Tre motivi per cui la Cina sta diventando sempre più aggressiva
In pochi giorni e in tre diverse circostanze Pechino ha dimostrato che cosa significa interagire con la "grande potenza cinese"
In poco più di 48 ore la Cina ha giustiziato tredici persone condannate a morte per aver commesso "attività terroristiche nello Xinjiang", la regione cinese in cui risiede la minoranza islamica uigura che oggi sembra più determinata che mai a ottenere l'indipendenza da Pechino; ha annunciato di voler costruire una scuola sull'arcipelago conteso delle Paracelso e ha pubblicato un libro bianco in cui ha sottolineato, qualora ce ne fosse stato bisogno, che Pechino mantiene un controllo totale su Hong Kong, sotto ogni punto di vista.
Chi aveva ancora qualche dubbio su se la Cina di Xi Jinping fosse più o meno aggressiva di quella di Hu Jintao ha finalmente ricevuto la sua risposta. La nuova leadership si è infatti mantenuta sulla stessa linea della precedente, sia dal punto di vista della politica estera sia da quello della politica interna, è solo diventata più esplicita in merito a necessità e priorità nazionali.
Di fatto la Cina di questi giorni ha dimostrato di aver ancora la forza e la determinazione per alzare la voce ogni volta che ritiene sia necessario farlo. Gli indipendentisti uiguri hanno effettivamente esagerato mettendo a segno una serie fin troppo lunga di attentati violenti solo per riportare l'attenzione della comunità internazionale sulla loro causa. Pechino non concederà mai l'indipendenza allo Xinjiang, ne' è disposta a tollerare questa escalation di tensioni che non porterà comunque a nulla. Ecco perchè, dal suo punto di vista, si augura che tredici condanne a morte comminate ed eseguite in meno di un mese possano chiudere in maniera definitiva questa tragica parentesi.
Anche nel Mare cinese meridionale Pechino ritiene che Vietnam e Filippine, indirettamente sostenute dal modo in cui si sta comportando il Giappone tremila chilometri più a nord, abbiano alzato un po' troppo la cresta. Da qui la necessità non solo di ribadire che le navi cinesi sono libere di navigare dove vogliono, ma anche di chiarire che la Cina, se lo desidera, può permettersi di occupare questi territori. Del resto sul micro isolotto di Yongxing Pechino ha già costruito un ospedale, una biblioteca e un aeroporto. E ora vuole offrire ai 40 bambini delle famiglie che vi abitano una scuola. Il rafforzamento della presenza cinese sull'isola inevitabilmente riduce la forza di una eventuale mediazione regionale, e in qualche modo costringe le parti coinvolte nella disputa ad accettare uno status quo più favorevole ai cinese.
Infine, andava risolto anche il problema di Hong Kong. L'ex colonia britannica, oltre ad aver iniziato a chiedere con un po' troppa insistenza l'implementazione del suffragio universale promessa, stando alla versione dell'isola, al momento dell'avvicendamento tra cinesi e inglesi, ha anche sviluppato un fortissima mentalità anti-cinese, non gradisce che nelle scuole elementari si studi su libri approvati a Pechino, ha organizzato in occasione del 25esimo anniversario della strage di Piazza Tiananmen una veglia più sentita e numerosa che mai, e ha avuto addirittura il coraggio di chiedere maggiore indipendenza, quando il suo destino è quello di essere completamente assimilata alla Cina. Ecco, anche le teste calde di Hong Kong andavano in qualche modo rimesse in carreggiata, e con un inaspettato Libro Bianco Pechino ha chiarito che, qualora la città non riuscisse a darsi autonomamente una regolata, toccherà a lei intervenire. Perché l'ordine cinese va mantenuto, sia all'interno del paese che all'interno della regione. A qualunque costo. Del resto, solo così la Cina più davvero trasformarsi in una grande potenza. O almeno questo è ciò che pensano i fedelissimi di Xi Jinping.
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