Niente iPhone 14 Pro a Natale. Colpa del Covid in Cina
La strategia zero contagi voluta da Pechino rallenta la produzione e le scorte sono troppo limitate. Chi prenota oggi uno dei due modelli di punta deve aspettare cinque settimane
In Cina c'è il lockdown e per le festività natalizie gli iPhone non arriveranno sugli scaffali europei né nei negozi online del mondo occidentale. Dove bisogna attendere più di un mese prima di ricevere il modello Pro e Pro Max prenotato online. Il mondo globalizzato e interconnesso produce fenomeni solo apparentemente sorprendenti, specie se si parla dell'azienda più ricca al mondo, che lo è diventata (anche) grazie alla catena di approvvigionamento creata e perfezionata negli anni scorsi in Cina. La culla della manodopera a basso costo inizia a star stretta ad Apple, costretta ad assistere immobile al vuoto creato da iPhone 14 Pro e Pro Max, il regalo di Natale più desiderato in assoluto e pressoché introvabile per il Covid-19 che ancora attanaglia il paese del Dragone.
L'ingranaggio con i cinesi si è inceppato per i focolai diffusi negli stabilimenti della Foxconn, il gigante taiwanese che con i suoi tredici stabilimenti sparsi per la Cina domina la produzione di componenti per dispositivi hi-tech, lavorando per molti dei più noti brand di settore. Incluso il più rilevante di tutti, perché è in questi impianti che vengono assemblati ogni anno più dell'80% degli iPhone destinati poi a essere distribuiti in tutto il mondo. Con il perdurare della strategia zero-Covid, a oltre due anni e mezzo dai primi contagi, in Cina ancora oggi pochi casi fanno scattare serrate radicali. Tanto dure che hanno fatto il giro del mondo le immagini dei dipendenti Foxconn che scavalcano le recinzioni del distretto per darsi alla fuga, poiché inviperiti contro i superiori che continuano a farli lavorare di fianco a colleghi positivi, con le mense chiuse e i pasti consumati nei dormitori.
Misure durissime che si ripetono da mesi, in particolare nello stabilimento di Zhengzhou, dove Foxconn impiega oltre 200.000 lavoratori (oltre 1 milione sono gli occupati complessivi della società fondata nel 1974) in due turni da 12 ore ciascuna, perché qui la produzione non può mai fermarsi. E per quanto ci siano uomini e macchine sempre in movimento, lavorando a metà servizio diventa impossibile rispettare la tabella di marcia imposta da Apple, anche per un colosso come Foxconn. Le richieste in crescita dei due modelli di punta di iPhone 14 aprono così prospettive nefaste per l'azienda di Cupertino, che nell'ultimo trimestre dell'anno si garantisce sempre le migliori prestazioni annuali in termine di vendite e ricavi, proprio grazie alle alte richieste per gli iPhone.
Il problema è grave e Apple già a inizio mese ha comunicato che “le restrizioni Covid-19 stanno avendo un impatto temporaneo sull'impianto principale di assemblaggio situato a Zhengzhou, in Cina, che sta attualmente operando a capacità significativamente ridotta”. Nonostante Foxconn collabori a stretto contatto con altri aziende del mercato hi-tech, la mancata disponibilità del prodotto di punta impatta quasi esclusivamente sul gruppo di Cupertino, l'unico che continua a registrare una forte domanda sul medio e lungo periodo. Anche per questo, oltre che per questioni geopolitiche legate ai rapporti sempre più tesi tra Stati Uniti e Cina, Apple vuole accelerare lo spostamento della produzione verso Vietnam e soprattutto India, dove già da qualche anno sono in funzione linee produttive che confezionano diversi dispositivi della Mela.
L’idea per il futuro prossimo è portare Apple Watch e MacBook in Vietnam e parte degli iPhone in India, tenendo a mente che si tratterà comunque di una percentuale ancora bassa, perché serviranno anni per ridurre sensibilmente la dipendenza produttiva dalla Cina. Guardando al presente, però, a Natale saranno in pochi a poter trovare sotto l'albero un iPhone, al momento presente in ridotte unità anche nelle principali catene di elettronica presenti in Italia. Esaurito su Expert e Unieuro, resta qualcosa (ancora per poco) da Euronics e MediaWorld.
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