Nicki Minaj a Milano: "Pink Friday" Tour: 30 brani in 70 minuti (da far girar la testa)
21 giugno 2012, la Barbie del rap arriva per la prima volta in Italia. Protagonista il rap femminile, un sold out fatto dai curiosi (e meno dai veri fan). La recensione del concerto.
Che sudata! Nicki Minaj a Milano ha regalato ieri sera al pubblico dell'Alcatraz tutta l'energia possibile, in una serata afosa di giugno. Sudati e appiccicaticci, ma che divertimento! La star arriva per la prima volta in Italia con il suo "Pink Friday World Tour" ed è subito festa. Il problema, se così si può dire, e che il pubblico non era in grado di poter restituire quell'energia. E non era (del tutto) colpa sua.
Di fatto la platea era formata da giovani adolescenti, ragazzi amanti del pop internazionale femminile e una rappresentanza fortissima di afro/americani. Di fatto la Barbie del Rap era circondata più che altro da curiosi, fan del personaggio più che della sua musica. Ed è anche un po' colpa sua, diventata celebre per collaborazioni con i grandi nomi del pop e una carriera da solista appena avviata.
Quello a cui abbiamo assistito è stato un concerto hip hop con una scenografia iper colorata e fluo, la naturale evoluzione della musica commerciale che stiamo rincorrendo con lentezza anche qui in Italia. Tanti schermi, una struttura piramidale, comuni effetti speciali, piena aderenza alle atmosfere urbane di chi non fa "musica sciocca", ma canzoni per divertire. Avete presente Black Eyed Peas, LMFAO? È l'espressione femminile di una generazione che ha voglia di ballare.
Quattro cambi d'abito e sei ballerini (bravissimi). La Minaj chiedeva al pubblico di riprodurre il suo rap velocissimo su brani (poco conosciuti) snodati in un susseguirsi di oltre 30 tracce suonate in circa 70 minuti di spettacolo. Insomma: da far venire il mal di testa di fronte a un countdown visibile a lato del palco, come se fossimo in uno studio tv. Uno show americano nell'anima, italianissimo (per fortuna) nel rapporto con il pubblico. Senza filtri.
La "Pink Friday" Girl ha superato comunque le aspettative. È come la vediamo nei videoclip? Identica, magra (sì, magra) e al contempo formosa (ma come mai erano tutti interessanti a fotografare il suo lato B? Quasi non si spiega), plastica nel vestiario e umana nei modi, riconoscibile e a tratti teatrale, eccessiva ma mai provocatoria. Ha portato buona musica? Sì. Nicki Minaj si diverte e sa divertire, pensa brani nati per piacere, fatti su misura per entrare in testa al primo ascolto, per unire la sua anima naturale (rap) a quella commerciale (pop-dance).
Tra i momenti più esaltanti la fase due del live, dove ha cantato "Stupid Hoe", per poi decollare definitivamente con "Starship" (la sua hit più recente) e "Pound The Alarm". Ovazioni per l'omaggio a Britney Spears e "Till The World Ends", lanciata dal deejay in un momento di cambio d'abito. L'artista che ha collaborato praticamente con ogni grande diva del pop (l'ultima è Madonna) ma è solo a una di loro che offre il suo "grazie". Il gran finale arriva con la mitica "Superbass", ballavano proprio tutti.
Rappa in modo superbo Nicki Minaj, questo è certo, e seppur in poco tempo e con una struttura di live che non aiutava nell'opera, ha creato un rapporto con il pubblico sincero, arrivando a far salire sul palco tre ragazzi per ballare e cantare con lei. Ricordava i nomi, era interessata ai loro volti e al loro look. Ha regalato magliette, osservava tutti con una tenerezza quasi infantile. Qualcuno ha detto (con un paragone un po' estremo) che Nicki Minaj è l'alter ego americano di Laura Pausini. Cuore, disinteresse per la perfezione estetica, artista che si sente vicina al di sopra della sua musica.
Non è stata perfetta, non ci ha lasciati senza fiato. Ma la amiamo sempre di più.