L'altra verità di Odessa, non "incidente" ma strage
Ue ed Usa fingono di non vedere quello che sta succedendo in Ucraina, dove i nazionalisti stanno facendo "pulizia" dei filo-russi. La guerra civile è in atto
di Evgeny Utkin
Corpi bruciati e accatastati l'uno sull'altro . Uomini, donne, bambini, cristallizzati nei loro ultimi momenti, mentre cercano una via di fuga dalle fiamme, ma non ce la fanno. Le immagini dei morti di Odessa, stipati come animali in gabbia nella casa dei Sindacati, fanno male agli occhi e al cuore. La stampa internazionale li etichetta stancamente come frutto di un “incidente”, ma a Odessa raccontano un'altra verità.
I morti di Odessa, che secondo alcuni sono 38 ma per altri sarebbero più di cento, lasciano sul terreno una serie di domande. Come è possibile che sia successo un simile “incidente” (come subito lo hanno definito sia le autorità ucraine sia la stampa occidentale)?. Perché non è stata aperta una commissione internazionale per cercare di fare luce sulle cause di questa tragedia? Eppure, i morti sono morti, senza colore e senza bandiere, e le loro madri piangono con le stesse lacrime, russe ed ucraine.
Un incidente è qualcosa di imprevisto, di accidentale, che capita all'improvviso. Ma testimoni oculari da Odessa raccontano un'altra storia. Parlano di nazionalisti ucraini che sbarrano le porte della casa dei Sindacati dopo aver lanciato delle bombe molotov. E poi se la ridono, mentre dall'esterno si sentono le urla dei disperati che non riescono a trovare una via d'uscita. E' un “incidente” questo? O è invece un assassinio premeditato, orchestrato da un'orda di barbari che scimmiottano le efferatezze tipiche di un regime fascista?
Domande, tante, su Odessa. Come mai nell' “incidente” hanno perso la vita solo ucraini russofoni? Le foto che arrivano dalla città ucraina sono agghiaccianti. Uno scatto riprende una donna incinta, morta nella casa dei Sindacati mentre tentava disperatamente di scappare. E, ancora, corpi di persone freddate da proiettili alla testa al pian terreno dell'edificio. Di fronte a tutto questo, si può affermare senza essere in malafede che si sia trattato di un mero “incidente”?.
Chiamarlo “incidente” è troppo comodo ed è difficilmente credibile. La strage di Odessa apre la porta a una verità molto scomoda, che l'Occidente e l'Europa non vogliono vedere. Sarebbe imbarazzante per Bruxelles e Washington ammettere che l'assegno di 17 miliardi di dollari appena staccato dal Fondo Monetario Internazionale per salvare l'economia ucraina dal baratro andrà nelle mani di nazionalisti fascisti, che vogliono l'eliminazione del “russo” dal suolo ucraino. Meglio continuare a credere alla “favola buona” dei rivoluzionari democratici, che vogliono libertà e trasparenza. In fondo, chi mai vorrebbe dare i propri soldi a dei criminali?.
Subito dopo la strage di Odessa i nazionalisti ucraini, che inneggiano a Bandera facendo il saluto hitleriano, hanno brindato alla “grigliata russa” nella casa dei Sindacati, compiacendosi per il lavoro di “pulizia” fatto dai militanti di Pravy Sektor, l'estrema destra di Kiev.
L'Occidente dovrebbe chiedersi se davvero sta appoggiando (e foraggiando a suon di dollari) un governo di “rivoluzionari buoni”, o se invece sta alimentando i germi del nazionalismo più becero, che nel secolo scorso ha già portato il mondo alla tragedia della Seconda guerra mondiale.
Mentre Russia, Europa e Usa continuano il loro braccio di ferro, la cronaca ci dice che la “guerra” in Ucraina è già scoppiata. E' una guerra sporca, una guerra bastarda, di fratelli contro fratelli, alimentata dal silenzio della comunità internazionale che parteggia per una parte politica o per l'altra.
Fa bene Nicolai Lilin, scrittore russo che vive a Milano, a denunciare la miopia – per non dire la cecità – dell'Occidente la cui visione è annacquata dalle strategie geopolitiche e ha perso completamente di vista dove sia l'umanità. L'Europa e gli Usa tacciono, mentre in Ucraina va già in scena la peggiore di tutte le guerre, quella civile, che nel mirino mette amici, vicini di casa, persino parenti.
Olga ha un negozio di libri in lingua russa e ucraina. Spaventata ci racconta che qualche giorno fa un editore l'ha chiamata da Kiev, minacciando di morte lei e la sua famiglia se avesse continuato a vendere libri russi. Secondo alcuni siti, centinaia di migliaia di ucraini hanno già lasciato il Paese per andare in Russia. Non si sentono più al sicuro a casa loro.
Ad Odessa raccontano che per combattere i separatisti del Sud-Est si stanno reclutando persone da Ovest. Per essere arruolati bisogna rispondere a semplici domande, come se si è “disposti a sparare alle donne”. Solo se si risponde con un sì si può ricevere un kalashnikov. E poi ci sono anche i paramilitari di Pravy Sector, i fascisti armati fino ai denti, che sono pronti a usare i fucili contro la gente che la pensa diversamente da loro. Ne abbiamo avuto un assaggio a piazza Maidan, quando i loro cecchini hanno sparato sulla folla che manifestava in modo pacifico.
La situazione in Ucraina è drammatica già adesso e ora dopo ora aumentano le provocazioni. Tutti si dicono contro la guerra, ma i fatti ci mostrano che la guerra è già in atto e che il governo provvisorio di Kiev preferisce fare poco e niente contro i nazionalisti, puntando tutto sul “nemico esterno”, la Russia di Vladimir Putin.
A Odessa è difficile capire dove sia la verità. A cominciare dai numeri. Per alcuni i morti della casa dei Sindacati sarebbero addirittura trecento. Altri testimoni raccontano che gli uomini di Pravy Sector portano via i cadaveri di notte per non essere visti. Molte persone mancano all'appello e dopo l'incendio risultano disperse. Difficile accettare il silenzio dell'Europa di fronte a tutti quelli che sui social network scrivono che a Odessa “abbiamo fatto vedere ai russi cosa si fa con loro”.
Padre Nikola racconta che ha dovuto abbandonare la sua chiesa di Odessa dopo aver ricevuto minacce di morte per lui e per la sua famiglia. Tanti altri sacerdoti sono nel mirino dei nazionalisti perché celebrano messa per i morti filo-russi. Per la chiesa i morti sono tutti uguali, ma per lo Stato ucraino evidentemente no. E l'Europa tace senza muovere un dito. E – peggio – senza porsi alcuna domanda. Non è certo questo il modo migliore per evitare che scoppi una guerra ben più grande.