Coronavirus, come sarà andare da parrucchiere e barbiere nella Fase due
Fasce orarie allungate, sanificazione tra un trattamento e l'altro, prenotazione obbligatoria via internet per tagli, tinte e tutti i trattamenti. Le previsioni di Giampiero Marinò di Uala
In una delle tante immagini arrivate dalla Cina alle prese con il coronavirus, ce n'è una, a metà tra il tragico e l'ironico, scattata in una barberia: un addetto fa lo shampoo a un cliente torturandogli la testa con una specie di spazzola attaccata a un lungo palo, un altro lo pettina e gli taglia i capelli con un rasoio, sempre attraverso una coppia di bizzarre prolunghe di plastica. Il distanziamento sociale è garantito, il gioco d'equilibrismo pure, sui risultati dell'operazione non si hanno evidenze, ma sembra tutto fuorché piacevole.
In Italia non arriveremo a tanto, piuttosto le nostre abitudini presso parrucchieri, saloni di bellezza e centri estetici cambieranno lungo tre direttrici principali: prolungamento delle fasce orarie, sanificazione obbligatoria delle postazioni e delle attrezzature tra un cliente e l'altro, gestione delle prenotazioni attraverso sistemi digitali. Insomma, non ci si potrà presentare a una messa in piega, una tinta per sconfiggere la ricrescita o una manicure senza appuntamento e bisognerà pazientare affinché germi ed eventuali virus di chi ci precede siano stati fatti sparire. Infine, in ogni locale, in base alla sua dimensione, potrà esserci il numero massimo di persone consentito dalle nuove norme. Ad anticiparlo a Panorama.it è Giampiero Marinò, direttore operativo di Uala, gruppo di riferimento in Europa per la prenotazione via internet di trattamenti di bellezza, con oltre 80 milioni di operazioni all'attivo.
«In questi giorni stiamo immaginando come sarà la fase due per il nostro settore, consapevoli che nella prossima normalità dovremo cambiare abitudini». Dunque, primo pilastro, estrema flessibilità negli orari di apertura: «Presumibilmente si andrà dalle 6.30 del mattino alla mezzanotte». I locali con più personale distribuiranno i turni dei collaboratori in maniera differente, i piccoli esercenti proveranno a organizzarsi di conseguenza. Per alcuni, sul piatto, c'è la loro stessa sopravvivenza.
Ma noi siamo pronti a tanti stravolgimenti? A quanto pare sì, e non è una considerazione frutto del buon senso o di un eccesso di ottimismo. Secondo quanto si legge nell'osservatorio realizzato da Uala «sui comportamenti e le aspettative di consumatori, professionisti e aziende del settore beauty», il 71 per cento tra gli interpellati (oltre 4 mila consumatori sparsi tra Italia, Francia e Spagna) si dice pronto ad accontentarsi alle disponibilità che ci saranno. Il 51 per cento accetterebbe di andare in salone dalle 21 in poi, il 17 per cento la mattina presto. Anche perché, sono queste le indiscrezioni che trapelano da fonti governative, tutta la vita quotidiana, inclusi i negozi e il lavoro, sarà spalmata su intervalli temporali vasti. Quindi non dovremo uscire in piena notte per un trattamento colore, magari saremo appena usciti dall'ufficio. O lo faremo di proposito, più che volentieri, visti gli orrori tricologici che ci stanno crescendo in testa.
Quasi nulla, invece, la propensione a spendere di più: solo un 4 per cento si dice disposto a pagare un sovrapprezzo per trovare un posto. Eppure, qualche rincaro dovremo aspettarcelo: aprire un salone per più ore vuol dire aumentare i consumi di elettricità e dintorni. Inoltre, per ogni cliente le attrezzature da usare si amplieranno. Accanto ai ferri del mestiere, forbici e dintorni, saranno obbligatori «guanti, mantelline e mascherine monouso» elenca Marinò. «Bisognerà disinfettare le postazioni, la seduta, lo specchio, mentre gli strumenti stessi dovranno pure essere igienizzati, come avviene dai dentisti». E certo nemmeno noi potremo esimerci dall'indossare la mascherina.
Ma quando si potrà ripartire? Certezze non ce ne sono: «Trovo probabile che parrucchieri, barbieri e centri estetici vengano messi per ultimi, anzi per penultimi. Prima delle discoteche, dopo i ristoranti. Noi pensiamo se ne possa parlare nella seconda metà di maggio». Intanto, alla task force istituita dal Governo italiano sono state inviate le conclusioni contenute nell'osservatorio di Uala, vista la loro ricchezza di spunti utili.
Su tutte, la necessità inderogabile di gestire il traffico, di inserirsi nella logica della «booking economy», delle prestazioni su prenotazione. Lato esercenti, la piattaforma di Uala è già pronta: «Nel momento in cui si modificano le disponibilità della fascia oraria, l'intervallo di apertura, si possono ridistribuire gli appuntamenti con semplicità». In effetti, basta impostare il tetto massimo di persone per ogni segmento orario e il gioco è fatto.
La sensazione di Marinò è che la prenotazione non sarà opzionale, ma obbligatoria: «Come lo era in Francia per estetisti e parrucchieri prima del lockdown. Il presidente Macron ha adottato questa strategia, mi pare sensato replicarla anche da noi. Mi sembra l'unico modo valido per gestire i flussi. Tra le poche cose positive di questo periodo di quarantena, c'è il fatto che il processo di maturazione digitale delle persone si è accelerato tanto. In molti hanno fatto la spesa online per la prima volta, non si faranno intimorire a prendere appuntamento dal parrucchiere tramite una app». Anche perché, in tantissimi, non vedono l'ora di andarci.