Oltre il 40% dell’odio online colpisce le donne, alimentando la violenza reale
Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, i dati mostrano come l’hate speech contro di loro sia un ponte pericoloso tra il mondo digitale e quello reale
Non si tratta solo di parole scritte in un commento o di messaggi lasciati da sconosciuti. La violenza contro le donne trova nel mondo digitale una potente cassa di risonanza. Secondo l’ultima Mappa dell’Intolleranza redatta da VOX - Osservatorio Italiano dei Diritti, tra gennaio e ottobre 2022, le donne sono state il principale bersaglio dell’hate speech in rete, con il 43,21% dei 626.151 tweet analizzati. Questo dato non solo supera quello di altre categorie vulnerabili come le persone disabili, ma raggiunge picchi significativi in concomitanza con tragici episodi di femminicidio. La correlazione tra discorsi d’odio e femminicidi è ormai evidente: ogni volta che un caso di cronaca arriva al centro del dibattito pubblico, la rete si riempie di commenti sessisti, colpevolizzazioni delle vittime e minimizzazioni del fenomeno. Questo clima di odio non è privo di conseguenze: studi dimostrano come l’hate speech online non solo rifletta la violenza offline, ma possa persino amplificarla, abbassando la soglia di tolleranza sociale verso la discriminazione. Una ricerca, condotta in collaborazione tra i ricercatori dell’University college di Londra e l’Università del Kent
ha evidenziato un aumento di quattro volte del contenuto misogino nella sezione “Per Te” di TikTok in soli cinque giorni, secondo uno studio di modellazione algoritmica.
Questo comporta che i messaggi di disprezzo verso le donne vengono sempre più interiorizzati dai giovani, influenzando i loro comportamenti offline. I dirigenti scolastici intervistati hanno riferito che tali stereotipi stanno diventando parte della normalità nei comportamenti interpersonali dei giovani. Le ragazze e le donne subiscono così un duplice attacco: quello diretto del linguaggio d’odio online e quello indiretto, che emerge nei rapporti quotidiani, radicato in questa narrazione tossica.
In precedenti studi condotti da UCL, si è osservato che la violenza sessuale online è una realtà comune per le donne e le ragazze, un fenomeno che negli ultimi anni è aumentato a causa delle dinamiche algoritmiche dei social media. Questi contenuti hanno un impatto devastante sulla psiche delle vittime, come sottolineato nel report Protecting Women and Girls from Violence in the Digital Age, in cui il Consiglio d’Europa associa la violenza psicologica all’hate speech, identificando manifestazioni gravi come l’istigazione al suicidio, gli attacchi verbali, gli insulti e le minacce di morte. Un’ulteriore conferma arriva da Amnesty International, che nel suo rapporto Barometro dell’Odio 2023-24, relativo al dibattito sui social media dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023, evidenzia un preoccupante aumento dei contenuti di odio. Dal 2019 ad oggi, la percentuale di discorsi offensivi, discriminatori o incitanti alla violenza è passata dal 10% al 15%. In particolare, i contenuti che promuovono la discriminazione e la violenza sono triplicati, superando il 3% del totale analizzato.
Perché un utente insulta una donna? Gli esperti identificano diverse cause alla base di questi comportamenti, tra cui pregiudizi di genere, insicurezze personali, il desiderio di affermare una supremazia simbolica o la pressione di conformarsi a dinamiche di gruppo tossiche.
Le donne diventano frequentemente bersagli semplicemente per aver sfidato i ruoli di genere tradizionali o per la loro visibilità pubblica. Donne in politica, giornaliste, creator digitali, sportive e altre figure influenti sono spesso attaccate, non solo per le loro opinioni, ma anche per il loro aspetto fisico, subendo insulti sessisti che mirano a delegittimarle pubblicamente per minare la loro credibilità.
Le parole hanno un peso, e quando diventano armi di offesa possono trasformarsi in un preludio alla violenza fisica. I discorsi d’odio contribuiscono a disumanizzare le vittime, a normalizzare atteggiamenti discriminatori e a rendere accettabili comportamenti violenti.
Le donne che subiscono odio online non si trovano di fronte solo a insulti: l’hate speech si accompagna spesso a minacce di stupro, di morte o a veri e propri attacchi mirati che possono sfociare nel doxxing (la diffusione di informazioni personali con intenti intimidatori). Questo clima di intimidazione ha ripercussioni profonde, limitando la libertà di espressione delle donne e il loro accesso agli spazi pubblici e digitali.
L’odio che viaggia in rete non è una realtà parallela: è lo specchio di una società che ancora fatica a riconoscere le donne come libere di esprimersi, di essere visibili e di vivere senza paura. È il terreno dove si costruiscono narrazioni tossiche, dove si legittimano atteggiamenti violenti, dove si alimentano stereotipi che giustificano il male. Ogni insulto, ogni minaccia è una pietra che costruisce il muro dell’intolleranza, un passo verso una violenza che non conosce più confini.