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Lotta al cancro, un avversario che si può fermare

Lotta al cancro, un avversario che si può fermare

Da una parte sono in forte crescita i casi di tumore, con una diffusione preoccupante tra i giovani. Dall’altra, aumenta la sopravvivenza dei pazienti e si stanno velocemente moltiplicando le armi per contrastare la malattia: anticorpi potenti, cure sempre più «sartoriali» e l’obiettivo di un’applicazione diffusa dei vaccini a mRna, da cui sono nate le terapie anti-Covid.


Uno tsunami. La crescita del numero di tumori maligni, in Italia, è tale da aver spinto l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) a usare nel report sui numeri del cancro proprio questo termine, che di scientifico ha poco ma rende l’idea. I dati dell’incidenza sulla popolazione, cioè il numero di persone che ogni anno si ammalano, raccontano di 395 mila nuove diagnosi nel 2023: erano 376 mila nel 2020, e quindi l’incremento è stato di circa 25 mila casi in tre anni; andamento crescente che dura da molti anni e coinvolge tutta Europa (ma il fenomeno è globale). E non è solo legato a un maggiore numero di diagnosi precoci. Eppure la comunità scientifica non ci ha più volte rassicurati sul fatto che – grazie alle nuove cure – lo scacco matto al big killer è imminente? Al di là di certi trionfalismi, in medicina spesso fuori posto, tra tanti dati negativi ci sono parecchie buone notizie: innanzitutto le cosiddette «morti oncologiche evitate», che ammontano a 270 mila tra il 2007 e il 2019, e il numero dei «sopravviventi», ossia chi convive da molti anni con la malattia e conduce una vita normale.

«Se nel 2010 il numero di persone vive dopo una diagnosi di tumore era in Italia di circa due milioni e 600 mila, nel 2020 era già arrivato a tre milioni e mezzo» dice Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center dell’Irccs Policlinico universitario Gemelli di Roma. «Nonostante l’invecchiamento della popolazione e le peggiorate abitudini di stile di vita, la ricerca riesce a salvarci molto più che in passato. Contano soprattutto il miglioramento delle terapie e l’anticipazione diagnostica: fare gli screening è fondamentale». Le terapie, esatto: una profusione di nuove cure che dal Duemila hanno fatto la differenza e permesso di arginare il disastro: «Negli ultimi anni c’è stata una massiccia immissione sul mercato di farmaci a bersaglio molecolare» prosegue Tortora. «La cosiddetta target therapy che, di pari passo con lo sviluppo della diagnostica e della capacità di identificare alterazioni e mutazioni geniche, ha favorito l’oncologia di precisione e la personalizzazione delle cure».

Terapie sempre più «sartoriali», plasmate sul paziente a seconda della genetica: si è così giunti agli «anticorpi coniugati», che altro non sono, per usare una metafora, che gli aerei (i vettori) che portano con sé una bomba da sganciare contro il bersaglio (il cancro): «Con i pazienti affetti da tumori che esprimono il recettore HER-2» precisa il professore «usiamo l’anticorpo monoclonale trastuzumab: però dopo numerosi cicli può insorgere resistenza. Nella sua versione di “anticorpo coniugato”, al trastuzumab è legato un chemioterapico molto tossico, che proprio per questo non può essere somministrato endovena. L’anticorpo invece lo porta direttamente sul bersaglio, e lì lo “sgancia” sull’obiettivo, come una chemioterapia selettiva». Dopo le ottime risposte nel cancro al seno e allo stomaco, la tecnica è stata allargata ad altri anticorpi, in vari tipi di tumori; e i risultati in alcuni casi si sono rivelati clamorosi, come nel cancro della vescica. Gli anticorpi monoclonali sono strumenti multitasking perché anche alla base dell’immunoterapia, in cui si riattiva il sistema immunitario.

Si battono quindi mille strade diverse, perché la lotta è lunga e non tutti i tipi di tumore sono diventati più guaribili: se per il polmone la percentuale di morti è calata del 15 per cento negli uomini, non così nelle donne, per effetto della maggiore propensione al fumo delle giovani. Tumore al pancreas e melanoma non fanno differenze di genere, e il numero di morti è costantemente superiore a quello atteso, il cancro al seno è sempre più curabile, quello al colon retto è più aggressivo nei giovani, in entrambi i sessi. «Nell’ultimo decennio» prosegue Tortora «sto vedendo casi che avevo riscontrato raramente in carriera: giovani adulti con tumori neuroendocrini, del colon o del pancreas, solo per fare qualche esempio. L’evidenza epidemiologica ci suggerisce che questo è anche il frutto di stili di vita errati: tabagismo e consumo elevato di alcol, combinati insieme, accrescono di 35 volte il rischio di ammalarsi di cancro. Abitudini sono ormai frequenti soprattutto nei giovani: adottare questi comportamenti è come camminare in bilico su una corda». Giocando con la vita e rischiando di finire tra le oltre mille persone che ogni giorno, in Italia, ricevono una diagnosi di cancro.

