Uragano Michael: un altro regalo del clima che cambia
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Uragano Michael: un altro regalo del clima che cambia

Le tempeste di fanno più violente perché l'oceano più caldo le alimenta, e più gonfie di pioggia perché l'aria calda trattiene l'umidità

E' una delle tempeste più potenti che abbiano mai colpito gli Stati Uniti continentali. L'arrivo dell'uragano Michael in Florida ha spinto le autorità a diramare un ordine di evacuazione per 120mila persone. Il suo passaggio ha lasciato sul terreno almeno due morti (una bambina di 11 anni e un adulto) e 380mila residenti sono senza elettricità. Con i suoi venti a 247 km/h e il suo corollario di inondazioni, si pensa che alla fine la conta dei danni provocati dalla tempesta ammonterà a 15 miliardi di dollari.

La stagione degli uragani va dal primo giugno al 30 di novembre. Dal 1851 ad oggi, però solo 16 uragani di categoria 3 o superiore hanno colpito gli Stati Uniti continentali in ottobre e solo cinque di questi hanno toccato terra prima di Michael, l'ultimo dei quali è stato Wilma nel 2005, quindi erano 13 anni che non si verificava un evento del genere in questo periodo. L'80% dei grandi uragani che hanno colpito gli Stati Uniti nel secolo scorso si è verificato prima del mese di ottobre.

Aumentano forza e frequenza

Gli uragani sono diventati più frequenti o più violenti negli ultimi anni? E il cambiamento climatico ha delle responsabilità? La risposta a entrambe le domande è sì. Le tendenze di lungo periodo ci dicono che sia il numero delle tempeste sia la loro violenza sono aumentati. Dal 1970 si sono verificati in media sei uragani atlantici all'anno. Nel 2017 però se ne sono formati 10, l'anno peggiore di tutti per gli uragani. In particolare Harvey, Maria e Irma hanno portato la devastazione nelle aree in cui sono passati, provocando danni per 265 milioni di dollari. Ma l'anno con più tempeste in assoluto è stato il 2005 che ne ha viste addirittura 28, una delle quali era l'uragano Katrina.

Rispetto all'inizio del XX secolo sono aumentate la frequenza e la forza delle tempeste. Non necessariamente quelle di categoria 5, più violente ma assai più rare, sono quelle che lasciano sul terreno il maggior numero di vittime e danni. Harvey era di categoria 4, ma nei diversi giorni in cui è durato ha avuto modo di scaricare qualcosa come 100 milioni di miliardi di litri di pioggia, una quantità difficile da immaginare.

Per una maggior precisione nel valutare la gravità di una tempesta, i meteorologi si affidano all'indice di energia accumulata dal ciclone per tenere conto della forza, della frequenza e della durata delle tempeste per anno. Così emerge che negli ultimi 24 anni ci sono state 15 stagioni di uragani sopra la norma. Comunque dei 33 grandi uragani di categoria 5 che si sono verificati dal 1924, 11 sono avvenuti negli ultimi 14 anni.

Il ruolo del clima che cambia

Gli oceani si scaldano sempre più velocemente a causa dell'effetto serra. L'acqua più calda fornisce più energia agli uragani. La previsione è che le tempeste non saranno solo più frequenti e violente, ma anche più lente e più umide. L'aria calda infatti trattiene una maggiore quantità di umidità, che viene poi scaricata dal ciclone al suo passaggio. Anche le inondazioni prodotte dagli uragani sono destinate a peggiorare, per il semplice fatto che il livello del mare si sta alzando, anche questa una conseguenza dei cambiamenti climatici.

Ovviamente quello climatico non è un sistema semplice, dove sia possibile rintracciare senza ombra di dubbio causa ed effetto. Nonostante il riscaldamento di aria e acqua e l'innalzamento dei mari, tutte circostanze che favoriscono gli uragani, ci sono anche stagioni relativamente calme. Altri fattori possono entrare in gioco e controbilanciare gli elementi che favoriscono la formazione delle tempeste. Uno di questi è El Niño, fenomeno per il quale l'Oceano Pacifico vicino all'Equatore diventa più caldo del solito, il che ha un effetto sulla circolazione globale dei venti e causa venti più forti nell'Atlantico, scongiurando gli uragani.

Quanto all'aumento dei danni alle cose e alle persone, questo ha meno a che vedere con il clima che cambia e molto di più con le dinamiche demografiche e abitative. Houston, città del Texas devastata lo scorso anno dal passaggio dell'uragano Harvey, oggi ha una popolazione più che doppia rispetto al 1960 e le zone residenziali si stanno espandendo in terreni più marginali e scarsamente drenati. Questo significa che più persone e più beni sono in pericolo rispetto al passato.

Ogni quanti anni?

Dell'uragano Harvey gli scienziati dissero che si trattava di una di quelle tempeste che si verificano una volta ogni 500 anni. All'arrivo dell'uragano Florence sulle coste della Carolina lo scorso mese di settembre si disse che ci si trovava di fronte a qualcosa di "mai visto prima". Ma come accade anche in Europa in occasione di piogge "eccezionali", quello che i meteorologi sono costretti a registrare è che i tempi di ritorno di fenomeni come questi si stanno drammaticamente accorciando.

Quindi se è in effetti impossibile dare la colpa al cambiamento climatico per la violenza di una specifica tempesta, come per esempio l'uragano Michael, resta vero che la tendenza generale al riscaldamento di aria e acqua apre la strada a tempeste forse più frequenti, sicuramente più umide, probabilmente più grosse e violente. Prepararsi ad affrontarle non implica soltanto mettere a punto procedure di emergenza efficienti, ma per esempio ripensare la collocazione delle abitazioni e fare una pianificazione urbana che possa mettere al sicuro più persone possibili, considerato che il 40% della popolazione mondiale vive a meno di 100 km dal mare.

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Marta Buonadonna