WaW - Women At Work, per le persone e per il lavoro
Da mesi un progetto ambizioso, complesso ma ricco di utilità si prende cura di quasi 300 ragazze in difficoltà con un mantra: recuperare la persona, formale poi al lavoro ed alla società
Si fa un gran parlare di donne, di difesa delle donne, dei loro diritti, delle loro qualità. Purtroppo al gran parlare non seguono azioni e fatti altrettanto corposi. Le difficoltà restano, così come le differenze con gli uomini, dalla politica alla casa, dallo sport al mondo del lavoro. Soprattutto nel mondo del lavoro.
Lavoro cui troppo spesso le donne sono costrette a rinunciare, per scelte di vita o per colpa di situazioni drammatiche che la vita stessa ha messo loro davanti. A pagare questo scotto soprattutto ragazze giovani, cresciute in ambienti familiari complicati, o con storie complicate alle spalle. Persone che hanno bisogno di inserirsi, di tornare alla normalità proprio attraverso il lavoro.
È questo lo scopo di «Waw - Women at Work» un progetto nato dall'unione di alcune esperienze di solidarietà ed assistenza da tempo divenute realtà in Lombardia e che si sono unite grazie anche al sostegno economico della regione e non solo.
«Bisogna sempre ricordare - spiega Alcide Gazzoli, Project Manager di WaW - che per prima cosa viene la persona. Il lavoro è qualcosa che completa, che aiuta, certo, ma prima viene il recupero della persona. Nei nostri centri abbiamo casi molto complessi; donne che hanno subito violenza, da quella sessuale a quella psicologica; ragazze borderline, con disturbi anche pesanti; ragazze madri in grossa difficoltà con tendenze all'autolesionismo. Il primo scopo del nostro progetto è quindi il recupero di queste persone, del loro equilibrio, per poterle poi inserire nel mondo del lavoro».
Dietro queste storie di difficoltà ci sono persone dalle grosse potenzialità cui il progetto Waw offre diversi laboratori in grado di espandere e far sfruttare al meglio queste loro opportunità.
«Con molte di queste ragazze dobbiamo per prima cosa lavorare sul recupero di se stessi - racconta Gazzoli - abbiamo per questo pensato ad un laboratorio di cosmetica, trucco, per provare a cambiare lo sguardo che queste ragazze hanno verso se stesse. Un modo per dare loro forza, consapevolezza ed anche un po' di autostima. Per le giovani mamme poi ci sono laboratori di gestione della casa, dalla pulizia, alla cassa, alla cucina. Infine anche laboratori di pura formazione al lavoro. Le aiutiamo con progetti di informatica, spieghiamo loro come preparare un curriculum. Le accompagniamo quindi al mondo del lavoro, formando la persona e la professionista».
Il progetto Waw è partito in piena Pandemia, a dicembre dello scorso anno ed ha una durata prevista di 24 mesi; operativamente saranno circa 300 le donne che saranno seguite ma si tratta di percorsi non semplici, di sicuro non rapidi per tutti. Più facile quindi che alla fine del biennio le donne che avranno completato il loro percorso e conquistato un posto di lavoro siano attorno al centinaio.
Tra i partner che hanno aderito al progetto Waw importante il contributo dell'Università Cattolica di Milano che ha messo a disposizione la competenza del proprio Centro di Ricerca Relational Social Work (Rsw) il cui scopo è quello di seguire l'operato delle persone che lavorano nelle diverse comunità in modo da poter osservare le diverse tipologie di approccio migliorandone la capacità e la funzionalità.
«Sia chiaro - conclude Gazzoli - Waw non è un progetto di orientamento e inserimento nel mondo del lavoro. Waw vuol far capire come dentro persone, donne, che vivono situazioni complesse ci siano potenzialità e possibilità che la nostra società tende purtroppo ad emarginare ed escludere».
WAW - Women at Work, un progetto Interregwww.youtube.com
"Video realizzato da Inrete Digital, agenzia web che cura la comunicazione dell'intero progetto"