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ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
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Voglio un Salvini spericolato

La leadership del centrodestra se l'è guadagnata sul campo. Ma ora deve dimostrare di essere in grado di far crescere l'Italia e rassicurare l'Europa

Io non sono un militante. Guardo alla politica con interesse, curiosità e un sano distacco. Osservo, mi faccio un'idea personale, pronto a cambiarla se ne vedo una migliore della mia.

Da lunedì leggo che l'Italia viene dipinta in mano a due populismi: al Centrosud quello dei grillinial Centronord quello dei leghisti.

È indubbio che i vincitori delle elezioni siano Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma ho seri dubbi che si tratti di due estremi sovrapponibili.

Il movimento di Beppe Grillo ha vinto soffiando sul malcontento delle regioni in più gravi difficoltà economiche e sociali, promettendo reddito di cittadinanza per tutti, ricalcando quell'assistenzialismo che ha fatto ammalare il Meridione.

La Lega ha vinto in regioni che funzionano e che producono, soffiando sul malcontento di persone che sentono i morsi della crisi ma li sentono dal loro posto di lavoro, dalle loro fabbriche, dalle loro università d'eccellenza.

I grillini promettono di guidare il Paese meglio di tutti dimenticando che dove amministrano sono un disastro, i leghisti possono vantare da anni la guida di città e regioni trainanti, forti, efficienti.

I grillini devono fare alleanze spurie, guardano al Pd su cui, dopo averne prosciugato l'elettorato, vogliono lanciare un'offerta pubblica d'acquisto. Per governare provano ad accaparrarsi le azioni che la sinistra ha ancora sul mercato politico.

La Lega invece sta dentro una coalizione. Abbiamo assistito a una campagna elettorale in cui si voleva dipingere questa coalizione come un'accozzaglia di opposti, tenuta insieme soltanto dalla voglia di potere. Ma anche adesso che non è arrivata ad avere la maggioranza assoluta, quella coalizione sta dimostrando di tenere, Salvini ne sta prendendo la guida perché il suo partito ha più votie perché così era stato stabilito dai patti.

Da cittadino non leghista credo che Salvini abbia tutto il diritto di dare le carte nel centrodestra. E da cittadino che si preoccupa di un'Italia nel caos, ho immaginato che Salvini potrebbe spiazzare tutti indicando come candidato premier un tessitore moderato, un Antonio Tajani, per esempio.

Dia le carte, il Matteo lombardo, dia seguito al programma che ha steso con i suoi alleati, si prenda una leadership che si è guadagnata sul campo, ma dimostri che lui pensa davvero a mettere prima di tutto l'Italia in sicurezza per poi farla crescere.

Porti avanti le sue critiche all'Europa ma rassicuri quell'Europa. Metta ordine al caos immigrati, abbassi le tasse, restituisca sicurezza ai cittadini, rilanci lo sviluppo ma lo faccia usando il meglio dei suoi alleati, lo faccia perfino con un nome non "suo" che potrebbe, quello sì, provocare un travaso di voti moderati magari tali da consentirgli una maggioranza assoluta in Parlamento.

Lo faccia dimostrando che la governabilità viene prima di tutto. Nessuno mette in discussione la sua leadership, una mossa così non sarebbe una mossa da grande leader?

Sentivo in televisione Maria Latella dire che quando ha avuto Salvini ospite in tv, è rimasta sorpresa dal vedere un politico che ragionava sul lungo periodo, che non improvvisava, che aveva un'idea precisa dell'Italia nei prossimi anni.

Mi è venuto in mente Nello Musumeci, da pochi mesi presidente della Regione siciliana. Il "fascista perbene", come l'ha definito Francesco Merlo su Repubblica.

Anche nel suo caso si era gridato all'estremismo, alle sue radici profondamente di destra. L'ho conosciuto quando ero un giovane cronista e sono andato a trovarlo qualche giorno fa.

Musumeci mi ha raccontato la storia di don Ciccino, un contadino ultraottantenne che viveva in una casa vicina alla sua. Una mattina vide l'anziano scavare con fatica tre profonde buche davanti all'abitazione. Che sta facendo don Ciccino? gli chiese. Quello gli rispose che voleva piantare tre alberi di ulivo che avrebbero fatto ombra davanti alla casa. Non ebbe, Musumeci, il coraggio di dirgli che prima di fare ombra quegli ulivi avrebbero avuto bisogno di anni e che, alla sua età, lui non l'avrebbe vista quell'ombra. Glielo fece però capire con delicatezza. E don Ciccino capì. Si appoggiò alla zappa, lo guardò negli occhie gli disse: "Non ha importanza Nello, io lavoro per il domani, quell'ombra se la godranno i miei figli".

Mi ha raccontato quella storia, Musumeci, per dirmi che il suo modo di governare la Sicilia è quello di don Ciccino: magari l'isola non cambierà nello spazio di un mattino, ma le generazioni a venire si troveranno la strada più spianata.

Non ho le stesse radici di destra di Musumeci, ma ho trovato quel discorso bellissimo. Altro che assistenzialismo e reddito di cittadinanza per tutti. Musumeci è nella stessa coalizione di Salvini, lui al Sud da uomo di destra, l'altro al Nord da leghista.

Se davvero Salvini vuol anche lui piantare gli ulivi perché i nostri figli possano godersi l'ombra, contro chi vuol dipingerlo come un leader destabilizzante faccia una mossa rassicurante e a sorpresa.

Scavi bene le buche per quegli alberi.

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Raffaele Leone