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ANSA/Donatella Giagnori
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Usa, Corea del Nord e rischio nucleare: la mediazione del Papa in Vaticano

Il 10 e l'11 novembre, la Santa Sede ospiterà Onu, Nato, Corea del Sud, Russia e 11 Nobel per la Pace per scongiurare il conflitto

Papa Francesco il 10 e l'11 novembre prossimi ospiterà in Vaticano un vertice tra Onu, Nato, Corea del Sud, Paesi dell'Est e 11 premi Nobel per tentare di scongiurare un conflitto nucleare tra Usa e Corea del Nord.

Un vertice – anticipa il quotidiano La Repubblica – frutto di un intenso lavorìo diplomatico iniziato dalla Santa Sede da mesi, ma che – conferma l'arcivescovo Silvano Tomasi, nunzio apostolico e delegato papale per le politiche di disarmo nucleare – è diventato di vitale importanza alla luce dei rischi atomici a cui si sta andando incontro a causa del poco equilibrio mentale delle persone che siedono nelle stanze dei bottoni...”.

Jorge Mario Bergoglio, il vescovo di Roma arrivato dalla “fine del mondo”, farà tutto il possibile – assicurano i suoi collaboratori Oltretevere – per contrapporsi nel pericoloso braccio di ferro in atto ormai da mesi tra il leader nordcoreano Kim e il presidente Usa Roland Trump. E il discorso che pronuncerà all'apertura del vertice vaticano sarà cruciale.

Uno storico precedente

Ma non sarà la prima volta che un Papa si fa promotore di una iniziativa diplomatica tra Paesi in conflitto. Sarà invece una novità assoluta – storica nel suo genere – la scelta del Vaticano come sede di una trattativa diplomatica di altissimo livello per debellare una possibile nuova guerra atomica.

In principio fu Giovanni XXIII (papa Angelo Giuseppe Roncalli) che, nel 1962 in uno dei momenti più tragici della Guerra Fredda, scongiurò con un suo intervento radiofonico lo scoppio di una guerra nucleare tra Usa e Urss a causa dell'arrivo a Cuba di navi sovietiche con testate nucleari.

L'appello fu lanciato il 25 ottobre, quando una flotta sovietica stava per forzare il blocco navale americano installato al largo dell'isola caraibica su ordine dell'allora presidente Usa John Kennedy.

Giovanni XXIII pronunciò un discorso via radio “per la concordia e la pace tra i popoli”, invitando, “responsabili delle nazioni, governanti, uomini di buona volontà” a deporre le armi e a seguire le vie “del dialogo e del confronto”.

Parole, evidentemente, ascoltate sia a Washington che a Mosca, perchè le navi sovietiche, subito dopo l'appello papale, ritornarono indietro e la crisi fu risolta. E i due contendenti, Kennedy e il presidente dell'Urss Nikita Kruscev, ringraziarono il pontefice, che l'anno dopo – sulla spinta di quell'appello – scrisse la più importante enciclica del suo pontificato, la Pacem in Terris, il cui testo fu elogiato dai leader sia dei Paesi dell'Occidente che dell'Oriente. In Italia tra i primi il segretario del Pci Palmiro Togliatti che lo anticipò in un comizio ancora prima della pubblicazione ufficiale della Santa Sede, avendo avuto una copia dell'enciclica in via riservata dal suo amico sacerdote don Giuseppe De Luca.

La diplomazia, la via dei Papi per la pace

Papa Giovanni, in definitiva, fece della diplomazia pontificia la strada maestra per arrivare alla composizione pacifica di guerre e conflitti, prendendo a modello quanto fin dall'inizio del secolo passato avevano tentato di fare – con altri analoghi appelli – pontefici come Benedetto XV, il papa che tentò di scongiurare lo scoppio della Prima Guerra mondiale definendola “inutile strage”; Pio XI autore, nel 1937, di due encicliche scritte per condannare il nazismo, la Mit brennender Sorge (“Con viva preoccupazione”), e l'ideologia comunista, la Divini Redemptoris, con l'intento di mettere il freno ai venti di guerra provenienti dall'Est e dall'Ovest..

Il successore, Pio XII, in piena seconda guerra mondiale e con la grande responsabilità di aver aperto le porte di conventi, parrocchie e chiese dentro e fuori Roma per ospitarvi migliaia di ebrei, lanciò un forte appello contro le persecuzioni antisemite avviate dai nazisti che sarebbero sfociate nella tragedia della Shoa.

Notevole anche il ruolo per la promozione della pace sulla scia del pontificato di Giovanni XXIII svolto da Paolo VI, il primo papa a visitare la Terra Santa (il 4-6 gennaio 1964, ndr) dai tempi di San Pietro, invitando i contendenti del conflitto israelo-palestinese a deporre le armi e ad avviare trattative all'insegna della pace e dell'armonia tra i popoli della regione.

Paolo VI è stato, inoltre, il primo papa a parlare alla sede dell'Onu, a New York, il 3 ottobre 1965, pronunziando un memorabile discorso in difesa della pace e contro la guerra (“Distruggete le armi, riempite i granai, mai più guerre e conflitti!”.

Tra i Papi “mediatori” del Novecento un posto di grande rispetto va assegnato anche a Giovanni Paolo I (Albino Luciani) il papa dei 33 giorni che, nel settembre del 1978, ebbe la lungimiranza di avviare una trattativa bilaterale tra Argentina e Cile sull'orlo di un possibile conflitto a causa di una serie di dispute sui confini tra i due Stati.

Papa Luciani avviò la mediazione, che poi fu portata a buon fine dal successore, Giovanni Paolo II, il Papa che ha avuto il merito, grazie ai suoi viaggi internazionali e  ai suoi numerosi appelli “alla libertà religiosa e in difesa dei diritti umani”, di aver contribuito alla caduta del regime sovietico e della Cortina di ferro; e successivamente l'avvio delle trattative per la fine dell'embargo di Cuba, che visitò – primo pontefice - il 25 gennaio 1998, seguito poi anche da papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger).

Di portata storica, l'opera diplomatica svolta da papa Francesco tra Usa e Cuba per la riapertura dei rapporti tra i due Paesi, per la quale si è meritato i ringraziamenti ufficiali dell'allora presidente Barak Obama e di Raul Castro, presidente cubano.

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Orazio La Rocca