Yemen: a che punto è la guerra tra la coalizione saudita e gli Houthi
Annunciato l’inizio di nuovi negoziati il 18 aprile in Svizzera: i ribelli sciiti mantengono il controllo del nord del Paese
Per Lookout news
Dopo il fallimento dei colloqui di pace avviati in Svizzera lo scorso dicembre, è stato fissato per il 18 aprile il prossimo round di negoziati mediati dall’ONU per la risoluzione della crisi yemenita. I colloqui si terranno in Kuwait, sempre ammesso che il cessate-il-fuoco decretato dal prossimo 10 aprile terrà fino alla settimana successiva.
Yemen: ritratto di un paese difficile
A un anno dall’inizio dei raid della coalizione guidata da Riad in Yemen contro gli Houthi, la situazione sul terreno appare ben più incerta e instabile di come era stato pianificata dagli strateghi militari al servizio del Re saudita Salman e di suo figlio, il ministro della Difesa e principe ereditario saudita Mohamed. Il conflitto contro i ribelli sciiti si è rivelato ben più complicato del previsto per via del supporto fornito loro dai lealisti dell’ex presidente yemenita Ali Abdallah Saleh e dall’Iran.
Una nota della Marina militare degli Stati Uniti, diffusa proprio in queste ore, ha reso noto che le forze navali internazionali hanno sequestrato il 28 marzo nelle acque del Mar Arabico un carico illecito di armi, presumibilmente partito dall’Iran e destinato agli Houti. Si tratta, secondo il comunicato, della terza intercettazione di imbarcazioni con a bordo carichi illegali di armi effettuata negli ultimi tre mesi.
Il punto sui combattimenti
Dal settembre del 2014, quando sono entrati nella capitale Sanaa, ad oggi i ribelli sciiti hanno conquistato gran parte del nord dello Yemen (regione a maggioranza sciita zaydita), estendendosi anche verso sud dalla provincia settentrionale di Sada.Otto delle 22 province yemenite sono ancora sotto il loro controllo e cinque di esse restano contese, compresa la strategica provincia di Taiz dove i lealisti faticano ad avanzare nonostante l’imponente offensiva lanciata dallo scorso novembre.
Le forze lealiste, coadiuvate dalla coalizione militare a guida saudita, finora sono riuscite a non perdere posizioni in quello che era lo Stato dello Yemen del Sud, compresa la sua antica capitale Aden. Un territorio in cui resta però molto radicata Al Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), concentrata soprattutto nella provincia dell’Hadramawt e nella città di Mukalla. L’organizzazione qaedista ha infatti sfruttato l’instabilità e il vuoto lasciato dalle forze governative impegnate a contrastare i ribelli per incrementare le proprie offensive, colpendo soprattutto gli apparati militari che combattono per ripristinare il governo legittimo del presidente di Abd Rabbu Mansur Hadi. E lo stesso vale per le cellule legate allo Stato Islamico, che lo scorso 25 marzo hanno rivendicato un triplo attentato suicida che ad Aden ha ucciso 22 persone, per la metà civili.
Se finora il principale obiettivo della coalizione coordinata da Riad erano stati gli Houthi, nell’ultimo mese sono stati intensificati i raid mirati contro le milizie jihadiste, spintesi fino ad Aden dove risiede temporaneamente il governo yemenita. Nella scorsa settimana sono state colpite dai caccia della coalizione postazioni nelle città di Mukalla (nell’Hadramawt) e di Zinjibar (nella provincia di Abyan), mentre raid aerei statunitensi colpivano un campo di addestramento di AQAP nell’Hadramawt uccidendo circa settanta jihadisti. Un’offensiva su Aden lanciata a fine marzo dalla coalizione araba ha inoltre permesso di liberare il distretto di Mansura. Mentre un’altra operazione lanciata negli stessi giorni dalle truppe governative lungo le coste nord-occidentali dello Yemen nel tentativo di liberare la città costiera di Midi (provincia di Hajja), è stata bloccata dalle forze ribelli, che detengono il controllo anche dei porti strategici di Hodeida e Mokha sul Mar Rosso.
Sebbene l’Arabia Saudita abbia annunciato nelle scorse settimane che la fase più intensa dei combattimenti della coalizione stesse per volgere a termine, la sensazione è che il nuovo cessate-il-fuoco imposto dall’ONU a partire dal 10 aprile difficilmente reggerà a lungo.