Per i tumori del sangue grandi speranze arrivano dalle cellule Car-T, terapie innovative che offrono una possibilità a pazienti con linfomi o leucemie che non rispondono ai trattamenti: «Dopo aver prelevato i linfociti dal sangue del paziente» dice Ruggero De Maria, ordinario di Patologia generale all’Università cattolica di Roma, «questi stessi vengono ingegnerizzati con un recettore Car – Chimeric antigen receptor – e istruiti ad attaccare il tumore: dopodiché vengono reinfusi nel malato. Speriamo che presto si possano sviluppare nuove Car-T anche per i tumori solidi, perché i dati preliminari degli studi sono molto incoraggianti». Poi ci sono quelli che potrebbe essere il game changer, il punto di svolta contro il cancro: i vaccini a mRna. Tutta questa competenza accelerata nei vaccini anti-Covid, è stata poi travasata nella ricerca sul cancro (dove è peraltro era nata). Oltre alle ricerche sul melanoma, che hanno dato risultati ottimi, è stato di recente pubblicato uno studio per un vaccino contro la neoplasia al pancreas. C’è infine il cancro al colon-retto, che negli Stati Uniti è diventato la prima causa di morte per cancro negli uomini – e la terza nelle donne – di età compresa tra i 20 ed i 49 anni: «La maggior parte di questi tumori a insorgenza giovanile sono sporadici» spiega Antonino Spinelli, responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia del colon-retto dell’Humanitas di Milano. «Ovvero non associati né a fattori genetici né familiari. Le proiezioni stimano un aumento dei casi pari al 90 per cento nella fascia di età tra i 20 e i 39 anni entro il 2030. Per questo è molto importante promuovere la prevenzione nei giovani e sensibilizzarli non solo ad agire sui fattori di rischio modificabili, come dieta, sedentarietà, obesità, ma anche a un precoce riconoscimento dei sintomi».

Sembra che questo tipo di tumore, nei giovani, abbia caratteristiche differenti rispetto a quello della tarda età, rendendolo aggressivo in stadi più precoci: anche qui la ricerca viene in aiuto. Proprio l’Unità operativa di Spinelli sta lavorando, insieme a un’équipe esperta in organoidi, per identificare biomarker di risposta al trattamento del cancro del retto: «La tecnica consiste nel fare una biopsia del tumore» continua Spinelli «mettere le cellule in coltura, e da queste creare un “organoide”, cioè un aggregato cellulare: poi sottoponiamo gli organoidi a chemioterapia o radioterapia, come se si trattasse del paziente reale. Questo correla abbastanza bene con la clinica successiva: con risposte rapide a questi test potremmo vedere come si comporta il tumore e indirizzare il malato giusto alla terapia giusta».

Ovviamente è fondamentale curarsi in centri di grande esperienza, quali gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, che dal 2002 sono riuniti in «Alleanza contro il cancro», associazione della quale è presidente lo stesso De Maria: «Ne fanno parte 27 Irccs prettamente oncologici, ma non solo» conclude il professore. «È un ottimo modo per rendere omogeneo il percorso dei tumori, condividendo dati ed “expertise” tra ospedali diversi: è molto importante, nel caso di tumori rari, mettere insieme le casistiche dei malati, discutere su terapie immunologiche o Car-T per le quali alcune strutture mediche hanno più esperienza di altri. Curare un cancro in uno di questi istituti può essere la chiave di volta». Ci ammaleremo probabilmente di più, nei prossimi anni, per motivi legati via via a sedentarietà, obesità (un forte fattore di rischio per molteplici patologie), esposizioni ambientali, fumo, diete sbilanciate. Ma potremo contare su diagnosi sempre più precoci, biopsie liquide che riconoscono i marker tumorali nel sangue, cure a misura di singolo paziente e di singolo cancro, così come della sua evoluzione. Una partita a scacchi nella quale il segreto non è tanto la vittoria finale – se mai arriverà – ma prolungarla il più possibile rendendo il cancro una malattia cronica, e non più letale.

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