Ungheria: Viktor Orban, il premier che odia Ue e migranti
Polemico contro l'Europa, filorusso, autoritario: il ritratto del primo ministro magiaro che dice no all'accoglienza
Per Lookout news
L’Ungheria si conferma uno dei Paesi dell’Unione più ostili alle politiche democratiche e di accoglimento dei migranti, in controtendenza con le decisioni di Bruxelles di questi giorni. Il perché è tutto nel profilo del premier ungherese, Viktor Orbàn.
Era il 1 gennaio 2012 quando la nuova - e subito contestata - Costituzione ungherese entrava in vigore. I segnali di una svolta autoritaria in Ungheria c’erano già tutti: la nuova legge fondamentale ha ristretto di fatto la separazione dei poteri dello Stato, inserito una legge elettorale anti-partiti, escluso i matrimoni omosessuali, aumentato i poteri di polizia. Ma, soprattutto, eliminato la dicitura “Repubblica” accanto alla parola “Ungheria”.
Il tutto è stata opera del premier, nonché leader del partito nazional populista Fidesz e dominus della politica del Paese più o meno da vent’anni. Forte di una maggioranza assoluta in parlamento, Orbàn è riuscito a completare il suo disegno autoritario nel 2013, facendo approvare all’organo legislativo un pacchetto di emendamenti alla nuova Costituzione. A ciò è seguita l’affermazione elettorale del 2014, che ha visto crescere in maniera preoccupante la destra estremista e xenofoba: i conservatori del suo partito Fidesz hanno raggiunto in quell’occasione una maggioranza di due terzi nel Parlamento, mentre l’estrema destra xenofoba e antisemita del partito Jobbik (I migliori) ha ottenuto oltre il 20% dei voti.
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Chi è Viktor Orbàn
Nato il 31 Maggio 1963 nel piccolo villaggio ungherese di Alcsútdoboz, Viktor Orbàn si è formato come avvocato all'università di Budapest e successivamente ha studiato storia della filosofia politica liberale inglese a Oxford. Fondatore di Fidesz, la sua carriera politica comincia con la caduta del muro di Berlino: era il 16 giugno 1989 quando il futuro capo del governo chiedeva pubblicamente il ritiro delle forze sovietiche e lo svolgimento di libere elezioni.
Divenuto poi primo ministro nel 1998 e riconfermato nel 2002, è tornato alla guida dell’Ungheria a partire dal 2010, quando Fidesz e i suoi alleati cristiano-democratici hanno riconquistato la maggioranza assoluta. Nel dicembre 2011, il “suo” parlamento ha approvato una nuova legge elettorale controversa, che ha dimezzato il numero dei parlamentari e ridisegnato la mappa delle circoscrizioni elettorali. Cosa che gli ha garantito la rielezione nel 2014.
Sposato e padre di cinque figli, lo appassionano il calcio e la politica autoritaria di stile putiniano. Cosa che lo ha progressivamente avvicinato al Cremlino e parallelamente allontanato dall’Unione Europea, di cui oggi non condivide gran parte delle scelte, specie in materia di migranti. Aspramente critico sulle sanzioni contro Mosca, Orbàn non è nuovo a scontri con l’UE, anche se fino alla svolta autoritaria del 2013 aveva sempre fatto un passo indietro di fronte alle pressioni da parte di Bruxelles.
Il rapporto con Mosca
Circa il rapporto con Mosca, l’Ungheria ha approvato negli ultimi anni una legge “filorussa” che puntava ad accelerare la costruzione del gasdotto South Stream (con l’aiuto del colosso russo Gazprom), una mossa con cui l’esecutivo ungherese di fatto dimostrava di ignorare del tutto regole e cavilli imposti dall’Unione Europea, che invece ha lavorato per bloccare la messa in opera delle condotte. Tale legge permetteva al contrario di velocizzare la costruzione del gasdotto, ignorando i richiami della Commissione Europea. Tuttavia, lo scorso dicembre questa politica ha subito una grave battuta d’arresto, quando la Russia ha annullato i suoi piani per il gasdotto South Stream. Il che non ha giovato al suo partito, che difatti ha subito una flessione, perdendo due seggi alle ultime elezioni.
Nel frattempo, però, nel 2014 il governo Orbàn ha approvato un piano da 10 miliardi di euro in accordo con la Russia per il finanziamento di due nuovi reattori alla centrale nucleare di Paks. A dimostrazione che il rapporto speciale con Mosca prosegue.
No agli immigrati
Così come prosegue anche la politica del premier in materia di migrazione. L’ultima dimostrazione di forza di Viktor Orbàn è la costruzione di una recinzione di ben 175 km lungo il confine con la Serbia per frenare il flusso dei migranti in ingresso provenienti da Medio Oriente e Africa, e i cui lavori sono partiti nel luglio 2015.
C’è da credere che l’Ungheria continuerà a dare del filo da torcere ai suoi partner europei, almeno finché Orbàn sarà al potere. Del resto, non ci si può aspettare niente di più da parte di un capo del governo che ha più volte affermato: “I leader europei hanno dimostrato chiaramente di non essere in grado, di non avere la capacità di gestire la situazione […] Tocca ai singoli Paesi controllare le frontiere esterne. È questo sta facendo l’Ungheria”.