Test Invalsi: due anni per concepire la domanda su Pittulongu
Maurizio Ricci, direttore del nucleo valutazioni spiega la genesi dei discussi test di esame
Direttore qual è il tragitto più breve per arrivare a Pittolungo? «Aspetti che controllo…».
A parlare è Maurizio Ricci, il coordinatore del gruppo di valutazione dell’Invalsi , (l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione). Si tratta di quell'Istituto che ha formulato i test a cui si sono dovuti sottoporre quasi seicentomila studenti delle scuole medie in Italia. Un test che, come ogni anno, suscita discussioni e malumori. La domanda su Pittulongu, una spiaggia di Olbia, è invece considerata il manifesto della difficoltà del test, divenuto nel giro di poche ore un tema sui social network . Lui, ci scherza su: «Quest’anno la località di Pittulongu avrà un boom di visitatori, quanto meno dovrebbero darci l’encomio per aver pubblicizzato la località».
Direttore, gli studenti erano arrabbiati. Troppo complicati i test, lo ammetta?
«Al di là del percepito i test non erano complicatissimi come è passato sui social network. Il problema è che si crea un effetto traino, quindi è bastato che sul web si dicesse: sono complicate, perché tutti si accodassero all’opinione diffusa. Eppure non è così».
Su Twitter ieri non si parlava d’altro…
«I quiz sono pretestati, non li sottoponiamo agli studenti senza accurate valutazioni. Come difficoltà sono equivalenti a quelli dell’anno scorso, quando invece si disse: sono facili. E invece si dimostrò l’esatto contario…»
Ovvero?
«Dopo le correzioni si scoprì che i risultati ci avevano restituito una valutazione diversa. Ma la polemica conferma una cosa. Che i ragazzi si sono concentrati. Sono più che soddisfatto».
A proposito. Chi materialmente alla fine compone le domande? Almeno i ragazzi sapranno con chi prendersela (sigh)…
«Servono ben due anni per concepire una prova come quella dell’Invalsi. Per fare un po’ di cronistoria. I test sono stati formulati il settembre del 2010. A elaborarli sono gli stessi insegnanti che possono proporre a secondo la propria disciplina alcuni temi. Poi gli esperti fanno delle valutazioni e li testano. Per intenderci, quelli di ieri erano stati sottoposti a maggio agli studenti ed erano stati superati».
Poi come si scelgono le domande?
«Se la prova supera il test, insomma se i ragazzi rispondono in buona parte, le domande vengono accettate e sottoposte per il test vero, quello di giugno».
Nella prova di ieri si chiedeva di trascrivere interamente una url. A cosa può servire?
«Mi permetta di dire che non era così. La domanda non chiedeva di trascrivere, bensì bisognava capire dove chiedere le informazioni, bastava indicare il sito delle ferrovie o la biglietteria…».
Gli studenti italiani erano sufficientemente preparati per rispondere a questi quiz?
«Assolutamente sì. Certo, ci sono aspetti che vanno migliorati, ma non bisogna assecondare sempre gli studenti. E’ normale per loro parlare di difficoltà, a volte è solo un peccato di frettolosità, assolutamente normale dato la loro precoce età. Agli adulti il compito di tenere la barra dritta».
Come è andata, ci sono primi risultati?
«Non si può parlare dei risultati a parole, soprattutto per una platea così ampia. Attendiamo i risultati che verranno illustrati il 20 luglio. Possiamo constatare che negli ultimi anni ci sono stati luci ed ombre. C’è un forte miglioramento sulle domande aperte, quelle di riflessione, ancora deboli per quanto riguarda la matematica».
Ma per rispondere alla domanda su Pittolungo bisogna conoscere i luoghi …
«Ma non serviva essere del luogo. Il punto era un altro. Capire e cercare di comprendere l’orario e leggere un itinerario, il tragitto. Se fosse così, solo i ragazzi della località avrebbero potuto rispondere. Le stesse polemiche ci furono due anni fa su una domanda analoga su una località trentina. Ripeto, era il percorso che andava compreso e poi si poteva tranquillamente rispondere».
Direttore c’è un’altra domanda che ha interrogato anche i critici come Cesare Segre. E’ quella sul racconto di Castellaneta. Un inserzionista filatelico che decide di non vendere i francobolli. Quattro le soluzioni. Segre dice che la vera risposta prescinde dalla logica e che una possibile soluzione potrebbe essere semplicemente la timidezza. Non sarà che i test non misurano i sentimenti?
«Con tutta la considerazione che ho per Segre. Se si ragionasse così si potrebbero trovare mille sfumature. Anzi mille una. Anche io ho la mia».
Quale?
«Beh, potrebbe essere che non sia soltanto per timidezza, che il protagonista del racconto decida di usare un’inserzione su di un giornale per vendere i suoi francobolli. Potrebbe essere il timore della solitudine. Ma in testi standardizzati si chiede di comprendere la principale informazione».
Quindi la soluzione?
«Aspetti che controllo, vede mi ha colto in castagna. Trovata!».
Aspettiamo…
«Ecco, nel testo si individua facilmente l’informazione. La soluzione era la B: “perché lo ritiene poco dignitoso. Del resto il testo è ricco di significati, ma si evince quando dice: “Non desiderava sembrare in vendita”. Chiara la soluzione, no?».