Il governo dell'unione Renzi-Verdini
Proteste della minoranza dem dopo il soccorso-fiducia di Ala. Congresso più vicino per scongiurare la nascita ufficiale del Partito della Nazione
Matteo Renzi parla di “risultato storico”. Dopo i fallimenti del passato su Dico e Pacs, il via libera del Senato alle unioni civili, che ora andranno alla Camera, rappresenta per lui un successo, la vittoria dell'amore, addirittura. Qualcuno dice dell'amore con Verdini, soprattutto. Il Senato, in effetti, non ha votato le unioni civili (nessun articolo o comma è mai stato sottoposto a votazione) ma una controversa fiducia sulle unioni civili alla quale si sono uniti anche i voti dei 18 senatori di Ala.
Unioni civili: le cose da sapere
Controversa sia per la composizione della maggioranza che l'ha espressa che per come si è arrivati votarla. Inizialmente il premier aveva addirittura previsto, per i senatori del suo partito, libertà di coscienza sulla stepchild adoption nella convizione di avere i numeri sufficienti per far approvare la Cirinnà comprese le adizioni. Poi messo con le spalle al muro dal M5S che si è rifiutato di appoggiare il canguro, ossia l'emendamento premissivo che avrebbe fatto cadere tutti gli altri, è dovuto ricorrere a una forzatura ancora maggiore: quella della fiducia su un maxi emendamento scritto con Alfano e appoggiato da Verdini.
Forse è vero che, dopo il dietrofront dei 5Stelle, non c'erano alternative ma sostenere addirittura, come sta facendo oggi Matteo Renzi, che il frutto dell'intera operazione sia una legge di sinistra, suona un tantino eccessivo. Almeno alle orecchie delle associazioni gay e della sinistra dem. Roberto Speranza ha tentato in ogni modo di tenere a bada, almeno fino al momento del voto, la rabbia dei compagni della minoranza “per non sporcare questa giornata”. Ma alla fine pure lui ha dovuto definire l'ingresso di Verdini nella maggioranza come “una roba indigeribile e intollerabile contro cui faremo ogni cosa”.
Non che negli ultimi due anni le minacce dell'opposizione interna abbiano sortito grandi sfraceli. Solo che, a questo punto, impedire la trasformazione del Pd in Partito della nazione diventa, per gli avversari interni di Renzi, quasi imperativo. Cresce infatti la richiesta di anticipare il Congresso. Il nome da spendere già ci sarebbe: il governatore della Toscana Enrico Rossi. Ma non è detto che resti l'unico.
Il timore più forte è quello di vedersi scalzare dalle prossime liste del Pd proprio dai verdiniani. Il capogruppo alla Camera Ettore Rosato smentisce categoricamente che sia stato offerto a Verdini qualcosa in cambio del voto di fiducia. Ma la domanda è se Verdini sia tipo da concedersi per nulla. Il che non significa che la contropartita debba necessariamente tradursi in poltrone e candidature. Le vie del potere sono infinite e spesso poco evidenti.
Renzi di Verdini preferisce non parlare. Gli preme di più ribadire che, dopo il passaggio alla Camera, l'Italia avrà finalmente una legge che aspettava da 30 anni. Per molti una legge anche già vecchia di 20 anni che ancora nel 2016 non riconosce come famiglie, aperte alla vita, le unioni di persone dello stesso sesso.
La replica è che senza l'accordo con Alfano e i voti di Verdini, le coppie omosessuali non solo non avrebbero avuto riconosciuti il diritto ad essere considerate famiglie a tutti gli effetti e quindi anche quello all'adozione del figlio biologico del partner, ma nemmeno quelli amministrativi ed economici.
Ciò giustifica i toni trionfalistici di Renzi? Il percorso che ha portato a questo risultato, dall'appoggio senza se e senza ma al testo Cirinnà, passando per l'intesa con i grillini fino all'accordo con Alfano (che ieri è riuscito a sprecare l'occasione di godersi il successo attirandosi mille critiche per la frase sulla “rivoluzione contro-natura”), suggerisce di no.