esterno.
D’Angelo pochi giorni prima del suicidio di Bucci era stato sentito dai magistrati di Torino sui rapporti con i presunti malavitosi calabresi. Anche Bucci era stato ascoltato dai pm il giorno prima di morire e sembra che fosse uscito sconvolto dall’interrogatorio. Lo stesso giorno, secondo le celle telefoniche, nella zona del tribunale risultavano esserci D’Angelo, il suo braccio destro Stefano Merulla e uno dei capi ultrà più temuti, Salvatore Cava. I tre erano insieme? E che cosa voleva sapere da Bucci il temuto esponente del tifo organizzato? Di certo appena ha appreso la notizia della morte di Bucci, D’Angelo ha urlato al telefono, tra le lacrime, «l’ha ammazzato». Secondo alcuni collaboratori di D’Angelo, l’uomo stava accusando chi, tra gli inquirenti, aveva messo sotto pressione Bucci. Ma secondo altri il riferimento era a un malavitoso.
Nel 2016 Germani aveva dichiarato agli inquirenti che Dominello e D’Angelo avevano «passato le ferie insieme o meglio sono stati due o tre giorni insieme a Tropea. Disse che gli telefonavano dalla barca e che andavano a cena con le famiglie insieme. D’Angelo davanti ai pm ha provato a ridimensionare l’episodio: «Per me all’epoca Rocco era una persona priva di relazioni sospette. (...) Passammo qualche ora assieme direi dalle 11 alle 17/18 circa di una sola giornata». In un altro interrogatorio Merulla racconta che Dominello andava a parlare con Agnelli «perché lo portava D’Angelo». D’Angelo non ci sta: «Non è assolutamente vero. Forse in un’occasione a Natale loro chiesero di poterlo salutare, intendo dire Rocco e Germani. Io non mi sarei mai permesso di portare Rocco dal presidente».
Il pm replica: «E perché. D’Angelo sapeva di avere a che fare con dei mafiosi? L’uomo offre un’altra giustificazione: «Perché non mi sarei mai permesso di portare un tifoso dal presidente Agnelli». Dominello ha raccontato altro: «Un’altra volta D’Angelo mi portò da Agnelli in piazza Cnl». Il manager prima ha negato con forza, poi ha un po’ corretto il tiro: «Io sto cercando di ricordare con precisione tutto (...) quello che posso dire è che al momento il presidente non ricorda un incontro da solo con me e Rocco». D’Angelo ha pure negato di aver mai saputo dell’arresto del padre e del fratello di Dominello («Io non mi interesso di cronaca giudiziaria») e di non aver collegato il sequestro del pc di Rocco Dominello, di cui era stato informato, a un’inchiesta sulla criminalità organizzata.
Ma torniamo allora alla morte di Bucci. Chi incontrò quella mattina? Per ora non si è scoperto, anche a causa di un improvviso e misterioso blackout nel servizio di intercettazione del suo cellulare, avvenuto proprio nelle ore della sua morte. Il mistero tuttavia non riguarda solo i suoi incontri e le pressioni che potrebbe aver subito, ma anche gli oggetti che Bucci aveva portato con sé sul ponte. Sulla questione la procura di Cuneo vuole vederci chiaro. Subito dopo l’incidente è iniziato una corsa a ritirare gli effetti personali dell’uomo. Maria Cesarina Turco, avvocato dello studio Chiusano, storicamente legato alla Juventus, si presentò al pronto soccorso dove era ricoverato in condizioni disperate Bucci per ritirare il cellulare dell’uomo, dichiarando di voler ritirare gli effetti personali di Bucci a nome dei familiari. Peccato che alcuni parenti fossero al capezzale dell’uomo. Varie «volanti» della polizia stradale intervennero sopra e sotto il ponte da cui si era buttato Bucci. In più verbali segnalarono tutto ciò che venne rinvenuto nell’auto, in particolare le chiavi nel vano portaoggetti davanti al cambio dell’auto, «presumibilmente di un’abitazione». Ma qualcosa in quelle liste non torna. Ed è oggetto della nuova nota della Mobile.
I poliziotti segnalarono la carta d’identità di Bucci, la convocazione in procura del giorno prima, una tessera d’accesso allo stadio, una chiavetta usb, un pallone da calcio, sigarette, giochi per bambino, ma anche alcuni foglietti con appuntati dei numeri di telefono, un biglietto da visita, uno smartphone nero. In ospedale sono stati consegnati alla famiglia 127 euro in contanti, occhiali da sole, una cintura e una catenina, probabilmente trovati sul corpo di Bucci. Tutti gli altri oggetti, invece, comprese le chiavi, hanno avuto un percorso più accidentato, prima di tornare ai legittimi proprietari. Il 9 luglio 2016 la Bernardis, in ferie in Puglia, scrive a D’Angelo un sms: «Sulla macchina di Ciccio c’è il rosario della madre sul cambio e le chiavi di casa mia. Puoi vedere se ci sono?». D’Angelo sostiene di aver chiamato Alessandro Frozzi, responsabile delle auto, e di averlo incaricato di ripulire la macchina. L’11 luglio 2016 spedisce alla donna una foto in cui si vedono una bandana, un pallone, bocchini per sigaretta e accompagna l’immagine con questa nota: «Abbiamo recuperato questo». Nello scatto, però, non ci sono le chiavi di casa. La spiegazione data ai magistrati è la seguente: «Non avevo ancora visto le chiavi. Poi Frozzi mi diede una busta delle Juve e delle chiavi con un pupazzo blu».
Quando sono state restituite all’ex compagna? «Andai a Foggia (la città dove il 12 luglio 2016 si sono svolti i funerali di Bucci, ndr) e mi portai un foularino rosso, un rosario e le chiavi di casa che consegnai in un autogrill» ha assicurato D’Angelo. La Bernardis, invece, nega di averle ricevute mentre era in Puglia. È certo che la consegna degli oggetti di Bucci sia avvenuta a rate, come ha evidenziato lo stesso D’Angelo: «In una seconda occasione mi è stata consegnata una borsa con dentro tutto quello che era stato ritrovato in auto. Non so dire perché gli effetti personali siano stati restituiti in più volte».
Il manager ha raccontato di aver ricevuto gli ultimi oggetti di Raffaello Bucci prima di andare alla tumulazione del suo cadavere, avvenuta a Cuneo il 13 luglio 2016: «Il borsello lo vidi per la prima volta mercoledì mattina in una borsa verde sulla mia scrivania, di ritorno dal funerale (avvenuto in Puglia il giorno prima, ndr). Mi dissero che era il resto degli effetti personali». In un altro passaggio aggiunge: «Chiesi un consiglio all’avvocato Luigi Chiappero (da lustri legale della Juventus, ndr) sul da farsi e poi consegnai alla sorella della moglie il tutto».
Resta la domanda: da dove è spuntata la borsa verde con il borsello? Negli atti al momento non c’è una risposta. Proveranno a trovarla i magistrati di Cuneo. © riproduzione riservata