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ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Unioni civili: tutti gli errori di Renzi

L'errata valutazione sulla maggioranza e sui voti del M5S, i termini sbagliati sul testo di legge, il non averci messo la faccia

Quanto si sospettava da qualche tempo è ormai diventato inevitabile: il salvataggio delle unioni civili dovrà passare attraverso il sacrificio delle adozioni gay. Dopo il no dei 5Stelle al canguro (l'emendamento che avrebbe contenuto l'intero ddl Cirinnà tagliando di fatto tutte le altre proposte di modifica), l'unica strada praticabile, al netto delle resistenze della sinistra dem, risulta essere questa. Previo accordo con l'Ncd di Angelino Alfano (che non è ancora affatto convinto e ha già posto una serie di condizioni), l'idea di Matteo Renzi è quella di un maxiemendamento governativo, senza adozioni, su cui mettere la fiducia rinviando l'articolo 5 a un nuovo ddl da presentare alla Camera.

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Proseguendo sulla via già tracciata il rischio è infatti che, complici soprattutto i voti segreti, il testo originale ne esca stravolto. A quel punto tornerebbe alla Camera che dovrebbe di nuovo metterci mano per poi farlo tornare in Senato e così via fino al probabile definitivo abbandono. All'Assemblea nazionale del Pd di ieri, il premier ha tentato di far passare questa soluzione come un salto di qualità delle unioni civili elevandole al rango delle principali riforme del governo. In realtà si tratta dell'estrema ratio per cogliere almeno l'uovo dopo una serie di errori che hanno già condannato la gallina.

Dalla libertà di coscienza alla fiducia
Matteo Renzi era talmente sicuro di avere i numeri per approvare il testo completo da permettersi addirittura di lasciare libertà di coscienza sulla stepchild adoption calcolando che il dissenso si sarebbe fermato all'area cattolica interna ed esterna al Partito democratico. Mai previsione si è però rivelata tanto errata. Ha scommesso allora che tra voti segreti, cavilli e canguri sarebbe riuscito a tirare fuori dal cappello una maggioranza che invece non esiste affidandosi ai numeri della forza d'opposizione, il M5S, meno disponibile in assoluto a fare accordi per rendere la vita più facile al Pd.

Dare per scontati i voti del M5S
All'Assemblea nazionale del Pd Matteo Renzi ha dedicato un colorito passaggio del suo intervento d'apertura ai 5Stelle. Li ha sfottuti perché credono alla sirene del Mediterraneo, ai complotti sull'allunaggio e sull'11 settembre, alle scie chimiche e ai chip sottopelle. Perché una loro senatrice, Paola Taverna, ha dichiarato che, a Roma, esiste un complotto per farli vincere. Poi ha concluso che il punto vero “è che il M5S ha come obbiettivo quello di fare il male del Pd”. Eppure, solo fino a qualche giorno fa, era proprio con i 5Stelle che Renzi e il Pd pensavano di poter portare a casa le unioni civili.

Al punto che la relatrice del ddl Monica Cirinnà ha incolpato soprattutto loro di tradimento quando hanno detto di no al canguro. Ora è abbastanza chiaro che se il patto con Alfano andrà in porto con l'affossamento dell'articolo 5 sulla stepchild adoption è proprio sui grillini che Renzi scaricherà la colpa. Ha già cominciato a farlo. Ma l'errore di valutazione è stato suo: perché i 5Stelle avrebbero dovuto levare le castagne dal fuoco a una maggioranza senza numeri mettendo i propri voti a disposizione non delle unioni civili e delle adozioni gay ma di un emendamento ammazza-emendamenti?

Ddl zeppo di errori e contraddizioni
Anche il testo in sé non è esente da critiche. A parte gli errori già portati alla luce e che hanno costretto il Pd a correre ai ripari apportando le necessarie modifiche e che riguardavano, tra gli altri, il riferimento all'articolo 122 del codice civile laddove si si stabilisce che il matrimonio è nullo se uno dei coniugi si rivela essere gay (nel codice civile si parla di “deviazione sessuale” del coniuge, ossia di omosessualità), il testo della Cirinnà non risolve nemmeno il problema della discriminazione tra i due sessi.

