Papa Francesco e i divorziati: la risposta ai cattolici intransigenti
In un libricino le motivazioni sul perchè la Chiesa non può voltarsi dall'altra parte davanti a chi "non è in sintonia con la dottrina cattolica"
“Divorziati risposati, coppie di fatto, conviventi non sono certamente modelli di unioni in sintonia con la Dottrina cattolica, ma la Chiesa non può voltarsi dall'altra parte. Per cui i sacramenti della Riconciliazione e della Comunione vanno dati anche alle cosiddette famiglie ferite e a quanti, pur vivendo in situazioni non in linea con i tradizionali canoni matrimoniali, esprimono la sincera volontà di avvicinarsi ai sacramenti dopo un adeguato periodo di discernimento”
È ferma, pacata e precisa la risposta che Papa Francesco dà a quanti, specialmente nella Chiesa e persino nel Collegio cardinalizio, continuano ad esprimere dubbi sulla Istruzione sinodale Amoris Laetitia nella quale, per la prima volta, si prevede la possibilità di ammettere ai sacramenti chi contrae un secondo matrimonio, coppie di fatto e quelle persone che convivono in difformità alle indicazioni ecclesiali in materia di unioni nuziali.
Una risposta, comunque, indiretta, ma frutto di un approfondito studio canonico ed ecclesiologico fatto, su richiesta dello stesso Pontefice, da uno dei più stretti ed ascoltati collaboratori, il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (il “ministero” della Giustizia della Santa Sede).
Il testo – un libricino di appena 30 pagine dal titolo “Il Capitolo ottavo della esortazione apostolica post sinodale Amoris Laetitia" – è stato stampato dalla Libreria Editrice Vaticana e da mercoledì 8 febbraio è arrivato nelle librerie religiose che gravitano intorno al Vaticano.
I DUBBI DEI QUATTRO CARDINALI
Una iniziativa, spiegano in Vaticano, che punta a “chiarire” tutti i “dubbi” sollevati dalle componenti più tradizionaliste legate alla difesa ad oltranza della Dottrina ecclesiale in materia di vita matrimoniale e di accesso ai sacramenti. Si ricorderà che tra le voci più critiche alle aperture sinodali sulle famiglie ferite la clamorosa lettera aperta nella quale quattro cardinali - Burke, Caffarra, Meisner e Brandmuller – hanno chiesto a papa Francesco di “spiegare meglio” il contenuto della parte dell'Istruzione post sinodale nella quale è previsto l'ammissione ai sacramenti di divorziati risposati e coppie di fatto.
All'apparenza, quasi una “normale” richiesta di delucidazioni canoniche, in realtà un gesto di palese pur garbata disobbedienza da parte di quattro esponenti del Collegio cardinalizio, l'organismo che per sua natura è chiamato ad affiancare il Papa regnante nel governo della Chiesa.
È normale che se un cardinale sente il bisogno di avere delucidazioni su determinate tematiche lo può fare tranquillamente – assicurano Oltretevere – nel corso delle udienze personali col Pontefice. Altra cosa è pubblicare una lettera aperta e far arrivare all'opinione pubblica dubbi e malcontenti. Gesto di palese scortesia verso il Papa quasi del tutto simile a chi si serve delle interviste. Come, ad esempio, ha fatto nei giorni scorsi il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Muller, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, che a un giornale ha apertamente criticato l'ammissione ai sacramenti di conviventi e divorziati risposati perchè, ha ammonito, la Dottrina “non si tocca”.
E le aperture verso le cosiddette famiglie ferite decise a stragrande maggioranza dai padri Sinodali nel corso delle due assise dedicate negli ultimi due anni alla pastorale della famiglia, secondo Muller potrebbero “intaccare” l'integrità dottrinale della Chiesa su matrimonio e famiglia. Pericoli a più riprese scongiurati sia dall'assemblea sinodale che si è espressa a favore delle aperture, che dall'Esortazione post sinodale ed ora dallo studio canonico fatto per conto del papa dal ministro della Giustizia vaticana.
NESSUN PERICOLO PER LA DOTTRINA
Ed ecco come nel testo redatto dal cardinale Coccopalmerio si entra nel merito della difesa della Dottrina matrimoniale della Chiesa: “Il matrimonio cristiano, riflesso dell'unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell'unione tra un uomo ed una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova nella società”.
“Altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo”. Ma – si ricorda nel testo - “i Padri Sinodali hanno affermato che la Chiesa non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio”.
Che fare, dunque, delle unioni non regolari, particolarmente dei matrimoni civili e delle unioni solo di fatto? “I Padri sinodali – è la risposta del ministro della Giustizia della Santa Sede – hanno anche considerato la situazione solo civile o, fatte salve le differenze, persino di una semplice convivenza in cui quando l'unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come una occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio alla luce del Vangelo”.
Sì, dunque, alla ammissione ai sacramenti di chi, pur vivendo in situazioni irregolari, chiede con sincerità l'ammissione nella pienezza della vita ecclesiale, un gesto di apertura e di profonda misericordia – si legge nella nota ministeriale – da parte di una Chiesa Madre che non lascia indietro nessuno dei suoi figli, consapevole che la perfezione assoluta è un dono prezioso ma che non può arrivare a tutti.
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