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Ue: niente procedura d'infrazione all'Italia. Smentiti i gufi

Dopo aver lanciato allarmi e proclami catastrofici l'Europa fa marcia indietro e si ricrede

Un paese sull'orlo del baratro. Crescita zero. Manovra correttiva. Patrimoniale. Per settimane da Bruxelles sono arrivate dichiarazioni dai toni molto più che catastrofici sui conti e sull'economia del nostro paese. A dar loro retta l'Italia era ad un passo, forse meno, dalla catastrofe. L'ultima spallata sarebbe arrivata proprio dall'Europa, con l'Armageddon, la "procedura di infrazione". 

Parole con cui per settimane ci hanno tenuto con il fiato sospeso. Conte e gli altri rappresentanti del Governo hanno provato per giorni a rassicurare l'opinione pubblica e i colleghi europei: guardate che siamo in regola per questo e quell'altro motivo. I vostri allarmi sono eccessivi. Siamo nei parametri. Tutto inutile. I gufi italiani facevano da volano e da amplificatore delle paure di Bruxelles e rincaravano la dose...

Ma la tranquillità di Tria e Conte nel presentare le cifre qualche sospetto aveva cominciato a farlo venire. Poi persino Mattarella, di certo non un salviniano e tantomeno grillino, pochi giorni fa in Austria durante un impegno istituzionale si era sbilanciato, dicendo che anche secondo lui l'Italia aveva fornito le garanzie necessarie per evitare la procedura di infrazione. 

Oggi l'Europa fa marcia indietro. Il comunicato recita: "La Commissione europea ha dato il via libera ai conti pubblici dell’Italia, considerando non necessario proporre - al livello decisionale dei ministri finanziari dell’Eurogruppo/Ecofin - una eventuale procedura d’infrazione per deficit eccessivo a causa dell’alto debito. Lo ha annunciato a Bruxelles il commissario UE per gli Affari economici, il francese Pierre Moscovici, dicendo che «l’Italia rispetta le regole del Patto di stabilità per il 2019».

Apriti cielo. E ora? Certo. I conti saranno sorvegliati, un po' perché è giusto, un altro po' perché ormai l'hanno capito anche i muri che l'Europa abbaia, bluffa, gioca, manipola o almeno ci prova, la nostra politica economica a suon di allarmi e minacce. Un giochino che ha spesso funzionato, con altri governi del passato, ma che con questo ha trovato un nemico più arcigno, diciamo che non si mette subito sull'attenti e dice "Signorsi!", ma che ha la forza di contestare e presentare le sue ragioni ed i suoi numeri.

Una notizia che arriva pochi giorni dopo i dati sulla disoccupazione, scesa dopo anni, sotto al 10%. La calma è d'obbligo. Non eravamo ad un passo dal baratro, non siamo nemmeno la locomotiva del mondo. La strada intrapresa però sembra quella giusta.

Restano i gufi, zitti. Quelli che, forse, si attaccano alle paure ed alle minacce di Bruxelles come armi politiche semplicemente perché non ne hanno una loro. Non una proposta economica nuova; non un'idea di Europa diversa da quella (fallimentare) passata. Gli tocca masticare amaro, fino al prossimo allarme, al prossimo bluff. Ad oggi posticipato ad ottobre

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