Due donne unite civilmente, infatti, possono legalmente aver un figlio con inseminazione artificiale ammesso dalla legge italiana. Due uomini no. Per loro la via dell'adozione resta, ad oggi, l'unica praticabile. Ma non in senso assoluto. L'articolo 5, infatti, prevede che sia adottabile dal partner solo il figlio biologico di uno dei due.

“Stepchild adoption” invece di “adozione del figliastro"
Nonostante ciò, il ddl Cirinnà viene attaccato proprio perché, secondo i suoi detrattori, nasconderebbe un implicito via libera alle adozioni per tutti ammettendo anche il ricorso alla maternità surrogata.

È vero che in nessuna parte del testo si dà adito a un automatismo di questo genere ma è indubbio che se le unioni civili servono a riconoscere alle coppie gay gli stessi diritti di quelle etero, non si capisce cosa potrebbe impedire anche a due uomini di aspirare, dopo la stepchild, all'adozione vera e propria per poter diventare genitori come tutti gli altri. La sostanza sarebbe cambiata se invece che stepchild adoption si fosse preferita l'espressione italiana “adozione del figliastro”? Forse no, ma probabilmente l'accanimento contro l'articolo 5 sarebbe stato inferiore.

“Unioni civili” invece di “matrimonio gay”
Se invece l'obbiettivo del ddl era quello di produrre una vera rivoluzione culturale, oltre che normativa, allora gli autori avrebbero fatto meglio a rinunciare a ogni indugio e a chiamare le cose con il loro nome. L'espressione “unioni civili” è contraddittoria come lo sono quasi sempre tutti i compromessi linguistici. Se l'obbiettivo del Pd era quello di riconoscere gli stessi diritti alle coppie gay, allora perché non proporre direttamente il riconoscimento dei matrimoni gay facendone una battaglia di civiltà vera e a viso aperto?

La giustificazione che viene sempre riproposta è che in una paese come l'Italia non si può che procedere per gradi per non urtare la sensibilità di una parte importante di cittadini che intendono il matrimonio come unione naturale tra un uomo e una donna. Allora perché non consultarli direttamente? Per timore dell'esito di un risultato negativo, si è scelta la via della mediazione parlamentare. Che però, ad oggi, appare fallita.

Non averci messo la faccia
Da più parti era stato richiesto a Matteo Renzi di “adottare” le unioni civili come una delle riforme qualificanti del suo governo e non solo del Partito democratico. Fino all'ultimo il premier ha cercato di resistere e lo ha fatto per tutta una serie di ragioni (non mettersi contro un pezzo del suo mondo, moderato e cattolico) che però non hanno retto alla prova dei numeri in Parlamento. Per far capire quanto tenesse a questa legge, ha pensato che bastasse farsi fotografare insieme alle famiglie arcobaleno in una pausa dell'ultima Leopolda.

Senza però far mai credere che all'approvazione del ddl Cirinnà avrebbe condizionato la propria permanenza al governo come ha fatto in tutti quei casi in cui è ricorso alla fiducia (Jobs Act, Scuola) e addirittura al referendum confermativo come per la Riforma del Senato. Oggi a chi, tra i suoi, minaccia di rompere e andarsene dal Pd sia nel caso si votino le adozioni gay sia qualora vengano stralciate manda a dire che la sua risposta è composta di sole quattro lettere “ciao”. Ma si tratta di una risposta tardiva. Che arriva quando ha già deciso di dover rinunciare a una parte qualificante di questa legge, quella sulle adozioni, per non averla voluta difendere e sostenere con più decisione fino a questo momento.

Il falsh mob a Milano per le unioni civili

ANSA / MATTEO BAZZI
La manifestazione per i diritti civili delle coppie omosessuali organizzata dai Sentinelli di Milano in piazza del Duomo, Milano, 21 febbraio 2016.

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Claudia Daconto