Verso Minsk: le condizioni di Kiev e dei filorussi
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Verso Minsk: le condizioni di Kiev e dei filorussi

Che cosa potrebbe prevedere un ipotetico accordo per fermare gli scontri nel Donbass

I giornali di tutto il mondo l’hanno definita l’ultima chance utile per trovare una soluzione diplomatica alla crisi in Ucraina. Alle 17.00 a Minsk, in Bielorussia, i leader di Kiev, Russia, Francia e Germania si incontreranno per tentare di fermare attraverso il dialogo l’escalation di violenze che nel Donbass tra il 31 gennaio e il 5 febbraio ha provocato oltre 260 vittime tra i civili. I colloqui saranno seguiti da più di 400 giornalisti provenienti da ogni parte del mondo. Nessuno però finora si è sbilanciato sull’esito delle trattative. Speranzose le delegazioni di Francia e Germania, i Paesi promotori dell’iniziativa. Segnali positivi sono arrivati anche da Mosca, con una fonte diplomatica russa che ha affermato all’agenzia Reuters che ci sarebbe un 70% di possibilità che i negoziati di Minsk possano produrre un accordo di pace.

Per il momento i dettagli sulle possibili proposte che verranno presentate sul tavolo non sono però molti. Tra i punti caldeggiati dal blocco Parigi-Berlino-Kiev ci sarebbe l’istituzione di un’ampia zona demilitarizzata, all’interno della quale l’esercito ucraino e le milizie dei ribelli filorussi si impegnerebbero a deporre le armi, e l’istituzione di una forza di pace internazionale a cui verrebbe affidato il compito di monitorare la situazione da qui ai prossimi mesi.

 Le condizioni poste da Kiev e dai ribelli filorussi
Kiev nella fattispecie pretende il ripristino della sua autorità governativa nelle regioni separatiste di Donetsk e Lugansk – alle quali sarebbe pronta a offrire in cambio una maggiore autonomia amministrativa -, il disarmo delle forze ribelli, il ritiro delle truppe russe dai territori ucraini e la ripresa del controllo dei confini con la Russia.

 Dal canto loro, i ribelli filorussi chiedono il riconoscimento da parte del governo di Kiev delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk e la concessione dell’amnistia per i leader separatisti. C’è poi da tenere conto anche delle richieste della Russia. Mosca presserà per ottenere il riconoscimento del diritto per le popolazioni del Donbass di usare la lingua russa nei settori dell’amministrazione e delll’istruzione. Il Cremlino chiederà inoltre piena autonomia per Donetsk e Lugansk, il mantenimento della Crimea all’interno della Federazione Russa e il ritiro delle truppe ucraine dalle zone di combattimento.

 Se i colloqui di Minsk non avranno l’esito sperato, lo scontro tra il blocco atlantico e la Russia sarebbe frontale e l’Europa potrebbe decidere di attuare la fase tre delle misure sanzionatorie nei confronti del Cremlino.

 

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L’esito dell’incontro del gruppo di contatto
Intanto, il 10 febbraio sempre a Minsk si è riunito il Gruppo di contatto formato dai rappresentanti di Ucraina, Russia, ribelli filorussi e membri dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa). La riunione non ha però prodotto passi in avanti concreti, se non un accordo di massima per un nuovo cessate il fuoco che verrà però confermato solo dopo aver conosciuto l’esito del confronto di questo pomeriggio.

 L’ostacolo principale che al momento blocca le trattative rimanda al posizionamento dei due schieramenti sul terreno degli scontri. L’esercito di Kiev ha infatti dichiarato di essere pronto a deporre le armi solo nel momento in cui i miliziani filorussi di Donetsk e Lugansk ripiegheranno consegnando i territori conquistati nell’ultimo mese di combattimenti. La situazione non sarebbe dunque molto diversa da quella dell’agosto del 2014, quando Russia e Ucraina raggiunsero una tregua mediata dall’OSCE senza che però poi tale accordo venisse rispettato da nessuna delle parti.

 

La situazione dei combattimenti
Alla luce di tutto ciò, l’est dell’Ucraina non può che attendere con scetticismo i colloqui di oggi a Minsk. L’annuncio del nuovo round di negoziati non ha posto alcun freno agli scontri, con epicentri a Kramatorsk (ieri segnalate 16 persone uccise), Debaltseve, nel porto di Mariupol e Donetsk, dove almeno dieci civili sono morti a causa di una doppia esplosione nel centro della città.

 La situazione resta dunque molto tesa e a renderla ancora più critica sono le voci che si sono rincorse nelle ultimissime ore. Secondo media russi e ucraini militari statunitensi si troverebbero in Ucraina per discutere dell’addestramento della guardia nazionale di Kiev. Mentre il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha affermato che le autorità ucraine sono pronte a introdurre la legge marziale in tutto il Paese se ci sarà un’ulteriore escalation del conflitto nel Donbass. Uno scenario che appare sempre più inevitabile, a meno che a Minsk non sarà la diplomazia ad avere la meglio sulle rivendicazioni e sugli scambi di accuse.

Guerra nel Donnbass

VASILY MAXIMOV/AFP/Getty Images
Una signora di fronte a un mercato vicino alla stazione ferroviaria di Donetsk, Ucraina, 11 febbraio 2015

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Rocco Bellantone