Ungheria: perché Orban attacca Soros e le Ong
Il primo ministro accusa il magnate di favorire l’immigrazione islamica di massa per cambiare la natura cristiano-nazionale del Paese
Gli ungheresi si sono recati alle urne e hanno eletto un nuovo parlamento confermando lo strapotere del primo ministro Viktor Orban, l’uomo che ha riscritto la Costituzione accentrando i poteri sul governo, che ha attaccato i media a lui e al suo partito non allineati, che ha ingaggiato una guerra ai migranti mettendo in discussione i principi di accoglienza dell’Unione europea.
Orban, che i media internazionali amano definire come "il ragazzaccio" o "il lanciafiamme" d’Europa, come riporta sul Guardian il politologo olandese specialista dell'estremismo politico e dei movimenti populisti in Europa, Cas Mudde, ha fatto proprie in questi anni tutte le teorie della cospirazione dell’estrema destra costruendo su di esse la sua campagna elettorale prima e il suo regime poi.
Contro Soros e le Ong
Durante gli otto anni trascorsi da Orban nella stanza dei bottoni l’Ungheria è stata trasformata “da una travagliata democrazia liberale in una cleptocrazia illiberale”, come sostiene Muddle, in particolare riguardo alle politiche di immigrazione. Secondo il premier ungherese, l'Occidente "ha spianato la strada per la fine della cultura cristiana" favorendo la diffusione dell'Islam.
Dal 2010, fino alle elezioni dell’8 aprile, il governo di Budapest si è concentrato su un vago programma di cambiamento del Paese puntando il dito contro il suo nemico il miliardario americano-unghereseGeorge Soros e ciò che rappresenta. Per il neo primo ministro, Soros è il responsabile di precise strategie che favoriscono l’immigrazione islamica di massa tramite le rotte dei migranti gestite al fine di consolidare un sistema politico ed economico che consente al magnate (e a quelli come lui) di mantenere i suoi privilegi.
Insieme alla sua coalizione Fidesz-KDNP, Orban ha così nel tempo ulteriormente consolidato il suo "stato illiberale", diventando la voce sempre più influente della destra radicale in Europa. La misura presentata al Parlamento, come la “Stop Soros”, ne è l'esempio. Questo progetto di legge altro non è che una stretta vigorosa nei riguardi delle Ong impegnate nell’aiuto dei migranti.
Per la retorica nazionalista di Fidesz le organizzazioni umanitarie sono complici inconsapevoli della politica di Soros, o nel peggiore dei casi, suoi “agenti stranieri”. Far approvare la normativa riduce quindi drasticamente, fino a bloccarla, l’attività delle Ong attive nell’assistenza a profughi e rifugiati.
A tal proposito, lo stop delle Ong è di fatto un fermo delle stesse anche nelle zone di accesso di frontiera che avverrebbe se queste fossero ritenute “un rischio per la sicurezza nazionale”. Questo atto formale può significare che le organizzazioni non governative se bloccate, devono tenersi a una distanza di otto chilometri dai confini, e se considerate non rispettose dei divieti imposti dal governo, possono essere addirittura “sciolte”.
La tassa sugli interventi stranieri
Sotto la presa di posizione muscolare de “Il governo ungherese si oppone all’immigrazione illegale in ogni modo”, Orban frena gli “interventi stranieri” attraverso una tassa al 25 per cento per le donazioni dall’estero che, all’interno del piano contro Soros, risulta una vera bastonata per le Ong. E i numeri parlano chiaro: la Open Society Foundations del magnate ha speso, per sostenere la democrazia e lo sviluppo nell’Europa dell’Est, più di 1,6 miliardi di dollari in 30 anni. Un bel danno quindi per gli enti destinatari dei finanziamenti di Soros se questo rubinetto si chiudesse.
Ma a confondere le acque dalla parte di Orban c'è anche un certo tipo di stampa. Tranne alcuni, la maggioranza dei media ungheresi sono stati trasformati in una macchina propagandistica del regime che, invece di raccontare dei massicci scandali di corruzione che soffocano l’Ungheria, bombardano i cittadini con terrificanti storie di immigrati. Sopratutto di religione musulmana. Chiudendo il cerchio sugli stranieri ma non su Orban e sui suoi imbrogli.