Padova, la (vera) capitale del rinascimento
È stata la prima città d'arte italiana, non meno di Firenze e di Roma, in almeno due momenti. Dal 1300 al 1500
Padova è stata la prima città d'arte italiana, non meno di Firenze e di Roma, in almeno due momenti, e non brevi, agli inizi del Trecento quando Giotto arriva a Padova, e lavora nella basilica del Santo, prima, e tra il 1303 e il 1305 dipinge quell'universo che è la cappella degli Scrovegni.
Dopo di lui il mondo dell'arte cambierà, ma a Padova, prima ancora che a Firenze, ne mostreranno perfetta coscienza, nell'arco di quasi un secolo, i pittori che ne deriveranno la loro visione moderna: Altichiero di Zievo, Giusto di Menabuoi, Guariento, Nicoletto Semitecolo, maestri nel raccontare l'uomo in una lingua nuova.
Finito il secolo, con la caduta dei Carraresi, non passeranno 40 anni che i grandi artisti toscani, Paolo Uccello e Andrea del Castagno e, infine, a partire dal 1441, Donatello parleranno con impressionante modernità nella basilica del Santo.
Genio d'importazione, Donatello resterà a Padova per 10 anni incrociando il suo destino con il vero homo novus locale, Andrea Mantegna, nato poco lontano da Padova, a Isola di Carturo, vicino a Cittadella. Mantegna, come aveva fatto Giotto 150 anni prima, fonda il Rinascimento a Padova, in un furore di scoperte e di emozioni per l'antico, con sculture, sarcofagi, elementi architettonici che riaffiorano proprio nell'area dell'Arena dove insiste la cappella degli Scrovegni.
È un momento di grande esaltazione; e artisti da ogni luogo arrivano a Padova per vedere le due officine di Donatello e di Mantegna.
Il furore del fuoco si trasmette ai ferra lavoreràa Padova. Poi, nel Seicento, come in tutto il Veneto, la produzione artistica si manifesterà come grande decorazione, soprattutto in ville, come la Emo Capodilista con gli affreschi di Luca da Reggio.
Ma sopratutto il Padovanino e Pietro Liberi terranno viva l'importante lezione tizianesca con grandi dipinti di soggetti erotici, mitologici e licenziosi per committenti privati. Le loro opere sono spesso ancora in palazzi privati per un capriccioso collezionismo, patrimonio di una Padova segreta.
Tra le rivelazioni, marchigiani, lombardi, che riprendono e potenziano, anche capricciosamente, come Carlo Crivelli e Cosmè Tura, codice e forme di Mantegna. Nella chiesa degli Eremitani si vedono ancora gli affreschi sopravvissuti, e parte di quelli abbattuti con il bombardamento del 1944, parzialmente e pazientemente ricomposti.
In tutta la definizione del Rinascimento, con i meravigliosi bronzetti del Riccio, Padova è spirale fino alla costruzione dell'Odeo Cornaro del Falconetto, maestro di Palladio. Anche il giovane Tiziano, nel 1511, nella Scuola de Santo, notevole testimonianza perduta di Donatello ospitata nel salone del palazzo della Ragione, si tratta del busto di San Lorenzo, opera concepita per la Pieve di borgo San Lorenzo dal grande scultore,e sottratta nel 1888, per essere venduta al principe del Liechtenstein.
Si è voluto mostrare a Padova questo San Lorenzo di Donatello perché realizzato immediatamente prima dell'arrivo del grande scultore in città. Un'opera già carica di quello spirito che renderà Padova capitale del Rinascimento.